Oggi, come ogni 28 settembre, si celebra l’International Right to Know Day, ovvero la Giornata Internazionale del diritto di accesso: attivisti e governi di tutto il mondo celebrano quello che dovrebbe essere il diritto alla trasparenza fondamentale per ogni democrazia, il diritto di conoscere i dati e i documenti detenuti dalla pubblica amministrazione.
In Italia, la giornata cade in una fase di transizione assai delicata. Come sanno bene i lettori di CheFuturo, il nostro Paese ha ancora una delle leggi più restrittive tra i Paesi occidentali, subordinando l’accesso al possesso di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso. Questa norma, di fatto, significa che il diritto alla trasparenza non è un autonomo diritto del singolo, ma solo lo strumento per tutelare altri diritti (il diritto di proprietà, il diritto all’accesso al pubblico impiego, la libertà d’impresa).Ma qualcosa si muove e il 2015 sembra essere l’anno del FOIA italiano: dopo anni di campagne della società civile, il Parlamento – nell’ambito della legge di riforma della pubblica amministrazione (art.
7, comma 1, legge n. 124/2015) – ha delegato il Governo ad adottare una riforma della disciplina dell’accesso che vada nel senso di garantire questo diritto “indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti”.
Quest’anno, il right to know day italiano – diversamente dagli altri anni – non è il momento in cui genericamente affermare l’importanza dell’adozione di una nuova legge.
Questa giornata è il momento giusto per chiedere e capire.
Chiedere al Governo che il provvedimento che sarà adottato nei prossimi mesi abbia tute le caratteristiche di un vero FOIA, rispettando i dieci punti che il progetto FOIA4Italy – sulla base dell’esperienza internazionale – ritiene fondamentali. Fondamentali per una normativa in grado di avere davvero effetto nella lotta alla corruzione e che contribuisca a ricostruire il rapporto di fiducia tra cittadini e pubblica amministrazione (la petizione lanciata da FOIA4Italy ha già raccolto oltre 34mila sottoscrizioni ed è possibile sostenerla cliccando qui).
Il Right to know day, inoltre, è la giornata in cui capire che un vero FOIA rappresenterà una (necessaria) rivoluzione copernicana per amministrazioni, cittadini e imprese, discutendo dei luoghi comuni sull’utilità di questo genere di provvedimento normativo.
Nel corso di questi mesi, ad esempio, in tanti (non sempre in buona fede) hanno affermato che il FOIA potrebbe sarebbe superfluo perché esistono gli open data e una norma (il Decreto Legislativo n. 33/2013) che già impone agli enti di esporre nella sezione “Amministrazione Trasparente” dei propri siti web un elevato numero di dati e informazioni.
L’errore di questo approccio sta nel non comprendere che la trasparenza di un Paese è la somma di due diritti di cittadinanza:1. il diritto di chiunque di trovare sui siti web delle amministrazioni una serie di dati, possibilmente aperti, che chiunque può riutilizzare (in modo da garantirne la conoscenza ad altri attraverso app, infografiche e visualizzazioni);2.
il diritto di accesso da parte di chiunque ai dati, informazioni e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni (fatte salve alcune tassative eccezioni).
Infatti, anche la più pervasiva attività di pubblicazione (e l’Italia, al momento, nonostante gli sforzi non si è distinta per la propria proattività in materia di open data) non potrà mai sostituire una seria disciplina del diritto di accesso.
Il limite della pubblicazione sui siti web delle amministrazioni – oltre alla circostanza per cui non tutti i cittadini utilizzano internet quale strumento per ricercare informazioni – è che la tipologia di dati da pubblicare e i tempi di aggiornamento sono decisi unilateralmente dal legislatore e pubbliche amministrazioni (che potrebbero avere interesse a non diffondere determinate informazioni).Gli open data, inoltre, non vengono pubblicati solo per finalità di trasparenza, ma hanno lo scopo di mettere i dati della pubblica amministrazione a disposizione di tutti per stimolare la crescita dell’economia e nuove forme di innovazione, cambiare il modo in cui i servizi pubblici sono fruibili dai cittadini (rendendoli più efficienti e facili da usare).
Per questi motivi, anche a livello internazionale si fa strada l’idea per cui un Paese sia realmente trasparente se assicura un equilibrio tra il rilascio proattivo di informazioni e la trasparenza reattiva (vale a dire la risposta alle richieste che vengono da cittadini, imprese e associazioni). È infatti improbabile che una pubblica amministrazione, fosse anche la più virtuosa, arrivi mai a pubblicare come dati aperti tutte le informazioni che possono interessare la collettività.
Ci sono documenti che potrebbero essere importanti solo per alcune persone e questo non giustificherebbe l’impegno (e quindi la spesa) per provvedere alla loro pubblicazione e aggiornamento.
Inoltre, attraverso le richieste di accesso, le amministrazioni potrebbero capire quali sono davvero i dati a cui i cittadini sono interessati e questo potrebbe consentire di integrare le informazioni che vengono pubblicate sui siti.
Un giudice USA, Damon Keith, ha detto che la “democrazia muore dietro le porte chiuse”, quando seleziona cosa le persone devono sapere.Ecco, il FOIA serve per dare a tutti la chiave che apre le porte che sono ancora chiuse.