In questi giorni in molti si stupiscono che qualche neo parlamentare non sappia quanti sono i deputati o dove sia il Senato della Repubblica. La verità è che nella scuola italiana sono in pochi ad insegnare che il Parlamento appartiene a tutti gli italiani. In questo momento di distanza dalla politica, chi insegna in primis, dovrebbe sentire la responsabilità e il dovere, da cittadino e da docente, di educare i giovani, i bambini, all’amore per la res pubblica.
In classe ogni anno ci provo a partire da un sito che pochi conoscono: bambini.camera.it: è il portale del Parlamento dei bambini, un modo per esplorare da vicino in maniera divertente la Camera dei deputati. Sui libri di storia o di geografia lo spazio dedicato alla spiegazione dei luoghi più importanti del nostro Paese, non supera mai una decina di noiose righe.
Ma come funziona, cosa si fa in quel palazzo che si chiama Montecitorio, non lo si spiega ai bambini.
Far capire ai ragazzi chi è un deputato, a cosa serve una maggioranza, come si fa una legge è l’abc del cittadino, è importante quanto insegnare a leggere e scrivere.
Di fronte all’analfabetismo politico degli italiani serve che la scuola faccia la sua parte.
Ho insegnato ai miei ragazzi della primaria (classe quinta) a diventare parlamentari con un gioco del sito della Camera: li ho portati virtualmente a Montecitorio, hanno scelto un volto, un nome, hanno fatto una campagna elettorale, le votazioni e si sono ritrovati al Parlamento sotto i riflettori: “Onorevole Mario, ora che sei stato eletto, sei chiamato a risolvere i problemi dei tuoi concittadini.
Vola sull’Italia, intercetta i bisogni di ognuno e atterra poi a Montecitorio”.
Un gioco alla scoperta della democrazia rispondendo a quiz che hanno condotto i miei alunni in un viaggio tra le righe della Costituzione e nelle stanze delle commissioni parlamentari dove si discutono le proposte di legge. Ognuno di loro è diventato relatore in aula, ha capito il ruolo del Presidente del Consiglio, dei ministri, del segretario di presidenza e degli assistenti parlamentari, ha provato l’emozione di parlare davanti agli altri onorevoli colleghi. I bambini non hanno più sentito il Palazzo del potere distante: con una scuola così, molti uomini e donne tornerebbero a riappassionarsi alla politica e il cambiamento tanto auspicato, diverrebbe conseguenza logica.
L’ho visto con i miei occhi quando alla fine del gioco qualcuno mi ha chiesto: “Maestro, da grande potrò fare davvero l’onorevole?”.
ALEX CORLAZZOLI