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La guerra in Israele: la voce di chi si oppone al conformismo mediatico

Un movimento di solidarietà cerca di rompere il silenzio sulla sofferenza palestinese attraverso campagne visive.

Manifestazione contro il conformismo mediatico in Israele
Scopri le voci che si oppongono al conformismo mediatico in Israele.

Il contesto attuale in Israele

Negli ultimi mesi, Israele ha vissuto un periodo di intensa tensione e conflitto, che ha portato a una polarizzazione della società. L’attacco del 7 ottobre ha segnato un punto di svolta, spingendo il paese verso una destra sempre più radicale. In questo clima, il dissenso è diventato sempre più difficile da esprimere, con i media che si allineano alla narrazione del governo guidato da Benjamin Netanyahu. La crisi umanitaria a Gaza è stata sistematicamente ignorata, mentre l’opinione pubblica mondiale si è sempre più allontanata da Israele.

Il movimento Standing Together

In risposta a questa situazione, è nato un movimento di solidarietà chiamato Standing Together, composto da israeliani e palestinesi. Questo gruppo ha deciso di lanciare una campagna di sensibilizzazione attraverso l’affissione di manifesti nelle fermate degli autobus di Tel Aviv.

Il messaggio centrale è chiaro: “O fermiamo questa guerra o sarà questa guerra a fermare noi”. L’obiettivo è quello di aprire gli occhi degli israeliani sulla sofferenza dei palestinesi e sulla realtà del conflitto, che spesso viene oscurata dai media.

La strategia comunicativa

Standing Together ha scelto le fermate degli autobus come spazi pubblici per affiggere i propri manifesti, rendendo impossibile per i passanti ignorare il messaggio. Le immagini rappresentano scene di sofferenza e morte, come bambini affamati a Gaza e bare di soldati israeliani. Questi manifesti sono un tentativo di sfidare la narrazione dominante, che tende a concentrarsi solo sulla sofferenza israeliana, escludendo quella palestinese. Suf Patishi, uno dei fondatori del movimento, ha sottolineato come i media israeliani non mostrino le atrocità che avvengono a Gaza, contribuendo a una percezione distorta della realtà.

La risposta della società israeliana

Nonostante il clima di paura e conformismo, Standing Together ha visto un aumento significativo dei suoi membri. Persone come Manar Qeadan, di origine palestinese, si sono unite al movimento per cercare di cambiare la narrativa. Anche alcuni politici dell’opposizione hanno iniziato a riconoscere la responsabilità dei media nel nascondere la verità sulla guerra. Tuttavia, la maggior parte dei media israeliani continua a sostenere una visione militarista e nazionalista, ignorando le sofferenze dei palestinesi e giustificando le azioni dell’esercito.

Il ruolo dei media e la censura

La situazione attuale è aggravata dalla censura e dall’auto-censura dei media israeliani, che temono di affrontare la realtà della guerra. La maggior parte dei reporter ha adottato toni che giustificano le azioni militari, contribuendo a una disinformazione diffusa.

Tuttavia, ci sono eccezioni, come il quotidiano Haaretz, che ha documentato le sofferenze dei civili e ha criticato le azioni del governo. Questo ha portato a ritorsioni, come l’eliminazione della pubblicità pubblica sul giornale da parte del governo.

Verso una maggiore consapevolezza

Il lavoro di Standing Together rappresenta un tentativo di rompere il silenzio e di promuovere una maggiore consapevolezza sulla crisi umanitaria a Gaza. Attraverso la loro campagna, sperano di stimolare una riflessione profonda tra gli israeliani, invitandoli a considerare le conseguenze delle loro azioni e a riconoscere la sofferenza di entrambe le parti coinvolte nel conflitto. La loro iniziativa è un passo importante verso un dialogo più aperto e onesto sulla situazione in Medio Oriente.

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