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Il nuovo iPhone è vincente, la tecnologia è nulla senza usabilità

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La “convergenza” fisso-mobile, la predizione di Negroponte: parole con le quali in tanti si sono riempiti la bocca ma che tali sono rimaste. Il futuro non va predetto, va realizzato, e per farlo ci vogliono scelte coraggiose, bisogna avere le palle (ma anche la potenza economica) per mettersi di traverso e trasformare visioni in realtà, ma sopratutto bisogna costruirsi i mezzi (l’hardware) per farlo e creare, seminare e diffondere la cultura. Il mio motto è da anni “mobile before it was cool”, e nonostante abbia sempre avuto un approccio disincantato e trasversale alla tecnologia, ho sempre sorriso alle innovazioni fini a se stesse, fatte gratis, con un time to market completamente sbagliato.

Ok, fine del pippone nel quale dico che Steve Jobs queste cose le ha fatte tutte, che ha cambiato il mondo e che mi manca tantissimo.

Torniamo a noi: dire che la tecnologia deve essere al nostro servizio è lapalissiano, ma a parte alcuni rari casi, siamo vittime, succubi di produttori di tecnologia e di fornitori di servizi che pretendono di imporre storture assurde per fare cose che – nella millenaria storia del mondo – abbiamo fatto sempre con naturalezza. Una di queste forzature è – ovviamente secondo la mia personale visione – perfettamente rappresentata dall’NFC, o meglio dalle sue barriere all’ingresso che sono immense rispetto al vantaggio ottenuto.

L’NFC in sostanza – sottostando al limite tecnologico della prossimità – ha come vantaggio il fatto che invece di tirar fuori il portafoglio, tiro fuori il telefono. Non male, vero? E per rendere possibile questa meraviglia devo necessariamente ricordarmi un PIN, una password, procurarmi un telefono NFC ready, devo avere fatto un accordo con un operatore telefonico che mi fornisce una SIM abilitata e sperare che abbia un’accordo con la mia banca, altrimenti o cambio operatore o cambio banca.

Sfatiamo poi la bufala che puoi girare senza portafoglio perché – come con le carte di credito – i documenti te li chiedono uguale, e i conti sono presto fatti.

Qualcosa stride, un po’ come il frigorifero intelligente che ti dice quando ti scade la roba e ti manda i messaggi, che è fighissimo ma non ci pensano che quando arrivi a casa con 6 borse della spesa (che si stanno pure per rompere perché fatte di quel maledetto di materiale tanto puzzolente quanto ecologico) l’ultima cosa che ti passa per la testa è di far leggere i codici a barre del latte al frigorifero. Insomma, stiamo parlando di concept inutili, direi quasi raffazzonati, che servono solo a far vedere quanto è bello il produttore di telefoni, l’operatore e la banca di turno che fanno “innovazione” mettendo insieme male cose trite e ritrite.

Non ci siamo: nel mondo ideale, nel mondo realmente mobile io PRETENDO l’usabilità, che non mi costringa ad andare in cassa, ma che un commesso mi porti il mio sacchetto in qualsiasi angolo io sia del negozio. E poi voglio che nessuno mi chieda il documento perché il sistema di verifica dell’identità a bordo del device sia “non ripudiabile” (ad esempio un’impronta digitale), non che debba tirare fuori ANCHE il portafoglio per darlo alla cassiera. Nel mondo ideale io uso il mio telefono al supermercato per fare il self scanning dei prodotti, voglio chiudere la spesa e pagare direttamente dal telefono senza mettermi in coda in cassa e andare a casa. Queste cose anche volendo non le posso proprio fare con NFC, ma posso invece farle con – guarda caso – l’iPhone 5S.

Ha ragione chi dice che non c’è niente di nuovo: un lettore di impronte sul telefono e un sistema di scambio sicuro di dati via bluetooth, roba che c’è da millemila anni. E allora com’è che ci voleva un gruppo di palloni gonfiati in California per farlo? Non poteva farlo qualcun altro? No che non potevano, perché tutti gli altri, a differenza di Apple, seguono l’abbrivio copiandosi l’un l’altro (chi bene e chi con esiti talvolta deludenti, quando non assurdamente ridicoli), e mai e poi mai proveranno a rompere gli schemi, ma cercheranno solo prestazioni sempre più elevate fottendosene dell’usabilità. Che poi è tutta qui la chiave di lettura che ha distinto Jobs e Apple: parafrasando un noto spot pubblicitario, “la tecnologia è nulla senza usabilità”.

Ora – tornando al concreto e al Keynote di ieri l’altro – Apple ha fatto ancora una volta quello che gli riesce meglio: sfruttare la tecnologia dotandola di grande usabilità, per creare cultura. Per capire meglio, analizziamo cosa è successo in dettaglio, e proviamo a capire come funziona il paradigma di Apple.

Non tutti sanno che iPad era pronto molto prima di iPhone, ma che Jobs ne abbia fermato l’uscita perché il mondo non era ancora pronto per cambiare il personal computing in modo così radicale. PC con interfacce touch c’erano da anni, ma usarle ti complicava la vita, reintrodurre da zero il concetto era tanto inutile quanto economicamente rischioso. E allora che fa Jobs? Crea la cultura del touch mettendola sull’oggetto che usiamo di più in assoluto durante il giorno: il telefono. Lo stravolge, lo riprogetta, piega la tecnologia al suo volere. Sbanca il mercato contro tutte le previsioni dei soliti tromboni analisti, poi esce con l’iPad, che tutti ma proprio tuttitutti usano senza problemi perché le gesture sono le stesse – naturali e intuitive – dell’iPhone.

Il resto è storia, inutile stare qui a ripeterlo: tanto i flame si sprecheranno tra chi ha già prenotato i biglietti per la notte insonne a Covent Garden e chi invece deriderà l’uscita del solito “miglior iPhone di sempre”.

Ah, dimenticavo: trovo incredibilmente ridicolo che ci sia stata un’ondata di strali per il costo dell’iPhone 5C (che è solo leggermente meno costoso del 5S), generata da un gruppo di tromboni analisti che nella loro suprema idiozia pensavano che la C stesse per “cheap”, quando invece sta per “Colour”. Se la sono cantata e suonata da soli, ora si indignano per una cosa mai detta da Apple. È un prodotto Apple e per definizione costa tanto, è tutto colorato, plasticoso, si sono già sprecate le immagini che lo paragonano ai colorati Nokia Windows Phone, in USA viene offerto ad un prezzo davvero basso se legato ad un contratto con un operatore, e così sarà sicuramente anche da noi (ricordiamoci che è Apple che impone i prezzi). Non è difficile prevedere che sarà l’iPhone più venduto di sempre, e quella che molti chiamano EPIC FAIL (la copertura parziale della scritta iPhone sul retro con le nuove cover Apple tutte gommose e bucherellate) non inficerà minimamente le vendite.

Mi stupisce invece che – vista la differenza prestazionale e direi generazionale – l’iPhone 5S costi solo poco di più. Senza scendere troppo nei tecnicismi, è il primo smartphone a 64 Bit (processore A7), ed ha un coprocessore (M7) che consente all’iPhone di “capire” che succede intorno a lui e adattarsi. Per usare le parole di Apple “sa se stai camminando, correndo, o perfino guidando. Mappe è un buon esempio: quando parcheggi, il navigatore passa automaticamente dalle indicazioni di guida a quelle pedonali. E dato che l’M7 capisce quando stai viaggiando su un veicolo, il tuo iPhone 5s non ti chiede se vuoi collegarti alle reti Wi-Fi lungo la strada. Se poi il telefono è fermo da un po’, come quando dormi, l’M7 riduce la frequenza delle connessioni alla rete per conservare la batteria.”

Ovviamente i detrattori diranno “tzè, roba che nel Galaxy S4 c’è da tempo” – ed hanno ragione – ma come sempre la differenza la fa come viene usata questa roba, ed Apple in questo è maestra incontrastata. Lo stesso vale per la nuova fotocamera: inutile avere 41 Mpixel (vero Nokia?) se poi hai una densità assurda sul sensore: meglio avere pixel più grandi. Chi ha qualche competenza di fotografia e usa una camera Reflex sa che case come Canon e Nikon da tempo fanno così: stessi megapixel, sensori sempre più grandi. L’accoppiamento con una lente vera, f/2.2, il doppio flash adaptive, ma sopratutto la possibilità di fare video in Slow Motion in HD (a 720p) a 120 frame al secondo, beh, Camilleri direbbe che hanno calato il carico da 11 a briscola.

Un’ultima cosa sull’eredità di Steve: chiunque dica che si è persa sbaglia, e tanto. Tanto l’iPad mini come il 5D e questo 5S sono ancora prodotti la cui progettazione è iniziata sotto di lui, cose così richiedono anni di sviluppo. Perché un conto è progettare come fanno a Cupertino device sempre nuovi, costruendoci attorno (iOS) per sfruttarne al massimo le caratteristiche, un conto è prendere tecnologie esistenti, pomparle e metterle tutte in un minestrone. “Pimp my phone”, in pratica.

Per citare il Viz, melamalato come me, “Se c’era l’emozione, vi lamentavate che non c’era tecnologia. Adesso che la tecnologia, quella utile, c’è, vi lamentate che non c’è l’emozione. Not everyone is able to think different”.

MAX UGGERI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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