Intolleranza: hanno geolocalizzato l’odio degli italiani sul web

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Negro, frocio, troia, rabbino, mongoloide. Queste sono alcune delle parole che hanno concorso alla creazione della prima Mappa italiana dell’Intolleranza in Italia sviluppata da Vox – Osservatorio italiano sui diritti. Il progetto prende ispirazione dalla Hate Map della Humboldt University e ha come obiettivo quello di individuare il livello di odio che corre in Rete in relazione a cinque profili sensibili: immigrati, donne, omosessuali, ebrei e persone con disabilità.

LA SCELTA DI TWITTER

Tra i diversi social network l’Osservatorio ha deciso di concentrarsi su Twitter che, pur essendo la piattaforma con meno iscritti, permette un alto livello di apertura e condivisione. Un progetto che Vox ha sviluppato mettendo in campo diverse eccellenze a livello nazionale.

Si è partiti dall’individuazione delle categorie più a rischio di discriminazione, selezione resa possibile grazie alla partnership con il dipartimento di Diritto Pubblico italiano e sovranazionale dell’Università degli Studi di Milano.

Una volta capito il chi, si è individuato il come. La base da cui partire per estrapolare i tweet è stata fornita dal dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” che ha sviluppato un software che utilizza algoritmi di intelligenza artificiale per comprendere la semantica del testo e individuare ed estrarre i contenuti richiesti. Circoscritti, poi, i messaggi più discriminatori sono stati letti dalla Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma, con la supervisione del docente di Psicologia Dinamica, Vittorio Lingiardi.

LA GEOLOCALIZZAZIONE DELL’ODIO

Ultimo dettaglio non marginale, grazie al supporto del software Open Streetmap è stato possibile geolocalizzare una parte dei tweet e creare delle termografie in grado di segnalare l’intensità dell’intolleranza.

Un anno di lavoro e otto mesi di monitoraggio.

Il risultato?

Quasi 2.000.000 di tweet estrapolati e risultati discriminatori. Di questi 1.102.494 utilizzano un linguaggio offensivo contro le donne, 479.654 contro le persone con disabilità, 154.170 contro gli immigrati, 110.774 contro gli omosessuali e infine 6.000 contro gli ebrei.

Il dato sulla misoginia spicca fra tutti facendo accendere un campanellino d’allarme. Non è un caso che lo scorso novembre proprio Twitter abbia deciso di lanciare uno strumento che permetta alle donne registrate al social network di segnalare eventuali molestie. L’iniziativa nasce da una presa di coscienza dello stesso Ceo Dick Costolo dell’incapacità dell’azienda di far fronte alle aggressioni di abusi e troll con la conseguenza che molte persone, note e meno note, hanno deciso di chiudere il proprio account.

Da qui la volontà di agire con nuove politiche che tutelino gli utenti a partire proprio dalla categoria più colpita: le donne.

Lasciando il risultato lampante sulle donne e proseguendo con gli altri cluster oggetto della ricerca è emerso che:

  • Il centro Italia è la zona dove il linguaggio antisemita su Twitter è più diffuso con un picco in Abruzzo e nel Lazio.
  • la Lombardia è la regione dove si registra il maggior numero di tweet omofobi:
  • Al Nord e al Sud sono ugualmente diffusi i messaggi che usano parole discriminatorie contro le persone con disabilità:
  • Lombardia, Friuli ma anche Basilicata le regioni invece che si distinguono per insulti a sfondo razzista

ITALIA PAESE INTOLLERANTE?

Cosa dovremmo dedurre da questo lavoro? Dobbiamo ritenerci un paese intollerante? Forse la Mappa non è lo strumento giusto per dare una risposta a questa domanda. I dati presi in esame raccolgono una percentuale minima degli utenti Twitter e più in generale della popolazione italiana, ma l’importante iniziativa di Vox ci permette di fare luce su un aspetto delicato come quello del linguaggio violento e aggressivo che corre non solo online ma anche offline.

Parole virtuali cattive che in alcuni casi possono portare ad azioni reali cattive.

Ed è per questo che Vox ha deciso di donare i risultati delle Mappe a Comuni, Regioni, scuole, e a chiunque sia disponibile a sviluppare azioni di prevenzione sul territorio.

Perché se è vero che le parole sono importanti, imparare ad usarle bene lo è ancora di più.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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Scritto da chef

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