La vita straordinaria di Ibelin: un viaggio tra reale e virtuale
I videogiochi sono spesso considerati semplici distrazioni, ma la realtà è ben diversa. La vita straordinaria di Ibelin, un documentario diretto da Benjamin Ree, ci invita a riflettere su come i mondi virtuali possano offrire opportunità uniche di connessione e crescita personale. Attraverso la storia di Mats Steen, un giovane norvegese affetto da distrofia muscolare di Duchenne, il film esplora il confine tra vita reale e digitale, rivelando un’esistenza ricca di emozioni e relazioni autentiche.
Un’esistenza tra due mondi
Mats Steen, conosciuto nel mondo di World of Warcraft come Ibelin, ha vissuto una vita segnata da sfide fisiche, ma ha trovato rifugio e libertà nel suo avatar. A soli venticinque anni, Mats è scomparso, ma la sua eredità vive attraverso le storie dei suoi amici virtuali.
Il documentario si apre con le testimonianze dei familiari, che raccontano la vita quotidiana di Mats, preparando il terreno per un racconto che si sposterà nel suo mondo digitale.
La comunità di Starlight
Il film ci porta all’interno della gilda Starlight, dove Mats ha forgiato legami profondi e significativi. Attraverso interviste e animazioni in-game, emerge un affresco toccante della vita di Ibelin, che ha trovato una comunità affettuosa e sincera. Le conversazioni tra Mats e i suoi compagni di avventure, custodite in un vasto archivio online, rivelano non solo la trama delle loro interazioni, ma anche le emozioni che animano i personaggi. “Non è uno schermo. È una porta verso qualunque luogo desideri il tuo cuore”, scrisse Mats nel suo blog, sottolineando l’importanza di queste connessioni.
Impatto e eredità
Le interviste con i membri della comunità di Starlight rivelano come Ibelin abbia influenzato profondamente le vite di chi lo circondava. Lisette Roovers e Xenia-Anni Nielsen, due giocatrici che hanno conosciuto Mats, condividono come la sua presenza abbia contribuito a superare momenti difficili nelle loro vite. La storia di Mats non è solo quella di un ragazzo malato, ma di un giovane che ha saputo costruire relazioni significative e autentiche attraverso il gioco, dimostrando che l’empatia e la connessione possono prosperare anche nei luoghi più inaspettati.