Insieme possiamo ridurre i gas serra, fermare il buco dell’ozono e aiutare i migranti del clima

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L’anno non è ancora finito, ma il 2015 si preannuncia come il più caldo dal 1880, quando sono iniziate le misure sistematiche della temperatura a livello globale. Non credo sia una notizia che ci colga di sorpresa: in India e Pakistan una terrificante ondata di calore nella tarda primavera ha causato migliaia di morti.Nel nostro piccolo, abbiamo boccheggiato tutta l’estate ed ora l’autunno è straordinariamente tiepido. Passeggiando nel parco ai piedi della Torre Eiffel qualche sera fa, ero circondata da gente che correva in canottiera. Avevano ragione, c’erano 16 gradi, una temperatura decisamente insolita per un inizio di novembre parigino. Il sole autunnale può anche essere piacevole, ma quest’anno fa veramente suonare un campanello d’allarme perché le conseguenze dell’aumento globale delle temperature non vanno sottovalutate.

(Leggi anche: “I colpevoli del global warming siamo noi: 8 prove inconfutabili e una soluzione per salvarci”)

Il buco dell’ozono si allarga mentre il caldo record scioglie la Groenlandia

La Groenlandia di scioglie ad un ritmo sempre più accelerato e questo farà aumentare il livello del mare che già cresce a causa dell’aumento della temperatura, dal momento che l’acqua calda e più voluminosa dell’acqua fredda.Ancora più preoccupante è constatare che il 2015 strapperà il record dell’anno più caldo al 2014. Due anni record uno dopo l’altro non sono un caso: significa che l’aumento della temperatura è ripartito alla grande dopo lo iato degli scorsi anni.Oltre che per la temperatura record, il 2015 potrebbe passare alla storia come l’ultimo anno che ha visto il valor medio dell’anidride carbonica dell’atmosfera sotto 400 parti per milione.

Pur nell’oscillazione diurna, da inserire in una più ampia oscillazione stagionale, siamo arrivati a valori medi di 397 ppm: il valore 400, già più volte raggiunto, diventerà presto il valor medio (se volete sapere tutto sulle misurazioni dell’anidride carbonica, date un occhio qui)

Insomma, sul fronte climatico, dove la variazioni naturali di un sistema intrinsecamente complesso si sommano con l’azione dell’uomo, che non vuole o non può controllare i gas che immette nell’atmosfera, le notizie non sono delle più rassicuranti.

Su un altro fronte, colpisce la notizie dell’allargamento del buco dell’ozono che, invece, sembrava in miglioramento.

Forse le terribili ondate di calore che hanno colpito India e Pakistan hanno messo il turbo all’utilizzo dei condizionatori che, in quei paesi, utilizzano ancora i clorofluoricarburi, veri e propri killer dell’ozono (Leggi anche: “Da oggi nello spazio il satellite che misurerà il riscaldamento globale”).

Il 2016 non si preannuncia migliore: il Pacifico equatoriale è surriscaldato da un El Nino particolarmente intenso che si somma a una bolla di acqua calda che è comparsa più a nord che sta causando una massiccio sbiancamento dei banchi di corallo alle Hawaii, oltre a intensificare le tempeste tropicali. È grazie allo straordinario input di energia di El Nino che l’uragano Patricia è passato da tempesta tropicale a uragano di spaventosa potenza con venti a oltre 200 km all’ora nel giro di un solo giorno, cogliendo di sorpresa i meteorologi. Poteva essere devastante, ma, per fortuna, quando è arrivato a terra, sulla costa pacifica del Messico, che era stata preventivamente evacuata, non ha toccato città importanti e ha perso rapidamente d’intensità, provocando danni limitati.

Vi ricordate El Nino?

El Nino, che è un fenomeno naturale e ricorrente, nel 2016 si sommerà ad un’altra oscillazione a grande scala della temperatura la Pacific Decadal Oscillation. Si tratta di una variazione decennale che riscalda o raffredda le acque superficiali del Pacifico, che, per quanto ci possa sembrare lontanissimo, è il motore del clima a livello mondiale. A partire dal 2000, la Pacific Decadal Oscillation era nel versante discendente con temperature fresche dell’acqua, che ha potuto così assorbire calore dall’atmosfera e immagazzinarlo in profondità, mitigando (forse) l’aumento delle temperature a livello globale. Adesso l’oscillazione è entrata sul ramo ascendente con le temperature in aumento.Si tratta di fenomeni naturali che, oltre a combinarsi tra loro, adesso si sommano al riscaldamento globale causato dai gas serra che continuiamo ad immettere nell’atmosfera ad un ritmo forsennato. Le conseguenze non si faranno attendere con piogge abbondantissime (seguite da inondazioni, smottamenti e frane) in alcune parti del globo e siccità durissime in altre, il tutto condito da un aumento generalizzato delle temperatura.

Tutta la ricchezza del mondo non può fare abbassare la temperatura. Le proiezioni del riscaldamento globale, per esempio, dicono che

alla fine del secolo, le avveniristiche città costruite sulle rive del golfo Persico saranno inabitabili perché troppo calde.

Benchè inondazioni e siccità colpiscano tanto i paesi poveri che quelli ricchi, sono purtroppo i più poveri, che hanno dato un contributo quasi nullo al riscaldamento globale, a pagare il prezzo più alto. La siccità in Etiopia è molto diversa dalla siccità in California. Mentre a Los Angeles si invitano i cittadini a non innaffiare i prati, in Etiopia i pozzi sono secchi, il bestiame muove e la gente, se vuole bere, si deve mettere in cammino per cercare luoghi meno inospitali. Così facendo, magari, si vanno a calpestare i piedi dei vicini creando situazioni di potenziale conflitto che possono facilmente esplodere. Le guerre, grandi e piccole, si registrano in maggior numero negli anni caratterizzati dalla presenza di fenomeni climatici come El Nino. Lo stress climatico può accelerare il collasso sistemi che sono già al limite della sopravvivenza, con pericolo che la popolazione esasperata si ribelli, oppure decida di spostarsi.L’ONU si aspetta milioni i migranti climatici e questa non è certo una bella notizia, né per loro, né per noi, che, seppur preoccupati, ci sentiamo ancora ragionevolmente al sicuro.

Il cambiamento climatico fa paura ma genera consapevolezza

In base a un recente sondaggio, che ha interessato circa 50.000 persone in 40 paesi, il cambiamento climatico è sentito come un problema dalla maggior parte degli intervistati. La percezione delle pericolosità è diversa nei vari paesi. Mentre nell’Africa sub-Sahariana (quella più colpita dalla siccità) e in America Latina (più colpita dalle inondazioni) circa il 70% degli intervistati pensa che il cambiamento climatico li danneggerà direttamente, meno del 20% degli inglesi, dei cinesi, dei tedeschi e degli australiani è seriamente preoccupata.In media le donne ed i giovani sono più sensibili al problema. Ad eccezione del Pakistan, in tutti i paesi la maggioranza degli intervistati è favorevole ad agile per cercare soluzioni, prima di tutto diminuire l’utilizzo di combustibili fossili (che liberano gas serra) a favore di fonti di energia rinnovabili. Certo, questo ha un costo perché il petrolio, il carbone ed il gas naturale hanno prezzi decisamente più bassi dell’energia pulita. Le recenti vicende dei furbetti dei gas di scarico ci dicono che le truffe “verdi” sono in agguato ed è sconfortante constatare che chi ha speso di più per avere un’auto più ecologica sia stato raggirato.

Di sicuro, la gente ha capito che il cambiamento climatico non risparmia nessuno ed avere coscienza dell’esistenza di un problema è il primo passo per cercare di risolverlo.

Il meeting sul clima che si terrà a Parigi a inizio dicembre vedrà posizioni contrastanti e grandi aspettative. I grandi inquinatori saranno di fronte a chi è troppo arretrato per inquinare. I ricchi si confronteranno con i poveri. Speriamo che i politici sappiano vedere al di là delle prossime elezioni e si preoccupino del futuro di tutti piuttosto che dei loro interessi immediati.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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