È come cambiare punto di vista. La mattina dietro la scrivania del lavoro. La sera dietrola scrivania della propria camera. Studentessa lavoratrice dall’età di 17 anni, ora consulente privacy, frequenta il quarto anno di legge all’Università degli Studi di Milano.
Se da bambina le avessero chiesto “Che lavoro ti piacerebbe fare da grande?” Forse avrebbe risposto “Codice!”.
Io penso al codice, e mi viene in mente il linguaggio, ovvero un insieme di segni dotato di significato. Comune per alcuni interpreti, capiti in più circostanze. Mi vengono in mente anche i numeri e le lettere di colore verde che si aggiungono senza trovarci un particolare senso su un sfondo nero.
Ho conosciuto Marta all’incontro n. 1 di Singularity University ; Chapter Milan, lo scorso gennaio.
Entrambe stavamo aspettando l’autobus che ci avrebbe portato verso Mediolanum Corporate University. Abbiamo avuto l’occasione di raccontarci, e di comprendere che cosa facevamo lì. Perché eravamo lì. Due percorsi accademici così diversi, ma forse accomunati da qualcosa, in una frase: “la comunicazione è d’obbligo”.
Collegare due mondi, una passione composta da hardware, software e diritto. Come unirli?
La privacy che vince su blockchain
Vincitrice della Global Impact Competition 2016 di Singularity University, Marta ha presentato il suo progetto nel cassetto: riflettere sull’idea di privacy, creando un’innovazione che abbia una struttura tecnologica e anche giuridica. Oggi non si può non essere online, ma è possibile esserlo in modo consapevole dal punto di vista dell’utente.
“Noi siamo dati online, e li produciamo ogni secondo, ogni qualvolta che siamo in rete.
Il web si è costruito senza pensare a come stava procedendo.” – continua Marta.Si potrebbero utilizzare delle parti di Facebook da implementare, ma su tutto quello che è legale e informatico l’utente medio viene spaventato. I cliché “La privacy non esiste” o “Se non hai niente da nascondere non hai niente da preoccuparti” giustificano la mancanza di consapevolezza.
Il progetto vuole essere uno strumento semplice e accessibile all’utente, con il chi, cosa, come, quando e perché. Una sorta di pannello di controllo per il fruitore, basato sulla tecnologia blockchain.
La sicurezza e il codice da utilizzare cambiavano da luogo a luogo nel viaggio di Marta, di fronte a un sito web da pianificare per un’azienda torinese, a imparare a staccare la spina quando si usciva da lavoro.
Comprendere come lo stesso lavoro funzionava. Perché ora da lontano sembra tutto più semplice, prima il mondo legale era una piccola giungla, in cui ogni persona al suo interno sembrava enorme. A dover dimostrare, a 21 anni, di essere adeguata ad un’esperienza lavorativa, mantenere l’altezza su entrambi i livelli, a volte è risultato complicato.
Impactscool, una nuova idea di startup
E se il progetto, insieme alle competenze, alla personalità, e alle attività pregresse daranno a Marta la possibilità di volare oltreoceano, in Silicon Valley per dieci settimane, nel frattempo non ha rinunciato a un’altra idea. Oggi è co-founder della nuova startup Impactscool insieme alla socia Cristina Pozzi; il progetto continua il suo processo di sviluppo con l’idea di portare le tecnologie esponenziali più vicino alle persone, a giovani studenti universitari. Si propone di essere una piattaforma open source collaborativa, e il mezzo di condivisione attraverso il quale verranno affrontati più temi in più facoltà. Da quanto emergerà negli eventi dislocati in diverse città, si potrà partecipare a distanza e vedere lo streaming o avere il resoconto dagli altri membri aderenti. È una sorta di predisposizione di una rete attraverso lezioni miste, frontali, pratiche, workshop con la presenza di speaker d’eccezione, che parleranno direttamente in aule universitarie delle possibilità tecnologiche presenti e future.
Provi, inciampi, chiedi
Forse è proprio l’approccio che cambia con chi ci si trova davanti. Un cliente, un professore, un collega universitario, o delle persone curiose che ascoltano ciò che si ha da dire. E lo impari poco a poco, non lo puoi sapere. Provi, inciampi, chiedi. Ti fai avanti. Marta ha frequentato numerosi convegni in due vesti: prima come partecipante. Nei corsi di formazione ha approfondito un approccio chiamato “Privacy by design”, ovvero costruire la privacy attraverso la struttura di un sito o di un software, creando delle soluzioni prima perché esso possa essere sicuro già dal principio. Poi, come speaker, esempi sono all’evento “E-Privacy- Captatori Informatici e società civile: una convivenza possibile?” o con il suo intervento “Enterprise Social Network: tra trasparenza dei processi lavorativi e controllo profilato del lavoratore” presso la Camera dei Deputati lo scorso luglio. Capire dunque i problemi legali, da due punti di vista, sono tutti modi per mettersi nei panni degli altri.
Il 2015 è stato un anno fortunato. Tra lavoro, e gli esami, ha frequentato IN SITU – International Summer School in IT and IP law a Leibniz University, lo scorso agosto. Ha appena concluso il programma semestrale online di Harvard Copyright X.Membro del Social Live Team al Web Summit di Dublino a novembre 2015, Marta è andata oltre ai suoi compiti. Networking e biglietti da visita alla mano, conoscenza di ragazzi italiani all’estero. Nessuno del mondo giuridico, ma contatti che tutt’ora mantiene; contatti che le hanno dato l’opportunità di conoscere una realtà in cui è possibile fare quello che avrebbe detto da bambina.
“Quattro anni fa son passata da codice a codice. Da quello di programmazione a quello giuridico. E la caratteristica di entrambi è che nascondono qualcosa. Per capirli bisogna imparare qualcosa.” – aggiunge Marta. Il codice giusto da trovare per ogni situazione.
E se non ci si mette in gioco non si può sapere. Bisogna tentare.
Il giorno prima della prova d’ammissione decidere di cambiare indirizzo universitario da informatica a giurisprudenza. Fare ciò in cui si crede fortemente, in cui ci si sente nel vestito giusto.
Partire dall’assurdo, preparare il terreno, e poi partire.