Alle 14 del 13 ottobre 2014, l’allora Presidente della Camera dei Deputati On. Laura Boldrini, nell’aprire un evento nell’ambito del semestre italiano di Presidenza dell’Unione Europea, annunciava agli ospiti internazionali presenti e all’intero Paese via streaming che la Commissione da essa stessa istituita e presieduta dal Professore Stefano Rodotà, aveva completato la redazione della prima bozza della Dichiarazione per i diritti fondamentali in Internet”.
E’ così probabilmente che tra dieci, quindici, venti o magari venticinque anni – diritto all’oblio online e tecnologia permettendo – i nostri figli ed i figli dei nostri figli racconteranno quanto appena accaduto nella cornice istituzionale di Palazzo Montecitorio. Qui si è scritta una pagina – c’è da augurarsi memorabile – della storia del Paese e di quella dell’Europa che verrà.
O almeno sarebbe bello che così lo si raccontasse, perché certamente non capita tutti i giorni – e non era capitato sin qui – che la terza più alta carica dello Stato, la Presidente della Camera dei Deputati, annunci la ferma volontà di dare all’Italia ed all’Europa una Carta dei diritti fondamentali in Internet o, come più spesso si dice, un Internet bill of rights come quello che il Parlamento brasiliano una manciata di mesi fa ha consegnato al Brasile e messo a disposizione del resto dell’America latina.
Quattordici articoli, intrisi di parole di libertà, pari opportunità, diritti e non discriminatorietà dalla prima all’ultima riga, compongono la prima bozza dell’Internet bill of rights che il nostro Paese si avvia a presentare all’Europa perché vada ad arricchire la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e del cittadino e la Carta europea dei diritti fondamentali.
Una bozza di dichiarazione dei diritti fondamentali in Internet scritta in Italiano ma già tradotta in inglese, francese e tedesco. E tutto questo perché faccia il più in fretta possibile il giro d’Europa e contagi con il suo carico di aspirazioni, speranze, ambizioni ed aneliti democratici tutti i Governi, le istituzioni europee ed i cittadini del vecchio continente. Un Internet bill of rights per stabilire una volta e per sempre che Internet è una risorsa democratica e che tutti i cittadini della nuova comunità globale interconnessa hanno il diritto di accedervi e di usarla in modo libero e non discriminatorio, a riparo da ogni abuso, limitazione o restrizione tanto da parte di soggetti pubblici che di soggetti privati, salvo ovviamente che talune limitazioni o restrizioni non si rendano necessarie per garantire altri diritti o libertà.
Il diritto ad avere, anche online, i diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino e a vederli rispettati, il diritto di accesso a Internet quale precondizione essenziale ed irrinunciabile per l’esercizio di ogni altro diritto fondamentale, la neutralità della Rete, la tutela dei dati personali e del proprio domicilio informatico nell’era di Internet, il diritto all’identità personale, all’anonimato ed all’oblio nello spazio pubblico telematico, il diritto all’educazione anche e soprattutto alla cultura in digitale e poi quello alla sicurezza delle reti e nelle reti e i principi cui deve ispirarsi il governo di Internet.
E’ questo l’elenco – bit in più o bit in meno – dei diritti e delle libertà fondamentali di cittadinanza digitale, lungo il quale si snoda la bozza di questa Dichiarazione dei diritti fondamentali in Internet, nata in Italia – dalla Commissione istituita dal Presidente della Camera dei Deputati e presieduta da Stefano Rodotà – ma destinata a fare il giro d’Europa. E sono principi quelli contenuti nella bozza della dichiarazione appena presentata dalla Presidente della Camera dei Deputati che stridono maledettamente con le parole, le iniziative – anche legislative – le dichiarazioni e, talvolta, persino le minacce che, negli ultimi anni, sono rimbalzate in Rete e contro le libertà in Rete proprio dai Palazzi della politica italiana.
Si fa fatica a credere che sia tutto vero e che, proprio in Italia, ovvero nel Paese della televisione per eccellenza, dove di Internet si parla più spesso come di una minaccia che di un’opportunità, si sia scelto di dare i natali ad una carta dei diritti fondamentali.
Questa carta ambisce a garantire a tutti i cittadini europei il diritto di accesso ad una Rete neutrale come precondizione essenziale per l’esercizio di ogni altro diritto e, poi, una lunga ed articolata serie di libertà e diritti. Tutto ciò allo scopo di garantire che Internet – la rete delle reti – diventi il prima possibile e resti il più a lungo possibile libera, democratica, aperta e condivisa.
Proprio a proposito dell’esigenza di una Magna Charta per Internet il papà del web Sir Tim Berners Lee ha detto una manciata di settimane fa a Londra che siamo solo all’inizio di un percorso che si preannuncia lungo, impervio e pieno di ostacoli. I principi di libertà e democrazia lungo i quali si snodano i quattordici articoli che compongono la prima bozza della Dichiarazione dei diritti fondamentali in Internet per il momento sono solo appuntati a matita e nei prossimi giorni verranno pubblicati in Rete, aperti ad una consultazione pubblica con pochi precedenti nella storia dei processi di normazione online. Così saranno fatti girare per l’intera Europa per raccogliere commenti, critiche, proposte di modifica ed integrazione.
Ci vorranno, probabilmente, ancora mesi perché si possa leggere il testo definitivo della Dichiarazione dei diritti fondamentali in Internet. A scorrere gli articoli che compongono questa prima versione c’è da giurare che il lavoro da fare sarà davvero tanto e non sarà sempre facile. Il primo passo, però, è stato compiuto ed ora tocca a ciascuno di noi contribuire a migliorare e far crescere quella che potrebbe diventare la prima costituzione europea dei diritti in Internet o, magari – e meno prosaicamente – un protocollo integrativo della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e dei cittadini.
Oggi è un giorno di festa, da consegnare alla storia per quanti credono che una Rete libera e democratica, nella società dell’informazione, sia un presupposto irrinunciabile per ogni Paese civile, moderno e, a sua volta democratico.
Domani, invece, varrà la pena fermarsi a rileggere la prima bozza uscita dalla Camera dei Deputati, riflettere sui suoi contenuti e proporne cambiamenti, modifiche ed integrazioni.
GUIDO SCORZA