Karma, ragazzi: regaliamo un videogame al Dalai Lama

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Quando un personaggio pubblico tiene un discorso, bisogna stare sempre molto attenti a quello che i media riferiscono: spesso, infatti, estrapolare una frase dal suo contesto non permette di interpretarla correttamente. Così, quando ho letto il titolo su Repubblica.it «Anche il Dalai Lama contro i videogiochi: “Fanno male ai bambini”» sono andato subito a guardare il video, ma mi sono preso un po’ di tempo per rifletterci.

Il Dalai Lama Tenzin Gyatso. Foto: reddit.com

L’intervento, tenuto di fronte a una platea con tanti ragazzi, tocca alcuni argomenti facilmente condivisibili e pone alcune questioni. Ad esempio ci ricorda che sebbene “La tecnologia sia un’ottima cosa […] a volte sembra che diventiamo schiavi dei soldi in primo luogo e della tecnologia in secondo luogo.

Qualcosa su cui riflettere”. Ed è giusto rifletterci. Sull’argomento soldi ha già sintetizzato benissimo Tyler Durden, ma come mai sembra che diventiamo schiavi della tecnologia? È una semplice impressione (“sembra”) oppure è davvero così?

In effetti, a ben pensarci, una forma di dipendenza dalla tecnologia è connaturata all’uomo stesso.

Non ci siamo guadagnati il nostro posto nella natura grazie a denti aguzzi e corporatura robusta: siamo tra le creature più deboli e cagionevoli della Terra. Siamo la specie che più di ogni altra ha modificato l’ambiente per renderlo più adatto a sé, invece che adattarsi ad esso. Se abbiamo avuto qualche breve successo evoluzionistico lo dobbiamo alla nostra capacità tecnologica: il controllo del fuoco, la costruzione di utensili, o la fusione del ferro sono tecnologie da cui è dipesa la nostra sopravvivenza.

Può apparire strano usare la parola “tecnologia” per capacità che diamo ormai per scontate, ma è proprio questo che sono, e lo sa bene chiunque abbia giocato a “Civilization” dal 1991 ad oggi.

La storia dell’umanità è una storia di conquiste tecnologiche e di dipendenza da queste conquiste potenti e terribili.

Accendere un fuoco era un rischio enorme per i primi uomini che l’hanno fatto, e continua ad esserlo ancora oggi. Creare tecnologia è, insomma, un potere difficile da gestire, ma è parte di noi. Smettere di innovare significherebbe rinunciare alla nostra stessa umanità.

Ma questo ci rende “schiavi”? Come disse Ben Parker (lo zio di Peter, l’uomo ragno), «da un grande potere derivano grandi responsabilità», e spesso quando un’autorità come il Dalai Lama Tenzin Gyatso ce lo ricorda, noi poveracci ci sentiamo piccoli piccoli, e allora tendiamo a fare confusione.

Qualche volta, vogliamo delegare questa responsabilità, pensando che qualcuno “al di sopra di noi” debba mettere dei paletti, dei limiti, dirci cosa dobbiamo fare. Ma non è rinunciando al controllo che diventeremo migliori. Essere umani consiste nel trovare l’equilibrio tra due espressioni dell’intelligenza: quella più elevata della creazione e quella più quotidiana del suo Retto utilizzo. Se rinunciassimo a qualunque delle due, andremmo contro la nostra stessa natura.

E i videogiochi? Sono super-tecnologici, ok, ma fanno bene o fanno male? Il Dalai Lama parla dei bambini “che passano molto tempo giocando al computer” e dice “io penso che questo vi danneggi il cervello”. Possibile?

Tom Hummer, della “Indiana University School of Medicine” di Indianapolis, fa un bel paragone: “Dire che i videogiochi danneggiano il cervello è come dire che il cibo danneggia il corpo”.

Non ha senso: dipende da cosa mangiamo e quanto ne mangiamo. Possibile che l’Oceano di Saggezza, non se ne renda conto?

Eppure, guardando Tenzin Gyatso che mima il movimento delle dita sul controller, mi è parso di riconoscere un comportamento tipico di chi non ama i videogiochi.

Mi è venuto in mente un proverbio di incerta origine: «Quando il saggio indica la Luna, lo stolto guarda il dito». Ogni volta che sento un adulto parlare male dei videogiochi e insistere sulla ripetitività dei gesti, lo invito a seguire la narrazione, invece di guardare il dito: il controller è un mezzo, non il fine. Proprio come quando leggiamo un libro: non ci verrebbe mai in mente di dire che stiamo fissando dei fogli di carta pieni di macchioline nere. Siccome, per definizione, il Dalai Lama non può essere lo stolto, allora cerco di capire quale Luna potrebbe stare indicando. Forse vuole dire, piuttosto, “attenzione, i videogiochi sono un’ottima cosa, ma qualsiasi tecnologia va usata con Retta consapevolezza”. Ecco: un bel messaggio per qualche genitore distratto in cerca di delega e in fuga dalla responsabilità.

Ci sono videogiochi inadatti ai bambini, così come libri, film, fumetti e perfino cartoni animati, ma ce ne sono tantissimi altri (la maggioranza) che stimolano il ragionamento induttivo, l’analisi, le capacità di risoluzione dei problemi, i riflessi e il coordinamento motorio. In equilibrio con studio, sport e socialità, contribuiscono in modo rilevante alla crescita sana di un individuo di questo millennio. Negare questo ruolo è miope, irrealistico e irresponsabile.

From Chese è un videogame della SpinVector

Quindi, visto che il Dalai Lama è Yeshe Norbu, la “Gemma che realizza i desideri”, vorrei che ne facesse avverare uno e giocasse al nostro From Cheese dicendoci se pensa davvero che danneggi il cervello o se, come credono molti giocatori (e genitori) che ci hanno scritto, possa invece essere un divertimento costruttivo, che stimola il pensiero laterale e, se proprio non fa diventare più intelligenti, almeno migliora, per un po’, la serenità di chi ci gioca. Noi il promo-code glielo offriamo volentieri!

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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