Il fatto. Chiunque abbia seguito sul second-screen la puntata di Report del 13 dicembre ha assistito ad un precedente che entra a pieno titolo nella storia della televisione, della SocialTV e della gestione della reputazione in Italia.Per chi se la fosse persa, la puntata di Report era focalizzata sulla presunta “trattativa” condotta 4 anni fa da ENI per ottenere la concessione di un blocco petrolifero a sud della Nigeria chiamato Opl245. Si tratta di una vicenda piuttosto complicata, con diverse implicazioni dal punto di vista giudiziario in seguito a una presunta tangente da svariati milioni di euro.Al di là della querelle tra la trasmissione condotta da Milena Gabanelli e il colosso energetico italiano, il dato più interessante è stato il rovesciamento delle parti nello schema comunicativo tradizionale e il conseguente ruolo inedito giocato dall’azienda grazie ad un’attenta strategia reputazionale e ad un utilizzo brillante e intelligente dei Social Network: mentre su Rai Tre andava in onda l’approfondimento sul caso #Opl245, l’account Twitter di @eni ribatteva, a colpi di tweet, a tutte le informazioni veicolate dal mezzo televisivo.
Non solo: Eni ha progettato un’apposita pagina dedicata, in cui approfondisce il contenuto di ogni singolo tweet.
Un vero e proprio fact-checking parallelo, capace di raccontare un punto di vista diverso da quello – solitamente univoco e senza controparte – fornito dalla trasmissione tv. A sottolineare l’importanza della questione e il livello raggiunto dalla “controparte social”, al botta e risposta ha partecipato in prima persona anche il Responsabile della Comunicazione Eni Marco Bardazzi (@marcobardazzi), oltre a svariate voci influenti del panorama Social e della comunicazione sino al Direttore di RaiTre Andrea Vianello (@andreavianel).
Eni sta scrivendo il falso. Hanno rifiutato l’invito, con richieste e attese andate avanti per un mese. Milena Gabanelli #Report
— Report (@reportrai3) December 13, 2015
.@reportrai3 La prossima volta fateci intervenire in diretta, per un vero contraddittorio #report
— Marco Bardazzi (@marcobardazzi) December 13, 2015
#Report è programma d’inchiesta che non prevede ospiti in diretta.
Per dare la propria versione basta accettare di rispondere alle domande
— Andrea Vianello (@andreavianel) December 13, 2015
Tante, tantissime le considerazioni da fare su quello che all’interno dell‘universo reputazionale può essere considerato un evento epocale per le modalità di gestione cross-mediale della crisi reputazionale e del contraddittorio.
Il non rispetto dei tempi e modi della trasmissione
L’evento segna sicuramente la nascita di una nuova tipologia di partecipazione televisiva non-convenzionale che detta modalità, canali e tempi per comunicare in “tempo reale” come principale narratore.
È fondamentale notare come Eni abbia unilateralmente avviato un contraddittorio sulla piattaforma “real time” per eccellenza, Twitter, inserendosi in second screen in tempo reale e rendendosi parte del flusso di conversazioni sin dal principio della narrazione con gli hashtag #Report e #opl245.L’oggetto dell’attenzione dei media, che siamo stati abituati a veder subire il punto di vista della trasmissione d’inchiesta, diventa attivo guadagnandosi spazio in una agorà comune e attivando un fact-checking alternativo di ingaggio della tematica.
Decide il tono e i contenuti, posizionandosi come soggetto propositivo di differenti punti di vista e tematiche, non più soltanto “a difesa” di un attacco unilaterale. Laddove la trasmissione non da la possibilità di intervenire in diretta per esprimere il contraddittorio, questo viene non cercato e soprattutto creato altrove.
Si stravolgono le regole del gioco, si modificano gli equilibri, in una sorta di guerra asimmetrica mediale
Si stravolgono le regole del gioco, si modificano gli equilibri, in una sorta di guerra asimmetrica mediale che racconta un nuovo panorama sia nella tutela della reputazione che nella necessità di presidio del territorio da parte del programma televisivo.
La rinascita della Diretta
Finalmente anche in Italia prendono concretezza le teorie esposte già da qualche anno da altre emittenti, come ad esempio Abc.com, che sostengono con fermezza che usufruire dei contenuti televisivi non in differita ma nel momento stesso della diretta rappresenta l’unico modo di essere parte attiva della trasmissione. Nella diretta (e solamente nella diretta) infatti lo spettatore soggetto passivo nella assimilazione dei contenuti proposti, diventa soggetto attivo nel commento sul second screen, nella ricezione di altri segnali da altri soggetti coinvolti e propositore di un processo di content curation personale in cui decide attivamente a chi prestare fede, chi ascoltare e da chi farsi influenzare nella valutazione di cosa sta accadendo. Una realtà informativa (e televisiva) aumentata dalla rete e che crea scenari innovativi in cui il secondo schermo, sia esso Twitter, Facebook o anche solo una chat con gli amici su WhatsApp, rappresenta un contenuto che diviene parte integrante della narrazione.
La diretta rappresenta l’unico modo di essere parte attiva della trasmissione e non solamente soggetto passivo.
Questa nuova modalità di ingaggio va, paradossalmente, ad esaltare ancora una volta il ruolo centrale della televisione e della diretta: è la diretta, infatti, il tempo deputato non solamente a conoscere per primi cosa sta accadendo, ma anche a seguire lo svolgimento. E’ il momento in cui possiamo partecipare attivamente al processo, non solamente nella valutazione acritica dei contenuti, ma anche attraverso la creazione collettiva della narrazione, trasformando la diretta nell’unico momento in cui fare la differenza ed essere parte della narrazione. Fuori dal tempo della diretta tutto questo non ha senso e l’unica possibilità è di partecipare alla visione di un accadimento (anche social) che non posso fare altro che rincorrere a posteriori.Fuori dalla diretta c’è una sorta di storia di quello che è accaduto, ma con il deterrente di conoscere già tutti gli spoiler che sono nel frattempo stati diffusi.Una rinascita della diretta televisiva che la televisione non sequenziale pareva avere ucciso, e che i Social portano, paradossalmente, a una nuova vita.
La nuova SocialTV e la Redazione Social
Ed è proprio il programma televisivo che, paradossalmente, in questo nuovo contesto si è trovato in severa difficoltà, tanto da dover ricorrere ad una (tardiva) risposta della conduttrice della trasmissione alla narrazione social di Eni e addirittura ad una presa di posizione di difesa del direttore della rete: la televisione si dimostra inadeguata ed impreparata, in questa occasione, a rispondere puntualmente ai fatti proposti da Eni.A favore di Report va detto che nelle ore successive la redazione si è attivata con successo nel proporre anche sui social la propria visione della vicenda, ma dimostrando di essere stata palesemente presa in contropiede dalla mossa di Eni.
È palese come Report sia stata palesemente presa in contropiede dalla mossa di Eni.
Non è possibile pensare che nel 2015 una trasmissione televisiva, soprattutto così legata alla spettacolarizzazione delle crisi reputazionali (come abbiamo avuto modo di osservare con il caso Moncler) sia così palesemente inadeguata dal punto di vista della gestione di un canale così importante come quello social. A tal fine, la socialTv non è più solo un canale editoriale su cui collezionare engagement fine a sé stesso, ma è parte integrante del dibattito televisivo e le emittenti da oggi sanno che sono tenute ad adeguarsi a questi nuovi linguaggi e a questa nuova modalità di intervento.
Un posizionamento offensivo e non solamente difensivo
Mossa importante dal punto di vista reputazionale quella di Eni, che vale molto più della semplice “schermaglia” offerta da Report in questa situazione: un posizionamento infatti che vale sicuramente a dimostrare una competenza nella gestione della crisi, una preparazione nelle tematiche, un presidio costante, ma soprattutto che pone l’azienda non solo come soggetto passivo nella gestione degli attacchi, ma al contrario soggetto pronto a dare battaglia a qualunque altra iniziativa similare. Una dichiarazione di intenti ed un posizionamento strategico di entità pronta a “colpire” qualunque soggetto esterno che decida di avviare un confronto.
Chiunque da oggi vorrà andare contro ad Eni dovrà sapere che l’azienda dispone di un palcoscenico attento e attivo per proporre la sua visione dei fatti…
Chiunque da oggi vorrà andare contro ad Eni con qualunque mezzo dovrà sapere che, indipendentemente dall’offerta o meno di spazi di contraddittorio, l’azienda dispone di un palcoscenico attento e attivo per proporre la sua visione dei fatti. E di una capacità offensiva di tutto riguardo.
Una rete di influencer contro una rete di spettatori
Una capacità offensiva, peraltro, non legata al mezzo di per sé (più utenti Twitter condividono contenuti di Report che non la contro-storia di Eni), ma molto, moltissimo legata alla capacità di Eni di intrattenere relazioni con i punti influenti della rete. Un successo social, quello di Eni, più legato ad una ottima strategia di DigitalPR nella creazione di relazioni e rapporti che non un’ottima strategia di scelta e proposizione dei contenuti.
Report vince con le persone, ma Eni vince con gli Influencer
Grazie all’analisi che siamo riusciti ad effettuare in The Fool è palese come esista una differenza sostanziale tra il consenso espresso dagli utenti di Twitter rispetto a Report contro quello espresso su Eni. Nel caso di Report si rileva un’attività più elevata di utenti “comuni” che condividono i contenuti della trasmissione e discutono, una massa sostenuta ma poco “influente” che condivide – per lo meno sulla carta – le motivazioni e le teorie di Report.Dalla parte di Eni abbiamo, invece, un consenso costruito principalmente da “nomi eccellenti” di Twitter e non solo, che si consolidano intorno alla figura di Marco Bardazzi, ed Eni stessa. Stiamo osservando una rete di relazioni, una sorta di piccolo manipolo di consenso che è riuscito a ribaltare le sorti altrimenti scontate della comunicazione sui Social di Report.Un‘immagine parla di più di mille parole, e quindi ecco la graficazione delle relazioni tra i vari influencer nell’analisi degli hashtag:
E, sia chiaro, non sto pensando ad una premeditazione di questa azione in particolare, ma ad una strategia di successo a lungo, lunghissimo corso di Eni che è riuscita ad avvicinare questi influencer alla propria vision ed ai propri (probabilmente) valori. Un lavoro probabilmente lungo ma che, in occasioni di crisi, non tarda a mostrare come in questo caso tutta la sua importanza
Un problema di giornalismo e di metodo
Certo è che, a voler essere critici, Eni è riuscita a stravolgere non solamente i termini ed il palcoscenico del contraddittorio, ma anche l’oggetto del contendere: stiamo tutti infatti – io per primo – discorrendo non più sul contenuto ma sul mezzo.Ci siamo lasciati sviare in uno storytelling legato alla metodologia e forse abbiamo un po’ perso di vista quella che dovrebbe essere la vera qualità del giornalismo, e cioè l’analisi dei fatti sottesi. Un discorso che doveva essere di metodo e che si è trasformato in discorso di mezzo.Una manovra magistrale, quella di Eni, che ci ha stupito con una strategia spettacolare, mentre con un elegante passo di danza ci faceva fluttuare sorridenti lontano dalla zona di pericolo in una zona sicura un cui discorrere amabilmente e tranquillamente.E, per questo, non possiamo che fare i complimenti ad Eni. E chiederci dove vogliamo andare da qui.