Il profeta della Pop Art a Villa Panza

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Considerato da molti l’ispiratore e il precursore della Pop Art, Robert Rauschenberg torna con i suoi lavori a Varese, dove fu molte volte ospite del conte Panza, suo grande ammiratore. Giuseppe Panza, recentemente scomparso, fu il primo in Italia ad intuire la grandezza e ad apprezzare le opere dell’artista americano, iniziando nel 1959 ad acquistare i celebri Combines da Lawrence Rubin, Leo Castelli, Ileana Sonnabend e Martha Jackson.

Quando, nel 1964, la Biennale di Venezia consacrò Rauschenberg tra i maestri della contemporaneità, assegnandogli il Gran Premio per la pittura, fu proprio grazie ad un’opera della collezione Panza, la scultura “Gift for Apollo, 1958”. Deceduto due anni fa, l’artista americano partì dall’Espressionismo Astratto ed anticipò la poetica del quotidiano resa celebre da Andy Warhol, dando nuova vita a materiali di recupero, reinterpretati con ironia e lucida consapevolezza.

«Alla fine degli anni ’50 ho acquistato Rauschenberg che considero un trait d’union tra l’Espressionismo Astratto e la Pop Art, perché utilizza immagini della vita reale per creare un rapporto con il passato come memoria», ricordava infatti Panza nel 1987. «Quando i Rauschenberg arrivarono a casa vi erano pochissime persone interessate. Sentivo un grande interesse per lui perché vedevo nei dettagli una relazione ad avvenimenti del passato. È una sollecitazione della memoria».

Protagoniste della mostra di Varese sono sculture realizzate in due diverse fasi tra il 1986 e l’89 e tra il 1991 e il 1995, provenienti da istituzioni e collezioni private internazionali.

Galleria fotografica

Nelle Scuderie e nelle sale settecentesche di Villa Panza sono ospitati fino al 27 febbraio trentotto “Gluts”, «immagini della vita reale che vogliono creare un rapporto con il passato come memoria», come li definì lo stesso Rauschenberg.Si tratta ancora una volta di assemblaggi di oggetti di recupero, per la maggior parte in metallo.

Segnali stradali, tubi di scappamento, radiatori, saracinesche, ferraglie di diversa natura, raccolti per un decennio nella discarica di Fort Myers in Florida, vicino alla sua casa-studio, sono stati trasformati in montaggi poetici, ironici e amari. Lo spunto per questa serie di opere nacque dall’osservazione della grave situazione economica di alcune zone degli Stati Uniti, in particolare del Texas, che attraversò intorno alla metà degli anni Ottanta una pesante recessione.

A chi gli chiese allora di commentare il significato dei Gluts, Rauschenberg rispose: «È il momento dell’eccesso, l’avidità è rampante. Tento solo di mostrarlo, cercando di svegliare la gente. Voglio semplicemente rappresentare le persone con le loro rovine. Penso ai Gluts come a souvenir privi di nostalgia. Ciò che devono realmente fare è offrire alle persone l’esperienza di guardare le cose in relazione alle loro molteplici possibilità».

Come racconta Susan Davidson, Senior Curator for Collections & Exhibitions del Museo Guggenheim di New York, proprio in quel periodo Rauschenberg cominciò a concentrare il proprio interesse artistico sull’esplorazione delle proprietà visive del metallo. Assemblando vari oggetti o serigrafando immagini fotografiche su alluminio, bronzo, ottone o rame, l’artista cercava di catturare le proprietà riflettenti, materiche e scultoree del materiale e di oggetti scelti non solo per il loro valore quotidiano ma anche per le loro proprietà formali.

La mostra «Robert Rauschenberg. Gluts», arricchita rispetto alle esposizioni al Peggy Guggenheim di Venezia, al museo Tinguely di Basilea e al Guggenheim di Bilbao di un nuovo nucleo di otto opere, è organizzata dal FAI – Fondo Ambiente Italiano, che si occupa della villa dopo la donazione del conte Panza, in collaborazione con la Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York, la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia e l’Estate of Robert Rauschenberg di New York.

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Scritto da luxu

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