“Meglio se taci!”, dicono decine di leggi, leggine, regolamenti, provvedimenti e sentenze italiani a chi – specie attraverso il web – ha l’ambizione di raccontare il mondo che osserva attraverso i propri occhi o di dire la sua su piccole e grandi vicende di cronaca, ingiustizie e cose della politica.
“Meglio se taci!”, sembra dire, persino il disegno di legge da poco licenziato dal Senato della Repubblica – ed ora all’esame della Camera dei Deputati – in materia di diffamazione, un disegno di legge che avrebbe dovuto servire a scongiurare il rischio, benché remoto, che chiunque finisse in carcere per le proprie opinioni e che ora minaccia di far finire sul lastrico giornalisti e blogger ma, soprattutto, di mettere un enorme cerotto sulla bocca di chi fa o intermedia informazione online.
Il Senato ha, infatti, introdotto nel disegno di legge una norma che prevede che chiunque possa chiedere al gestore di qualsiasi pagina web e, persino ai gestori dei motori di ricerca, di far scomparire dal web qualsiasi contenuto ritenuto diffamatorio o idoneo a violare la propria privacy. Tutto senza neppure passare da un Giudice.
Fonte: Italnews.info
E “meglio se taci!”, rischiano di suggerire – sebbene tra mille sfumature diverse – i provvedimenti che in tutta Europa stanno per essere adottati a seguito del massacro nella redazione di Charlie Hebdo, a Parigi perché, bisogna scriverlo senza esitazioni né reticenze, non esiste giustificazione migliore per limitare e comprimere libertà fondamentali come quella di parola e quella alla privacy che l’esigenza di garantire la sicurezza interna ed internazionale.
E’ così potrebbe presto arrivarsi al paradosso che il massacro dei vignettisti parigini, “condannati a morte” dai terroristi per eccesso di libertà di manifestazione del pensiero, diventino addirittura l’occasione per decine di Governi – incluso purtroppo quello italiano – per varare misure eccezionali
Misure che in qualche modo possano autorizzare le forze dell’ordine ad ordinare direttamente agli internet service provider di bloccare il traffico verso taluni siti, ritenuti responsabili di reati di reati di opinione, ovvero di apologia o propaganda terroristica, reati maledettamente difficili da tener distinti rispetto a forme di manifestazione del pensiero opinabili ma non vietate. Tutto, ancora una volta, senza passare dal Giudice e senza, dunque, nessuna garanzia del giusto di processo.
Credits: Cartoon di Oleg Dergatchov (Ucraina) – Esclusiva Fanofunny.com
Ma purtroppo riflessioni di questo tipo fanno, ormai, assai poca impressione nel nostro Paese nel quale c’è un’autorità amministrativa – l’AGCOM – che ha già potere di vita e di morte su ogni contenuto pubblicato online, potendone richiedere ed ordinare la rimozione senza, neppure, offrire al suo autore la possibilità di difenderne la legittimità della pubblicazione e ci sono blogger e gestori di piattaforme di informazione dal basso che si sono già ritrovati a rischiare la galera per “stampa clandestina” o “esercizio abusivo della professione di giornalista”, solo per aver, rispettivamente, mancato di registrare la testata di un comunissimo blog in tribunale e per aver “inventato” un servizio che consente alla gente comune di parlare di cronaca, territorio, attualità o politica davanti ad una telecamera.
Ma “meglio se taci!” è anche il titolo – e questo è ciò che render questo post colpevolmente autopromozionale, con il solo alibi che non ho chiesto io di scriverlo! – del libro, in libreria dal prossimo 11 febbraio, che ho scritto con Alessandro Gilioli, caporedattore de L’Espresso, per i tipi di Baldini&Castoldi.
La copertina del libro “Meglio se taci”, edito da Baldini & Castoldi
Un libro che come ha ben sintetizzato Alessandro nell’introduzione: “E’ un’inchiesta basata su casi molto concreti e su vicende realmente avvenute, talvolta anche minori, che tuttavia ci mostrano come la rete non sia il paradiso della libertà in terra anche per motivi molto più pratici e quotidiani di quelli su cui si anima la controversia teoretica”. Ragioni connesse piuttosto con la pulsione quasi naturale di ogni establishment (politico ed economico) a conservare e ad estendere se stesso, a impedire ciò che viene visto come potenziale diminuzione del proprio potere o – semplice- mente – rischiosa entropia.
Insomma, attorno alla rete – nel mondo, in Europa, in Italia – ci sono poteri talvolta sciocchi e talvolta raffinati che non si fanno troppe domande sulle contraddizioni della rivoluzione digitale, ma che semplicemente temono ciò che non avvertono come un loro dominio
E allora, in modo spesso silenzioso, l’effetto che ne deriva è quello del «meglio se taci», o magari, «meglio se non leggi e se non guardi», o ancora «meglio se conosci meno cose», «meglio se conosci solo quelle che vogliamo noi», «meglio se possiamo incanalare ciò che leggi e filtrare ciò che scrivi». Ed è appunto di questo “Meglio se taci”, assai meno raro e improvvisato di quanto sembri, che si occupa il libro.
Questo libro che vuol essere soprattutto una provocazione, una proposta ed un invito a riflettere su quanto è preziosa, specie nella nostra società di internet e dell’informazione la libertà di manifestazione del pensiero e su quanto spesso, invece, ne sottovalutiamo l’importanza e la straordinaria fragilità.
GUIDO SCORZA