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Innovazione ma sostenibile: così i Millennials guardano al futuro

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Not only me, we! È con queste parole che è iniziata la due giorni dell’European millennials fest a Siena (30 settembre – 1 ottobre 2016), in cui si sono incontrati e confrontati, sul tema “Build the Future”, 100 reti ed organizzazioni di Millennials Europei, nel centro storico di Siena e precisamente tra una straordinaria Agorà predisposta sotto il Tartarugone di piazza del mercato, Piazza del Campo, il SantaChiaraLab. Buone pratiche e azioni che si stanno già sperimentando in ambito locale e che hanno bisogno di essere condivise per poter sprigionare tutta la loro energia. L’obiettivo dell’iniziativa è stato di mappare, condividere e riformulare, in ambito EuroMediterraneo, un insieme di attività che possano favorire la nascita di un ecosistema europeo, innovativo, sostenibile e inclusivo.

TRE AREE E TANTI CONTENUTI

I territori di contenuti esplorati sono stati divisi in tre grandi concetti:

  1. We Live Together: human dimension, housing, mobilità, smart city e qualità della vita, alimentazione, sostenibilità, accoglienza, etc
  2. We Make Together: work, startup, innovation, creativity, networking, etc
  3. We Learn Together: nuovi modi di apprendimento, peer2peer, multiculturalità, learning, spirit of Europe, nuovi saperi.

Un’esperienza entusiasmante d’incontro, scambio e riflessione, per rimettere al centro del bacino euromediterraneo non i territori ma le buone relazioni tra le persone, con l’obiettivo di attrarre role model, best practice e contaminarsi per raccogliere dei progetti comuni da sviluppare al fine di favorire le singole esperienze e far emergere modelli e proposte per l’Europa del Futuro.

Mi sono sentito orgoglioso di far parte di un grande movimento che crede nell’innovazione come motore di sviluppo

Io ci sono arrivato da componente del direttivo UsienaAlumni, e ancora una volta mi sono sentito orgoglioso di far parte di un grande movimento che crede nell’innovazione come motore di sviluppo e nella creazione dell’intelligenza collettiva quale strumento di base per fornire i presupposti corretti a generare buone e sane relazioni tra persone, con un’unica visione e tanto coraggio da mettere a diposizione della comunità.

Un buon esempio di connubio tra riflessioni profonde e intrattenimento per coinvolgere anche tribù che altrimenti avrebbero guardato all’evento come all’ennesimo incontro autoreferenziale tra nerd.

MILLENNIALS A RACCOLTA

Il programma è stato molto articolato ed è partito da lontano, dal mese di luglio quando sono stati chiamati a raccolta tutti coloro che avrebbero voluto contribuire, in maniera spontanea, alla generazione di questa comunità temporanea sui temi della nuova etica da costruire intorno ai concetti di Europa e futuro. Altra intuizione corretta è stata far coincidere le date con #bright2016, la Notte dei ricercatori, che ha animato e coinvolto tanti ragazzi nella scoperta e conoscenza di tutte attività dei dipartimenti più all’avanguardia in vari campi, dalle biotecnologie alla robotica, dalle scienze umane e sociali, alla medicina.

La domanda che tra tutte mi è saltata più all’occhio è stata: Cosa dobbiamo sperare dall’Europa? Cosa dobbiamo fare perché si possa considerare ancora un riferimento per la nostra comunità di destino?

Le risposte potrebbero essere molteplici, ed hanno contribuito a fornire degli straordinari spunti di approfondimento, le tante persone che, sabato mattina, hanno creato un salotto democratico di discussione sul tema, in Piazza del mercato, animato Daniele Silvestri, musicista, Oliviero Toscani, creativo, Claudia Galal, scrittrice italo egiziana, autrice del libro Cairo Calling ed esperta di integrazione, Alberto Di Minin, professore associato alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ed esperto di innovazione.

NUOVA IDENTITA’ PER L’EUROPA

Nel corso di questo incontro ho notato quante anime s’intrecciano nella creazione della nuova identità della nostra cara vecchia Europa e quanto ancora dobbiamo lavorare per passare da una visione in cui l’innovazione si concentra solo nei dipartimenti delle università o nei lavoratori delle grandi società e quello in cui l’innovazione si può fare ovunque ci sia un gruppo di lavoro che metta al centro la conoscenza e lo scambio di esperienze per disegnare nuovi scenari legati al cambiamento (open design innovation communities).

La visione coraggiosa consiste nel ripensare i nostri sistemi di produzione materiale in modo da integrare il riciclo e il recupero come un elemento centrale

Quello di cui parlo è un approccio pragmatico ai problemi sociali, che applica tecniche manageriali per risolvere questioni nel presente, senza badare molto all’orizzonte ideologico o alla correttezza politica: una innovazione socializzata che crea nuovi saperi tecnici o organizzativi. Ed è questo processo che ho visto avviarsi, con buona pace di chi avrebbe voluto solo il consolidamento di sistemi legati al valore economico. La visione coraggiosa consiste nel ripensare i nostri sistemi di produzione materiale in un modo da integrare il riciclo e il recupero come un elemento centrale; ripensare i nostri sistemi di trasporto, di produzione energetica, di produzione e consumo agroalimentare, basato sulla sostenibilità e sulle possibilità che offrono le nuove tecnologie per soddisfare i veri bisogni umani. Il passaggio è quello dall’economia classica, in cui il driver principale del processo di innovazione è il mantenimento del vantaggio competitivo, all’economia delle relazioni (sociali) in cui il principale driver di innovazione è l’insoddisfazione sociale (e qui ripenso alle parole della Galal all’interno del suo libro Cairo Calling).

PRODUZIONE E CONSUMO

Nella ridefinizione dei confini del modello economico di cui stiamo immaginando i contorni, produzione e consumo si confondono facendo emergere il protagonismo dei soggetti co-produttori e non solo consumatori. E questo è un concetto che vale per qualunque tipo di approccio produttivo sia esso legato alla manifattura, all’industria culturale, alla generazione di valore democratico nella gestione delle comunità. Insomma, una due giorni profondamente stimolante in cui ognuno ha potuto partecipare alla creazione di una coscienza condivisa da una meravigliosa e variegata comunità temporanea che, ne sono convinto, continuerà a crescere e destrutturarsi per generare nuovi confini non intesi come divisioni ma come condivisione di intenti per generare valore sociale.

MICHELE CIGNARALE

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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