Uno dei punti focali descritti nel libro “Makers” di Chris Anderson, identifica i tre elementi cruciali che sono alla base della nascita della terza rivoluzione industriale.
Il primo dice che le attrezzature devono essere “desktop”. Ossia non far parte di laboratori industriali o avere prezzi esorbitanti, parliamo di piccole periferiche digitali alla portata di ogni tasca e scrivania. A questo concetto aggiungerei un’ulteriore osservazione. Queste attrezzature non solo devono essere abbordabili, ma devono essere anche “familiari”. Parlo di attrezzature che possono essere usate anche nel tavolo della cucina. Stanza dalla quale sono emerse in modo massiccio tutte le tecnologie che sono passate da lì.
Secondo punto, secondo me cruciale, è l’apertura degli standard. Nel passato molte periferiche digitali erano chiuse, usavano un linguaggio di comunicazione proprio e non consentivano l’interascambio di informazioni.
Questo fa parte del passato. La terza rivoluzione industriale è basata su standard aperti e sopratutto sulla condivisione. Condivisione non solo dei file, che agiscono come una sorta di teletrasporto, ma parliamo di tutorials o template, elementi che accelerano il processo di adozione di qualsiasi tecnologia.
Il terzo punto citato da Andersen è la connessione, far parte di un network. Le community di pratica diventano elementi che accelerano l’innovazione e creano legami forti tra persone che vogliono iniziare un nuovo modo per creare manufatti in una modalità inimmaginabile sino a pochi anni fa.
Tutti e tre questi punti sono stati al centro dei dieci giorni trascorsi a Yokohama per l’evento Fab9, il nono incontro annuale della community dei FabLab mondiali. Per chi non lo sapesse, il Fab Lab (Fabrication Laboratory, Fabolous Laboratory) è uno spazio aperto a tutti che offre strumenti digitali (e analogici) destinati alla fabbricazione digitale, con lo scopo di creare “quasi” tutto quello che passa per la mente, attraverso le persone del Fab Lab, la rete sociale e la manifattura locale.
Tutto nasce da una intuizione del 1988 del professor Neil Gershenfield (nella foto sotto) Quando apre il corso “How to Make (Almost) Anything” traducibile in «Come fare (quasi) qualsiasi cosa». Per questo corso riceve una quantità enorme di richieste di iscrizioni. Il corso era tenuto in un laboratorio con tanti strumenti analogici e altrettante attrezzature digitali. Gli elementi di questo “favoloso” laboratorio ideato da Neil erano stati scelti proprio perchè rispondevano a quelle richieste descritte successivamente da Chris Anderson.
Come è facile intuire, una delle periferiche immancabili in ogni FabLab è una stampante 3D. quella consigliata è la Ultimaker, ma ultimamente iniziano ad essere sempre più abbordabili stampanti 3D con tecnica DLP, ossia con una luce che indurisce stato per stato una resina sintetica.
Ma non servono solo stampanti 3D nei FabLab, serve un router, ossia una fresa di grande formato, capace di tagliare e sagomare materiali come il legno e dare la possibilità ad architetti e designer di realizzare fisicamente ed autonomamente le proprie idee. La macchina maggiormente utilizzata è una Shopbot di produzione americana, con luce di lavoro di 3 metri x 2.
Serve un laser per intagliare parti piccole di legno, plexiglas, pelle, carta e cartoncino. La dimensione tipica è intorno ai 60 centimetri e il brand scelto per i FabLab per la sua semplicità di utilizzo è la americana Epilog.
Per fresare piccoli oggetti meccanici con estrema precisione o lavorazioni in cera per gioielleria o ancora per fresare circuiti stampati, la periferica che si trova in ogni FabLab è la Modela MDX-20 o 40 della Roland, azienda dove lavoro e dove mi occupo della formazione e della gestione della community degli Artigiani Tecnologici. Due motivi per il quali ho potuto dare il mio contributo al Fab9.
Altra periferica Roland presente in ogni FabLab è il plotter da taglio GX-24 indispensabile per il taglio del vinile, per i workshop sulle t-shirt e per altre mille attività che si tengono nei FabLab. Oltre i tool come cacciavite, martello, pinze, ecc, in ogni FabLab servono dei tool di tipo elettronico. In questo ambito Arduino la fa da padrone e sensori ed attuatori sono pane quotidiano per i frequentatori dei FabLab.
La semplicità d’uso di tutte queste periferiche e gli standard aperti ne hanno decretato il successo ma la cosa più importante, sottolineata da Neil durante il convegno, è che avendo adottato delle periferiche simili in tutto il mondo la condivisione dei tutorials diventa molto più efficace. Parametri, settaggi, idee procedurali possono essere applicati in ogni parte del mondo con estrema semplicità ed essere a loro volta rielaborate per nuove tutorials, workshop o attività divulgative.
L’azione educativa è gestita dalla FabFoundation che connette tutti i centri nevralgici di tutti i FabLab. Laboratori, Academy, Ricerca, campus, educazione sono alcuni dei punti gestiti dalla dinamica Sherry Lasitter che ha lasciato il suo ruolo di giornalista televisiva per seguire questa nuova rivoluzione. Duecentocinquanta persone provenienti da 39 paesi di ogni angolo del mondo si sono incontrate fisicamente dopo aver condiviso virtualmente ogni loro creazione, idea, partorita in un FabLab. La città di Yokohama, conosciuta come città della creatività, ha aiutato tantissimo la comunità locale capitanata dall’eclettico professor Heroya Tanaka della Keio University SFC.
La mattina era destinata alla condivisione delle attività svolte dalle community di America, Asia, Africa e Europa, condite da alcuni panel legati ai tre argomenti alla base di tutto. Make, learn, share. Ricerche, Start-up, tecnologie come quella del FabLab di Genk che dopo essersi connesso con studenti di medicina hanno sviluppato e prototipatoun nuovo sistema per monitorare il diabete a costi bassissimi.
Il pomeriggio era destinato ad attività di workshop Software, hardware ed humanware. Devo dirvi che mi sono estremamente divertito nel condividere le esperienze accumulate nelle innumerevoli attività di formazione in Roland con tutti i ragazzi dei FabLab che hanno partecipato ai miei tre workshop, tra i quali uno che unisce la stampa digitale all’interattività di Arduino creando un nuovo elemento che abbiamo chiamato Visual Interactive Communication.
La sera, e tutta la notte rimaneva aperto il SuperFabLab ossia il FabLab di Yokohama amplimentanto con tutto ciò che la mente di un Maker potrebbe desiderare. Era fantastico girare per questi ambienti alle due di notte e discutere di elettronica, meccanica con ragazzi di ogni razza e paese e dare il proprio contributo alla realizzazione del manufatto che stavano creando.
Le idee che stavano sviluppando avevano un fine comune, realizzare degli strumenti musicali partendo da immondizia tecnologica per mostrarli e suonarli durante la giornata conclusiva dell’evento. Per dovere di cronaca, il fab Lab world cup contest 2013 degli strumenti musicali è stato fantastico ed è stato vinto dal giapponese Hirama Marubayashi che ha ricevuto una Modela MDX-20 da Mario Picchio, presidente del business development per la Roland DG Cororation. Hirama era arrivato tardi nell’accaparrarsi parti interessanti dalla spazzatura tecnologica, ma la sua creatività gli ha consentito di creare una batteria elettronica pilotata da Arduino. Lo strumento emetteva suoni reali usando un compressore, un asciugacapelli, fili, cartoncini ed una piccola campanella cannibalizzata da una vecchia macchina da scrivere.
Altro momento importante del Fab9 è stato il simposio presso il magnifico teatro KAAT (Kanagawa Art Theatre) di Yokohama. Più di mille persone hanno seguito le dinamiche presentazioni che illustravano in maniera chiara questo cambiamento epocale. La presenza dei ministri della comunicazione e quello della tecnologia del Giappone hanno dato un quadro completo sulla situazione del “monozukuri” (produzione di massa) nell’isola nipponica. Tra i diversi interventi vorrei citare il caso della SmartCity sviluppata da Thomas del FabLab di Barcellona, città dove si terrà il Fab10 nel 2014.
Il convegno è stato chiuso con un meraviglioso documentario realizzato da Jens Dyvek che ha visitato 25 FabLab in tutto il mondo riportando in concreto i concetti di condivisione e network che emergono in questo evento.
Lui ha concentrato la sua esperienza in questi cinque punti che condivido totalmente:
5. La digital fabrication è basata sulla documentazione.
4. Essere empatici.
3. Prepararsi ad accettare l’inaspettato.
2. Concludere i progetti iniziati.
1. Divertirsi!
Proprio nell’abito del divertimento, dopo la chiusura dei lavori si poteva scegliere una visita opzionale ad un FabLab o una azienda Giapponese. Con Neil Gershenfield ed altre 40 persone siamo andati a visitare la Roland DG Corporation ad Hamamatsu, distretto musicale e motociclistico del Giappone. Nella visita i miei colleghi giapponesi hanno illustrato i processi produttivi con l’utilizzo di un sistema di produzione innovativo, ideato da Roland, chiamato isola Yatai oggi adottato anche da Toyota ed altre aziende monozukuri. Questo sistema ha sostituito il classico sistema di linea di produzione ideato da Ford al’inizio del secolo scorso.
Abbiamo visitato il creative center dove sono esposte centinaia di applicazioni realizzate con periferiche Roland da quelli che noi chiamiamo Artigiani Tecnologici. I partecipanti hanno potuto realizzare da soli manufatti in un workshop allestito per l’occasione. La visita al reparto di ricerca e sviluppo suggella un altro degli elementi importanti di questa attività. La connessione tra aziende, istituti di ricerca come il MIT, gli utilizzatori finali dei prodotti, come gli artigiani tecnologici ma anche i frequentatori dei FabLab. Da queste connessioni nasceranno nuovi prodotti, nuove idee come le due nuove stampanti 3D, una additiva ed una sottrattiva, che abbiamo presentato al Fab9. questa connessione ci porterà al nuovo rinascimento industriale.
Alla fine di questo evento ritorno a casa con 250 nuovi amici da 39 paesi diversi e con una frase che mi ha detto Neil che continua a rimbalzarmi nel cervello: «Ricordati che chi entra in relazione con questo gruppo di persone, con il network dei FabLab, non solo cambia la sua vita, ma aiuterà a cambiare in meglio la vita di tante persone».
La desktop fabrication è arrivata. Cercate il FabLab più vicino a voi o venite a Maker Faire Roma per partecipare ad un workshop e conoscere il movimento dei fabber italiani. Pensiamo di avere diecimila FabLab pronti per i prossimi anni. Uno in ogni distretto, tutti per lo scopo comune di diffondere la cultura del fare ed essere protagonisti di questa nuova rivoluzione.
GIOVANNI RE