La vera anima della Maker Faire Rome nell’anno in cui diventa grande

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E’ la settimana di Maker Faire. La settimana che abbiamo atteso per un anno. Un anno di lavoro, progetti, sogni, problemi da risolvere. Una marea di problemi da risolvere. Per esempio: come faremo a portare un robot di due metri nell’Aula Magna dell’università? E se piove come voleranno i droni? E lo troviamo in extremis uno spazietto per quella startup romana che ha appena finito un prototipo fighissimo? Dobbiamo, certo. In qualche modo tutto si aggiusta.

Mentre l’evento diventa sempre più grande, rilevante. E ti chiamano da tutte le radio e i giornali per chiederti non più “chi sono questi makers”, perché ormai lo hanno capito anche i sassi dopo quattro anni che ne parliamo, ma per sapere che ci sarà in mostra alla Sapienza nei tre giorni più importanti dell’anno per l’innovazione che piace a noi.

Quella dal basso, quella fatta nei garage e nelle camere da letto degli studenti, quella che diverte, che strappa un sorriso, ma soprattutto quella che risolve un probema serio, migliora la vita degli altri e in qualche caso diventa una impresa vera, posti di lavoro e fatturato.

MAKER FAIRE, LA VIA ITALIANA ALL’INNOVAZIONE

Si sono accreditate le tv di mezzo mondo, lo sai? mi dicono dal quartier generale di Asset Camera, in via di Capitan Bavastro, dove da giorni le luci non si spengono mai. Ci sono decine di ragazzi e non più ragazzi che lavorano giorno e notte perché sia tutto perfetto venerdì. Non lo sarà perfetto non lo è mai, ma io voglio qui, ora, ringraziarli tutti, uno per uno, perché ci hanno messo l’anima.

Ci “abbiamo” messo l’anima in questi anni per far sì che questa cosa crescesse e per creare il luogo, non solo fisico, ma immaginario, dove metterla in scena. Rappresentare la via italiana all’innovazione dandole un significato: questa è in fondo la Maker Faire di Roma.

E questa terza edizione sarà molto diversa dalle precedenti: non solo più grande, ma diversa e secondo noi migliore perché frutto di una cosa che quelli bravi chiamano “progettazione partecipata”.

Altro che progetto calato dall’alto al servizio delle grandi multinazionali: semmai è il contrario, sono le multinazionali a Roma che si mettono al servizio dei makers. Intel è migliorata da quando collabora con Arduino, Microsoft è tornata in pista da quando dialoga con le comunità open source, Google mostra il suo volto migliore quando si mette al servizio delle passioni scientifiche dei più giovani.

Questa è la vera anima della Maker Faire di Roma. Questo è il risultato di un progetto nato dalla partecipazione di tutti.

UN EVENTO DOVE TUTTI SONO PROTAGONISTI

Un anno fa infatti abbiamo iniziato a vederci con tutte le realtà o quasi che fanno innovazione a Roma: tutti seduti in cerchio a cercare di rispondere alla domanda “come possiamo farla meglio? Cosa possiamo cambiare? In che modo può diventare strategica per la nostra città?”. Insomma, come fare di Roma davvero una capitale europea dell’innovazione. I numeri sono dalla nostra parte: con il Web Summit di Dublino che trasloca, LeWeb di Parigi che si ferma un turno solo il Mobile World Congress di Barcellona è nettamente avanti. Ma quello che Maker Faire Rome è diventata in appena tre anni è incredibile. Il bilancio come è giusto si farà solo alla fine e dipenderà anche da una serie di fattori che in fondo sono fuori dal nostro controllo: la pioggia per esempio, sarà battente o ci darà tregua? O una invenzione geniale che stupisce il mondo. O un corteo di pochi che prova a rovinare la festa di tutti.

Il bilancio finale si farà alla fine ma intanto faccio un applauso a tutti quelli che ci hanno lavorato, che ci hanno creduto, che ci hanno sostenuto.

Un applauso anche a quelli che si stanno mettendo in macchina, o in treno, o hanno affittato un camper per non mancare. Ho mentito quando ho detto che alcune cose, come la pioggia, non dipendono da noi: stiamo lavorando anche per quello. Per esempio abbiamo dovuto trovare in fretta un’altra location per l’anteprima di giovedì pomeriggio dedicata agli innovatori romani. Impossibile allestire ai Fori Imperiali sotto il diluvio delle prossime ore. Made in Rome non si farà più ai Mercati Traienei ma all’Antica Dogana dello Scalo San Lorenzo, una struttura dal fascino post industriale incredibile. Forse persino migliore per sentire tutto il calore, l’energia, la passione di questo movimento che in tre anni è cresciuto tanto e non vuol fermarsi più.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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Scritto da chef

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