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#LaBuonaScuola di quei bimbi che hanno detto “tutti o nessuno” e rinunciato alla gita

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Ci sono simboli, nomi, cose che se un bambino incontra nei primi 10-12 anni di vita se li porterà dentro per sempre. Ricordo che quando ero piccolo mi incuriosivano molto i nomi delle vie, delle scuole, degli ospedali, delle chiese. Non avevo Wikipedia, né Google, quindi per saperne qualcosa in più su tutti quei nomi chiedevo ai miei genitori o alle maestre, consultavo un’enciclopedia e quando non trovavo nulla (neanche in biblioteca) quei nomi restavano come punti interrogativi enormi e pesanti sulla mia schiena, in attesa di essere lasciati per strada. Però quelle storie che ho trovato e conosciuto (anche dopo) me le porto ancora dentro, sono parte di me.

Sono convinto che è la stessa curiosità dei bambini di Rovito e di Trenta, due piccoli paesini in provincia di Cosenza che insieme non raggiungono seimila anime.

Di recente loro scuole (sette plessi tra materna, elementari e medie, distribuiti in 10 km di territorio) sono state riunite nell’Istituto comprensivo “Tommaso Cornelio”. Quel Tommaso Cornelio di Rovito, metà filosofo e metà matematico, medico e grande innovatore del ‘600, “ribelle” in quanto antiaristotelico, oggi ritenuto tra i padri fondatori – con la sua Accademia degli Investigatori che tanto piaceva agli inglesi della Royal Society – del pensiero scientifico moderno.

Chissà quanti bambini di quella scuola si saranno fatti la domanda “ma chi era questo Tommaso Cornelio?”. Lo avranno chiesto ai loro insegnanti, a casa, magari lo avranno googlato, consultato la sua voce sulla Treccani online e su Wikipedia.

E c’è tanto dello spirito anticonformista di Tommaso Cornelio nel grande gesto di solidarietà e fratellanza che questi bimbi hanno fatto lo scorso venerdì.

Dovevano andare in gita a Lecce. Tutto programmato. Un solo pullman, perché le quattro classi delle elementari in partenza erano composte da poche decine di alunni ciascuna. Ma il viaggio è durato pochi chilometri. Giunto da Rovito nella frazione Morelli di Trenta, il pullman non proseguirà la sua corsa. C’era lì ad attenderli Gabriele, un bimbo disabile, ma nonostante la preside e le insegnanti lo avessero richiesto espressamente alla società di autoservizi, il pullman di quella gita non era provvisto di pedana per l’accesso con la carrozzina.

Era già successo, e in altre occasioni, con molti sforzi, è stato possibile fare salire il bimbo a bordo di un bus. Questa volta ci hanno provato in tutti i modi, i genitori e le insegnanti di quel bambino, ma niente: sarebbe stato impossibile proseguire con il viaggio fino a Lecce, quindi la scelta dei genitori di Gabriele di farlo rinunciare alla gita.

In pochi minuti succede quello che non ti aspetti.“Se non parte Gabriele non parto neanche io”. “Neanche io….. neanche io……. Neanche io….”.

Sono le tredici piccole voci dei compagni di classe, alle quali, tra lo stupore e la commozione delle insegnanti e dei genitori, si sono aggiunte presto quelle di tutti i 48 piccoli viaggiatori.O tutti o nessuno.

IN TUTTA LA PROVINCIA DI COSENZA NON C’E’ UN PULLMAN ADATTO

La dirigente scolastica del Cornelio, Filomena Lanzone, è certamente orgogliosa dei suoi piccoli alunni, ma non nasconde tutto il suo rammarico: “in tutta la provincia di Cosenza non ci sono pullman a lunga percorrenza dotati della pedana”, racconta alla Gazzetta del Sud, rassicurando però che “il viaggio non è stato annullato, ma solo rinviato in attesa di risolvere il problema”.

TUTTO IL MONDO E’ PAESE

Quello delle barriere architettoniche non è solo un problema dell’entroterra calabrese. Secondo un recente dossier dell’Unitalsi, il 40% delle famiglie romane preferisce non fare uscire il proprio figlio disabile e fargli frequentare solo ambienti familiari. Mentre il 20% affronta le barriere architettoniche e la mancanza di servizi. I dati racconti si basano su un campione significativo di 1.500 famiglie romane con bambini disabili (di età compresa tra 0 e 16 anni) che si sono rivolte allo sportello Unitalsi. Lo stesso rapporto evidenzia che nei parchi pubblici non esiste nessun gioco accessibile ad un bambino disabile o strutture dedicate.

I NUMERI

In Italia gli studenti disabili sono oltre 215mila (dati Miur), molti dei quali vivono con grandi difficoltà la propria vita scolastica anche a causa delle barriere architettoniche.

L’ultima indagine Istat sulla disabilità risale al 2010 e l’unico paragrafo in cui si parla di bambini fa riferimento alle barriere architettoniche nelle scuole italiane (il Miur ha anche elaborato delle linee guida per la gestione degli alunni con disabilità).

I bambini con disabilità hanno diritto ai propri spazi anche fuori dalla scuola, ma, come denuncia l’Unicef nel rapporto “Bambini e disabilità” del 2013, sembrano questi bambini proprio non esistere per le statistiche ufficiali: troppo pochi sono i dati, troppo poco aggiornati e disomogenei. Mentre secondo il rapporto del Ministero dell’Istruzione, solo un alunno su due partecipa alle attività extra-scolastiche e solo il 15% ai campi-scuola.

Per colpa dell’assenza di politiche per l’accessibilità questi bambini non solo perdono il diritto all’istruzione ma anche quello al gioco e alla socialità.

IL DIRITTO AL GIOCO

Secondo il blog “Parchi per tutti” in Italia i parchi giochi accessibili e inclusivi sono una vera rarità. Sì, ci sono un po’ dappertutto parchi o aree giochi con altalene accessibili, ma non possiamo parlare di spazi progettati per essere davvero “inclusivi” oltre che accessibili.

Il comune di Jesolo è stato il primo in Italia a progettare un parco giochi 100% handicap friendly, e ha anche pubblicato sul proprio sito le “Linee guida per costruire parchi giochi accessibili”. Altri parchi, per lo più realizzati e/o gestiti da associazioni, si trovano sparsi qua e là per l’Italia. Ma stiamo parlando di alcune decine.

Lo so, questi non sono dati, sono pugni nello stomaco. Ma non c’è da riflettere, c’è da fare e fare presto.

Questo post avrà un senso solo e soltanto se prima ancora della politica noi, soprattutto chi fa impresa e social innovation, riusciremo a trovare cosa dire e cosa fare per dare a questi bambini il loro diritto di studiare, vivere e giocare in città, luoghi e sistemi di mobilità davvero accessibili.

E troviamo subito un pullman adatto a fare andare in gita questi meravigliosi bambini calabresi. Tutti insieme.

ALDO V. PECORA

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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