Dopo il grande successo della mostra dedicata a Giorgione, arrivano a palazzo Grimani di Venezia le opere di Hieronymus Bosch, artista fiammingo attivo tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, noto per la sua notevole forza espressiva e per il suo immaginario bizzarro e fantastico.
A cura di Vittorio Sgarbi, l’esposizione “Bosch a Palazzo Grimani” presenta tre capolavori assoluti, quasi totalmente sconosciuti al pubblico, e resterà aperta fino al 20 marzo. Si inserisce nella serie di mostre che celebrano la riapertura del palazzo veneziano come spazio espositivo.
Realizzata tra il terzo e il quarto decennio del Cinquecento, la residenza della famiglia Grimani ha ospitato in precedenza il museo archeologico, poi svuotato dalle sue collezioni e rimasto chiuso per lungo tempo.
Protagonista di questa mostra è il pittore fiammingo più intrigante della storia dell’arte, di cui si trovano a Venezia dieci dipinti mai esposti finora. Si tratta di veri capolavori che ben rappresentano l’artista nella sua concezione visionaria e spettrale, tra cui troviamo anche i trittici eseguiti tra il 1500 e il 1510.
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Le quattro tavole della Visione dell’Aldilà (1500 – 1503), si trovavano già nel palazzo, riportate qui prima della chiusura dell’edificio, e ora vengono riunite al Trittico di santa Liberata (1505) e al Trittico degli eremiti (1510), finora conservati in deposito. I dipinti di Bosch tornano quindi a casa e saranno esposti al pubblico nella tribuna, nel camerino delle anticaglie, dove forse si trovavano anche in origine.
Figura molto discussa per il suo espressionismo, per la bizzaria e per l’inquietudine dei suoi dipinti, Jeroen Anthoniszoon van Aken, che si firmava con il nome di Bosch, nasce nel 1450 in una famiglia di pittori olandesi e si distingue per i suoi lavori fantastici, nati per illustrare la morale e i concetti religiosi dell’epoca. Il suo fantasioso immaginario, non sempre di facile interpretazione, attinge ai Bestiari medioevali e predilige ritrarre un’umanità tormentata e condannata all’inferno.
Le tre opere esposte a Palazzo Grimani raggiungono le collezioni di Palazzo Ducale alla morte del cardinale Domenico Grimani, che le lascia in eredità alla Serenissima. Il Trittico di santa Liberata e il Trittico degli eremiti passano per un periodo a Vienna, dapprima nelle collezioni imperiali, fra il 1838 e il 1893, poi al Kunsthistorisches Museum, fino al 1919, per fare poi ritorno a Palazzo Ducale, dove sono attualmente conservate.
Per mantenere una linea di continuità con le collezioni periodicamente presentate a Palazzo Grimani, resterà inoltre esposta la bellissima Nuda (1508) di Giorgione, dalle Gallerie dell’Accademia, e contemporaneamente si prepara, per gennaio, l’esposizione del Breviario Grimani, un capolavoro appartente alla Biblioteca Marciana.