La battaglia di Jasmin, che usa il web per raccontare il suo paradiso bruciato in Medioriente

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Sebbene parta da lontano, quella di Jasmin Mirage – sui social conosciuta come Jasmin Ef – è una storia che arriva molto vicino a noi. Dal centro dell’Iran, esattamente dalla città di Isfahan, questa ragazza non fa che studiare e sognare – «sognare a occhi aperti» confessa – la cultura e la storia italiane, delle quali dice di essersi innamorata fin da bambina.

La blogger iraniana Jasmin Ef

Ventinove anni, atea, attivista per la difesa dei diritti umani, nel suo Paese insegna drammaturgia e scrive racconti per una rivista, e nel tempo libero fa la guida turistica e si dedica al cosiddetto Teatro della speranza; e nonostante una laurea in lingua inglese, è tuttavia all’Italia che non fa che ammiccare.

Il suo blog, Alba persiana, aperto più di anno fa e che conta centinaia di visualizzazioni, è redatto interamente in italiano, e attraverso le poesie e le immagini via via postate, intende sensibilizzare e avvicinare a un mondo spesso sentito come troppo distante.Tramite Internet Jasmin ci racconta le meraviglie dei suoi luoghi – dall’architettura ai paesaggi naturali, dall’arte dei tappeti ai panorami mozzafiato – , ma ci aggiorna pure sulla crisi sociale dell’Iran, sui timori per l’Isis, sulle sue concittadine sfigurate dall’acido, sulla gente pestata e arrestata dalla polizia e sulla censura che come una lama taglia quasi tutto.Sono poche, e fragilissime, le cose cui aggrapparsi ancora ad Isfahan – quattrocento chilometri da Teheran, capitale ricca di moschee e palazzi, soprannominata “la metà del mondo” per il suo splendore –, e che vengono messe a rischio dall’estremismo islamico: giorno dopo giorno, tragedia dopo tragedia.

Ed esprimersi in italiano, per Jasmin, è in definitiva uno dei modi più efficaci per continuare a lottare.

Le chiedo allora perché, cosa la porta a un’affermazione simile; e per farlo uso una sempre più comune e per una volta non banale chat di Facebook, lo strumento cui Jasmin ricorre più spesso per le sue comunicazioni estere.«Il vostro linguaggio è l’unico che mi permette di parlare davvero» risponde lei, «attraverso quel suono che ha, e tutta la tradizione che si porta dietro… in questo modo sono riuscita a inquadrare meglio il mio Paese. Da un po’ di tempo lo chiamo “Piccolo paradiso bruciato”, una definizione perfetta ed alla quale sono potuta arrivare grazie all’italiano, che ho imparato guardando la vostra tv e leggendo i libri dei miei autori preferiti: Calvino, Pirandello, Fo, Gramsci, Merini, Fallaci, Tabucchi.

Non saprei immaginare la mia vita senza di loro».

La letteratura, mi spiega Jasmin, è molto più che un’arma: è un gigantesco guerriero dotato di un’anima, e dovrebbe ambire a migliorare lo spirito delle persone, così come il luogo dove esse vivono. «Le parole nascono per questo» continua, «altrimenti rimarrebbero in silenzio a soffrire e subire e basta. Sarebbero schiave anche loro, sarebbero parole false. Le parole, quelle vere, nascono invece per creare nuovi inizi, nuove coscienze».

Il lavoro di Jamsin è dunque una vera e propria fede, un comandamento spirituale, nonché un continuo aggiornamento su ciò che accade nei suoi territori.

Questa giovane donna è dolce, tenace, incredibilmente temeraria. È trascinante e poetica, e al contempo inflessibile e combattiva: un bifrontismo necessario forse, naturale, e che è lo stesso che illumina sulla conquiste ancora troppo fragili di quella società.

Jasmin così si emoziona, ci emoziona, mostrandoci delle ragazzine che giocano senza problemi per strada, vestite all’occidentale, ma è ugualmente corretta, non è disillusa ma è onesta a farci vedere delle studentesse col capo coperto: «bambine col velo bianco (in tutte le città iraniane)», puntualizza nella didascalia della foto, «frequentano la scuola elementare. Al liceo il colore del velo diventa grigio/nero/blu scuro».

E ancora, Jasmin apprezza la libertà d’opinione garantita in Italia ma è pure critica nei confronti dei nostri mass media che c’informano – male – circa il Medio Oriente, la cui cruenta ortodossia coincide anche, miracolosamente, con segnali d’apertura verso politiche meno radicali.

Nonostante l’efferatezza musulmana, infatti, la blogger persiana si dice ottimista per il proprio Paese; e per questo più che la strada del compianto sceglie quella dell’ironia, della comicità intelligente, della descrizione della realtà mai troppo indulgente nei confronti di se stessa. «È anche per questo che ho iniziato a contattare molti scrittori e attori comici italiani. Il loro modo di far ridere mi ha insegnato molto, mi ha aiutato a comprendere meglio le divergenze con l’Iran, con la nostra idea di umorismo e di allegria».

Lo scorso novembre, Jasmin ha dialogato in diretta insieme al Trio Medusa, ai microfoni di Radio Deejay, illustrando alcune delle limitazioni più impensabili che una ragazza è costretta a subire, e insieme rispondendo con la speranza a ingiustizie del genere. La sua è quindi una battaglia civile originale ma comunque valida, e passa primariamente dalla capacità di sorridere come dalla certezza che «un rinnovamento sociale, totale, prima o poi si realizzerà».

La particolarità di Jasmin sta nel credere che ciò avvenga tramite le parole, e soprattutto attraverso l’italiano, una lingua che come nessun altra è per lei in grado di raccontare e tramandare storie, affinché solo le migliori possano ripetersi.

Dalla sua abitazione a pochi passi dal deserto, dal suo salotto dove campeggia una gigantografia di piazza San Marco – «il lungo che più di ogni altro vorrei visitare» – , dal suo piccolo paradiso in guerra, Jasmin ci dona un esempio di resistenza e bellezza uniche, in cui la parole sono tutto e specie le parole italiane, in quel tutto, riescono a dire qualcosa in più.

ANGELA BUBBA*

(*Angela Bubba, calabrese di Mesoraca (KR), è scrittrice per Bompiani. Nel 2009 con il romanzo d’esordio “La casa” è stata la più giovane finalista al Premio Strega)

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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