La rivoluzione dei makers e perché la scuola ha bisogno di loro

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Perché “Vediamo Positivo”, o almeno dovremmo farlo? Era questa la mia personale missione alla Maker Faire: trovare motivi di reale ottimismo, in linea con la campagna di Generali. C’è chi parla di “rivoluzione industriale”, chi si focalizza sulla tecnologia, chi valorizza l’artigianato digitale. Io, invece, parlo di Cesare.

La scena che mi è rimasta più impressa infatti ha avuto luogo fuori dall’hotel dove erano ospitati relatori e familiari. Stavamo aspettando la navetta quando noto un ragazzo che, in mezzo ai genitori, guarda il mondo con un occhio all’apparenza distratto, in realtà concentrato. Ad un certo punto mi sorprendo a chiedermi se lo speaker della fiera sia la mamma o il papà. Invece era proprio lui. Solo dopo l’ho riconosciuto: a soli 13 anni – dribblando impegni scolastici, pianoforte e nuoto – aveva costruito da solo una stampante 3D perfettamente funzionante.

L’hanno chiamato bambino prodigio, eppure – e questo è il messaggio vero – non lo è. E’ un ragazzo come tanti altri visti alla Maker Faire Rome: sono stati loro, infatti, i veri protagonisti.

Lo si era già capito grazie alla seguitissima conferenza “20 under 20”, in cui venti giovanissimi innovatori – provenienti da tutto il mondo – hanno raccontato a centinaia di “under 20” le proprie idee di futuro. Ne ho avuto poi conferma “navigando” fra le centinaia di stand: la scuola italiana è piena di talenti, studenti che sanno metterci una passione, una creatività e una competenza che nulla hanno da invidiare agli adulti. Basta sfogliare i progetti che hanno vinto la Call4School, selezione organizzata in collaborazione con il MIUR. Ma l’aspetto ancora più positivo è stata la passione dei visitatori più giovani: 15 mila bambini si sono divertiti con piccoli esperimenti e laboratori di gioco nei 2000 mq dell’Area Kids.

Eppure il loro divertimento non era fino a se stesso ma pura sete di vera conoscenza: volevano apprendere.. per poi Fare!

Io credo che in questo momento il compito delle istituzioni e di tutti noi sia quello di rendere sistemica la valorizzazione di questa potenza creativa. È innegabile che i ragazzi possono beneficiare di una duplice straordinaria disponibilità: strumenti sempre più accessibili, semplici ed economici da un lato, una conoscenza sempre più condivisa e concreta dall’altro.

Certo, la scuola ha problemi più grandi e risorse limitate. Ma – fuori da ogni ipocrisia – rendere sistemica la valorizzazione del talento è spesso più un problema di approccio che di risorse. Se ci pensate bene, la filosofia dei grandi imprenditori si sposa benissimo con quella dei piccoli makers: mettere al centro le persone e non i prodotti; partire dai reali bisogni e non dalle scelte di mercato, fare e non recriminare.

Questa potrebbe essere la vera rivoluzione dei makers: scardinare processi mentali e tecnologici che non aiutano a innovare. Una rivoluzione più culturale che tecnologica. Quindi molto più decisiva.

GABRIELE PERSI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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