Oggi è l’Open Data Day, una giornata internazionale dedicata a mostrare il valore dei dati e ad incentivarne il rilascio. Lo spirito di questa giornata sarebbe quello di dedicare meno spazio alle parole e più ai prodotti che si possono derivare dai dati.
Il logo uffiiale dell’edizione italiana 2015. Credits: opendataday.it
Si tratta di organizzare delle maratone civiche dove mettere assieme capacità diverse al fine di creare valore dai dati. In Italia, spinti dall’energia di Flavia Marzano, si è cominciato 3 anni fa ad organizzarsi. L’evento viene interpretato in diversi modi: organizzare l’hackathon (decisamente impegnativo ma importante), dare voce a chi ha creato prodotti dagli open data, fare un convegno divulgativo, dedicare parte della giornata alle discussioni e parte a liberare o “giocare” con i dati.
Sul piano personale preferirei vedere più energie dedicate al fare che al raccontare. Noto, con dispiacere, che la situazione italiana sull’open data continua a proseguire molto lentamente, ogni tanto con inciampi in cui si ricomincia da capo, oppure con aperture di dati il cui reale riuso e interesse fatica a decollare.
La strategia di apertura dovrebbe partire da un approccio più consapevole all’insegna di tre parole chiave: riuso, crescita e sostenibilità.
Il riuso, quello reale, è fatto dallo seguire standard, fornire metadati, creare servizi di distribuzione basati su API (fondamentali per accellerare la nascita di applicazioni).
La crescita è un concetto importante è la grande sfida che ci aspetta e non va ragionata nei termini del ritorno economico che l’open data può offrire, ma nella necessità di migliorare i processi di produzione e gestione dei dati sia sulle competenze che sugli stumenti.
È molto importante per quello che riguarda il mondo della pubblica amministrazione.
La crescita a sua volta implica la sostenibilità, argomento che spesso viene messo in secondo piano nell’apertura dei dati: sono troppi i dataset rilasciati che non vengono aggiornati in maniera automatica o semiautomatica. Devo ammettere che forse pretendo troppo, l’Open Data Barometer (una delle ricerche più importanti per valutare lo stato di salute dell’open data nel mondo) ci inserisce nel gruppo delle nazioni “emerging and advancing”, e considerando che non siamo per niente soli e che quei due aggettivi mi stimolano a pensare positivo, preferisco celebrare a mio modo l’open data day segnalando due suggerimenti molto affascinanti che ci vengono da Arnaud Sahuguet e David Sangokoya del GovLab in USA e da Tim Davies del Practical Participation in UK.
L’Italia vista dall’Open Data Barometer
LA FORMULA PER VALUTARE COME APRIRE I DATI
Arnaud Sahuguet e David Sangokoya stimolati dalla lettura dell’articolo scientifico A Theory of the Calculus of Voting di Riker e Ordeshook del 1968 dove si teorizza un formula con cui valutare l’efficacia del voto, ne hanno a loro volta elaborata un altra nell’articolo A “calculus” for open data che permette di valutare l’efficacia dell’apertura di una dataset.La formula non vuole avere l’ambizione di essere una soluzione matematica al problema, si pone piuttosto come un insieme di valutazioni da fare per avviare un processo di apertura dei dati consapevole.Le variabili messe in gioco sono: P (probabilità che l’apertura del dato abbia effetto), B (benefici che si possono avere con l’apertura del dataset), D (nell’articolo originale è chiamato “dovere”, ma dagli autori del GovLab questo è interpretato come l’impatto globale che può dare il dataset all’ecosistema di riferimento) e C (i costi da sostenere).Quando i valori di P, B e C, opportunamente calcolati fra di loro, superano il valore di C, allora risulta conveniente aprire i dati.
La formula è: PxB + V > C, e si nota che se P, B e V crescono e C decresce, allora conviene aprire i dati. La formula si vuole porre ai diversi attori che producono dati: pubblica amministrazione, aziende e individui. Ognuno in relazione alla sua identità e al suo settore di riferimento individua i fattori che servono a “calcolare” le variabili. L’articolo fornisce un insieme di questi fattori rappresentati in una mappa mentale.
20 MODI DI UTILIZZARE GLI OPEN DATA PER UN BUON GOVERNO
Ogni volta che mi imbatto in Tim Davies, leggendolo, ascoltandolo o stringendoli la mano, ho sempre un arricchimento intellettuale. Da quando ho letto il modello “The 5 stars of Open Data Engagement“ non ho fatto altro che raccontarlo in molte occasioni e interpretarlo anche alla nostra realtà (ritengo il progetto opencoesione e i “fratelli” a scuola di opencoesione e monithon.it la migliore interpretazione di questo schema).
La scorsa settimana mi sono imbattuto nella lettura di “20 ways to connect open data and local democracy”. Al tempo l’articolo iniziava più o meno così “Sto andando al workshop Local Democracy for Everyone dove ho pensato di portare questi 20 esempi per connettere gli open data alla local democracy. Per ora scrivo questa bozza, ma più tardi conto di aggiornare il tutto con i feedback dei partecipanti”.A fine giornata l’articolo era cambiato ed arricchito da una infografica che sintetizzava l’incontro.
Credits: www.timdavies.org.uk
Una volta visto avrei voluto tanto essere stato lì a far parte del pubblico e, magari, intervenire. Le proposte di Tim Davies sono un ottimo spunto per chi, dopo o durante questo Open Data Day, abbia voglia di organizzare e ragionare sulla partecipazione intorno ai dati.
Il primo contributo arriva proprio dal modello a 5 stelle e che vede un modello in cui l’apertura dei dati va guidata dalla domanda, contestualizzata, supportata nelle conversazioni, supportata nel fornire strumenti e nel dialogo verso le comunità di attivisti. I restanti si concentrano su esempi virtuosi provenienti da ogni parte del mondo.Questi quelli che mi hanno maggiromente incuriosito:
- il progetto discussioni intorno ai dati del Massachussetts dove si creano delle sfide che, oltre alla creazione di applicazioni, vanno nell’analisi dei dati che individuano problemi sociali e che, in seguito ad una discussione, possono portare a soluzioni politiche;
- I dati che prendono forma artistica, come murales, come stampe 3D, o in ambito culinario, avvicinando quindi una materia apparentemente astratta come i dati ad oggetti più facili da capire e che creano più cultura;
- Adottare un dataset. L’esempio viene dagli Stati Uniti dove, nei luoghi dove cade molta neve, gli idranti rimangono coperti e congelati e, quando ce ne è bisogno, il rischio è che non funzionino. Non tutti i comuni sono in grado di offrire il servizio di tenerli al sicuro (quantomeno non coperti dalla neve) ed ecco che code4america ha avuto l’idea di mettere disponibili i dati delle posizioni degli idranti assieme alle informazioni meteo e, attraverso una applicazione, permettere ai cittadini pro-attivi di “adottare un idrante”, avere le informazioni di quando intervenire e informare dell’intervento;
- Investire di più nel data journalism associando alle notizie, anche i dati e i tool per interrogarli;
- Utilizzare URL alle risorse dei dati che siano più contestualizzate, detto altrimenti avere un indirizzo che nelle sue parti già contestualizzi il dato, ad esempio http://nomedelcomune.it/parcheggi/apagamento/stazione.csv;
- Effettuare dei bilanci partecipati con dati reali.
Nell’articolo integrale ci sono altri suggerimenti molto utili, che vi consiglio davvero di leggere per capire meglio l’Open data.
Buon open data day 2015!
MAURIZIO NAPOLITANO