Io e Fable, quella lunga attesa dietro le quinte dell’idea

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Nelle ultime settimane ho imparato l’arte dell’aspettare. In uffici di comuni, in sale d’attesa di ospedali, in sedie di grandi spazi come aule universitarie, o come studi televisivi. Prima ad ascoltare, poi a essere ascoltata. Non è cosa comune rimanere in stand-by, senza farsi cogliere dall’ansia, o dall’intolleranza verso qualcosa o qualcuno che non ci rende sereni al nostro posto.

La sala d’aspetto in ospedale mentre attendevo di fare la risonanza magnetica alla mano

Il progetto avviene per più fasi, dalla modellazione in 3D al computer, all’individuazione del primo archetipo di mano su cui si può lavorare all’inserimento della parte elettronica

E ci vuole la pazienza, appunto. Anche qualcun altro dentro la community di OBM Initiative deve averla dal principio, perché ci saranno sempre momenti di modifiche per la stampa 3D.

Esattamente un anno fa, Riccardo Gatti designer, entrava come volontario all’interno del team Fable. Oggi mi racconta: “Il progetto avviene per più fasi, dalla modellazione in 3D al computer, all’individuazione del primo archetipo di mano su cui si può lavorare all’inserimento della parte elettronica.”

Perché ricordiamolo, Fable è una mano mioelettrica, che al suo interno ha dei servomotori che andranno a muovere le dita, e per loro è necessario lo spazio. Non possono essere inseriti “a caso”, ma ogni oggetto è assegnato, e se non funziona si riprova, si cambia, si sperimenta fino a che il work in progress non diventi un rilascio – aggiunge Riccardo.

Il problema dello spazio

E di spazio ne è necessario anche quando si sceglie il posto in tram, in metro, al parco.

Di solito cerchiamo quelli in cui non è seduto ancora nessuno, ma se non troviamo possiamo rimanere in piedi, continuare a cercare, seguire le nostre logiche, o sederci sul primo libero senza pensarci troppo. Ma se quello fosse già stato scelto per te? Cosa succederebbe? Se in un secondo momento, si decide di prendere la postazione in prima fila, quella (di solito) dei primi della classe?

Forse cambierebbe qualcosa, un po’ di inadeguatezza si sente ancora. Preferisci stare sulla seconda, già è diverso – pensi dentro te, perché c’è una fila di barriera che inconsapevolmente dà sicurezza. Così è stato per trovare la propria geometria all’interno dell’evento Digitalic X “Design Innovation” lo scorso 9 giugno presso gli studi Rai di Milano. Direttamente davanti, avevo già la mia seduta, era riservata.

Come lo sono io. Il design, e quindi il progetto, qualunque esso sia, come può migliorare la vita delle persone? Attraverso una fotografia, un tavolo da cucina, un foglio di carta. O ancora attraverso la forma che preferisci dare a un oggetto per la salute delle persone, al suo colore, alla sua estetica. Alla possibilità di decidere, soluzioni ad hoc. A far rimanere fuori il gomito che si ha utilizzandolo come leva, non più rinchiuso dentro la protesi stessa.

Fable: struttura, design, progetto

“L’idea è quella di costruire un aggeggio sopra di esso, la parte dell’avambraccio è cava, e ciò è collegato a due perni che si attaccano a un collare a C che viene chiuso con i lacci di tessuto o di velcro. Più semplice? Avete presente l’idea dell’ipod shuffle quando si corre? Uguale!”. Perché la struttura è importante, e anche la resistenza, e così tutto il progetto. Bello e anche funzionale, e ciò con la stampa 3D è possibile. Bisogna trovare la giusta strategia per mescolare al suo interno lo spessore che deve essere molto consistente, ma allo stesso tempo semivuoto per consentire una maggiore leggerezza di tutta la protesi.

Come il buon detto dice “via il dente, via il dolore” io preferisco arrivare prima, essere in orario, fare quello che devo fare, e poi godermi lo spettacolo in serenità. In effetti ho quasi sempre iniziato gli eventi con una certa dose di timore. Ecco, rimanere seduta, con la gamba tremolante, per un po’ di tempo in più, non fa per me. È da sempre così, perché sento quasi di dover essere una grande responsabilità. Almeno fino al momento in cui viene citato il mio nome, quando mi alzo, quando non inciampo.

Se bisogna stampare una mano allora è ben diverso, il tempo è assai più dilatato. Una Fable, 22 ore circa

Quindi si è aspettato parecchio, e ora è il proprio turno, la durata è limitata, e stranamente scorre sempre così veloce, che nemmeno te ne accorgi, perché le domande hanno il giusto ritmo e dopo il primo minuto sei ancora seduta, e la gamba non trema più. Se bisogna stampare una mano allora è ben diverso, il tempo è assai più dilatato. Una Fable, 22 ore circa. Il dorso è il pezzo più complesso, più lungo dalle 6 alle 8. Il palmo, il telaio dei servomotori e le dita per un totale di 12.

La situazione cambia prospettiva quando ci si ritrova in piedi. Qualcuno lo preferisce, dipende, per gestire un luogo, ai lati, al centro, nel momento in cui hai un clicker che quasi sempre non funziona, e si guarda un pubblico tutto al femminile, proprie coetanee e ci si sente un po’ grande e un po’ piccola. Ciò è stato #nuvolarosa, a Napoli, all’evento “Ogni terra ha il suo talento” organizzato da Microsoft Italia. Lì, insieme a giovani imprenditrici e artiste, ognuna nel proprio campo, ha dimostrato di valere, di essere un punto di riferimento. Attraverso la voce trasmetti una semplice innovAzione e il proprio attuale lavoro, il filo rosso che lega la propria vita: la conoscenza. Anche se non si è un meccanico, un ingegnere, un designer si prova a comprendere una tecnologia, perché per esempio si scopre che:

“Nel 100% del tempo per arrivare dal concept al prodotto finito, solo l’ultimo 10% è considerato il vero design, ciò che è all’esterno, che è visibile”, continua Riccardo.

Quello che osserviamo noi, di cui ci facciamo la nostra prima impressione. Lì, come sappiamo, non abbiamo molta cautela. Ci piace o non ci piace. Ogni oggetto, qualunque esso sia, è unico per definizione, anche per il designer che lo crea. Se esso è unico allora sarà diverso da tutti gli altri nella sostanza della materia. Essa può essere morbida, liscia o ruvida. Possibilità infinite di un processo. Per esempio, esistono stampanti chiamate a “due ugelli”, che utilizzano due prodotti contemporaneamente per darne il disegno preferito. Serviranno per Fable che ha cinque dita, i cui polpastrelli molto probabilmente avranno uno strato in più, coperto di silicone, per avere una maggiore tenuta. Il materiale? Fable è stampata in PLA, il polimero dell’acido lattico derivato dagli scarti del mais. Lo sapevate che è lo stesso dei sacchetti biodegradabili dei supermercati? Quelli che ogni volta non si ha pazienza perché si aprono male e poi si rompono. Ecco, Fable alla fine potrebbe essere pure ecologica.

Si vorrebbe subito vedere il dopo: il risultato. Cosa c’è dentro la stampante 3D? Chi c’è al di là della porta?

Per dirvi, essere pazienti, a volte è coraggio. Se prima ho atteso, ora è aspettarsi qualcosa e qualcuno che avevi immaginato da tempo. Ed è una condizione di gran lunga più difficoltosa. Il cosa, il come, il perché non sai mai quale sarà. A volte rischia di deludere le proprie aspettative che sono troppo alte, e ci si rende conto che non si aveva pensato di fare esattamente questo, tu che avevi desiderato solo una mano. In noi ci sono sentimenti strani. E si vorrebbe subito vedere il dopo: il risultato. Cosa c’è dentro la stampante 3D? Chi c’è al di là della porta? Poi bisogna saper rallentare, e attendere. Improvvisamente quando tutto sembra terminato, si tira un sospiro di sollievo, e scopri che una matita è già lì che ti aspetta.

FABIA TIMACO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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