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La task force per il sociale di Cameron, un modello da seguire

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Gli ultimi dati disponibili sulle povertà in Italia, trasmettono un quadro desolante. Oltre 9 milioni di persone vivono oggi in povertà relativa, mentre quasi 5 milioni in povertà assoluta. La percentuale di famiglie in stato di indigenza è in costante aumento. In sostanza, un pezzo del Paese è progressivamente scivolato verso il basso, proprio nel momento in cui sono venute meno le politiche di coesione sociale.

Le realtà che quotidianamente affrontano il disagio e l’esclusione, come la Caritas o Libera, da tempo ci segnalano la drammaticità in cui sopravvivono centinaia di migliaia di famiglie. La spirale, innescata dalla crisi, bassa crescita e riduzione delle spesa pubblica sta lasciando dietro di sé milioni di persone, non solo in Italia, Spagna, Grecia e Portogallo.

Nell’Unione Europea, ci sono 84 milioni di persone in difficoltà, in sostanza 1 europeo ogni 6 vive in povertà, 7 milioni di persone vivono oggi in Europa con meno di 5 euro al giorno.

Le reti di protezione, già duramente provate da politiche di austerità poco lungimiranti, rischiano di saltare, erodendo alla base il modello sociale europeo. Sappiamo bene che la strada della spesa pubblica è sbarrata dal fardello del deficit sempre più pesante. Quale spazio abbiamo, dunque, per evitare che in pochi anni si spenga il nostro welfare? Un vecchio adagio popolare ci ricorda che abbandonare la strada vecchia per la nuova è sempre rischioso, perché si conosce ciò che si lascia e non ciò che si trova. Ma giunti all’esaurimento di un modo di costruire politiche di inclusione, non è forse il momento di farsi coraggio e percorrere una strada nuova?

Pezzi del sociale, in Europa e in Italia, vogliono fortemente andare in questa direzione.

L’Unione Europea stessa, non proprio un modello di solerzia, ci sollecita a sperimentare e innovare i modelli di inclusione. L’innovazione, però, non può essere un processo astratto, basta guardarci attorno per vedere tutte le forme di costruzione di sociale che si strutturano, a partire dalle trasformazione dei bisogni individuali e collettivi. Quando penso all’innovazione, mi vengono in mente le tante risposte che i territori stanno dando alla crisi, ai meccanismi di “nuova cooperazione”, dall’abitare al lavorare, tra gli individui, oppure alle nuove mutualità. A modelli autenticamente sussidiari, capaci di offrire soluzioni efficaci laddove non riescono ad arrivare i servizi pubblici, che non hanno solo il limite di risorse sempre più esigue, ma spesso l’assenza di strumenti in grado di capire i cambiamenti.

Per questo, penso che sia davvero necessario che gli innovatori facciano sentire la propria voce alle istituzioni. Abbiamo necessità di un ambiente davvero favorevole all’innovazione sociale e questo è il ruolo della politica. Senza il prezioso contributo del governo, prima laburista e poi conservatore, oggi l’Inghilterra non sarebbe un modello di riferimento su questi temi. L’azione delle istituzioni è stata, in quel contesto, determinante per sperimentare nuovi modelli di inclusione. La nascita dei Social Impact Bond è, a riguardo, estremamente eloquente. Non si tratta, dunque, di scelte episodiche. Al contrario, questi sono temi strategici tanto che il Premier Cameron, in occasione della presidenza inglese del G8, ha deciso di dar vita ad una task force sugli investimenti sociali, coordinata da Sir Ronald Cohen.

L’istituzione della taskforce era stata annunciata durante il preparatory meeting del G8 di Londra, lo scorso 6 giugno. Sono davvero lieta di far parte, su invito del governo inglese, della task force perché credo che in questo momento di crisi dei paesi avanzati sia fondamentale misurarsi con queste sfide epocali. Per la prima volta una task force internazionale, con rappresentanti dei governi ed esperti del settore, lavorerà per promuovere un cambiamento globale orientato alla finanza sociale, cercando di stimolare l’emersione di un nuovo mercato.

La finanza sociale è frutto di una storia d’innovazione che parte da lontano. In ogni sua declinazione, ha sempre cercato di creare un ponte tra risorse e necessità, rispondendo alle emergenze di carattere sociali più pressanti. Proprio per questo, il secondo Annual Meeting di Uman Foundation, che si terrà a Roma il prossimo 8 di ottobre, sarà dedicato a questi temi, nella speranza che, anche qui, si apra presto lo spazio dell’innovazione.

GIOVANNA MELANDRI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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