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Le 10 paranoie italiane sull’innovazion

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Parliamo tutti spesso di innovazione (molte volte senza una reale cognizione o fuori dal contesto), ma non dimentichiamoci che una componente importante del fare innovazione è trovare porte chiuse, rifiuti, derisioni. Fare innovazione non è una attività simpatica e accomodante: bisogna sperimentare, investire, andare contro le idee comuni e affermate. Non ci sono moduli da firmare o vestiti carini da mettersi per avere automaticamente una innovazione.

Spesso, inoltre, siamo noi stessi a porre dei limiti a possibili innovazioni (sia nello sviluppo che nell’utilizzo), anche inconsciamente. Non sono sicuramente un innovatore, ma nel mio piccolo ho tentato per anni (dal 2005!) di creare contesti se non altro di discussione di temi ora (quasi) affermati come Open Design e FabLab, ma che per anni erano ignorati, osteggiati, non conosciuti o non compresi.

Quindi ho avuto l’opportunità di raccogliere per tempo critiche, reazioni ma spesso più che altro vere e proprie paranoie che limitano la possibilità di sviluppare o adottare un prodotto, iniziativa o strategia nuovi.

Paranoie che spesso abbiamo solo noi, e che non ho visto all’estero. Perché è vero che ci sono troppe tasse, leggi, costi, ma spesso siamo i primi a chiedere certificazioni, norme e vincoli per essere sicuri di fare il compitino per bene. Perché spesso siamo i primi ad auto-censurarci e a lavorare per l’auto-perpetuarsi delle condizioni che ci impediscono di pensare oltre. Non che non esistano problemi, non che non sia necessario pensare alla sicurezza, ma perché spesso quando si sviluppa qualcosa di nuovo si entra in un territorio non ancora regolamentato dove bisogna provare, sperimentare, e vedere cosa funziona e dove vedere se sono necessarie leggi, norme e certificazioni.

Quando parliamo di una innovazione, spesso é talmente nuova che le leggi esistenti non si applicano se non in parte. Spesso abbiamo paura delle conseguenze (che giustamente dobbiamo considerare) ma a tal punto da bloccarci e non andare avanti. Se fosse tutto giá prescritto e regolamentato, non sarebbe una innovazione. Spesso bisogna provare, mettersi in rete con gli altri esperimenti simili, capire assieme se bisogna protestare contro alcune leggi o proporne di altre.

Sicuramente però non si parte dalle carte e dalla burocrazia per fare innovazione. Spesso c’é anche poca fiducia verso il nuovo e il domani. Aggiungiamo poi che se le proposte arrivano dai giovani, é anche peggio. Quante volte infine si fa della retorica di una innovazione fatta comunque (senza magari investire) quotidianamente o giá fatta a sufficienza nel passato?

Per cui, seguendo le miei origin liguri, ho lanciato una discussione su Facebook, anzi un vero e proprio mugugno del venerdí che é risultato essere molto popolare, anzi ho ricevuto un notevole aiuto nel completare la lista, che ha raggiunto i 20 elementi.

Ho poi lavorato ad accorpare gli elementi per tematiche, sino ad avere le 10 paranoie più comuni che ci facciamo soprattutto (se non solo) in Italia all’ora di dover sviluppare o adottare qualcosa di nuovo. Eccole qua:

  1. Non è a norma / Con l’assicurazione come fate? / E l’assistenza chi la fa? / I danni chi li paga?
  2. Non è legale / Ci vuole la licenza / Che leggi devo seguire? / Che documenti devo riempire?
  3. Lo brevetti e ci fai i soldi
  4. Sí, ma c’é la crisi
  5. Se nessuno l’ha fatto finora un motivo ci sarà
  6. Noi facciamo giá innovazione ogni giorno / È giá stato fatto tempo fa / Esiste giá e si chiama distretto industriale
  7. Sí, ma tanto fra un pó lo fa la grande impresa X / Appena lo fai, i cinesi lo copiano
  8. Io comunque lo faccio meglio / Io lo farei anche, se mi dessero i soldi / Ma come adesso per guadagnare il pane devo pure investire in ricerca?
  9. X anni fa era molto più facile
  10. Sí, ma ci sono da pagare le tasse ed i costi

Questo elenco non sarebbe stato possibile senza il prezioso aiuto di (in ordine di apparizione sullo schermo): Marco Bocola, Alessandro Nasini, Giacomo Falaschi, Walter Villa, Leonardo Zaccone, Domenico di Milano, Stefano Solombrino, Damiano Venturin, Giuseppe Liuzzi, Enrico Bassi, Vincenzo Antedoro.

19 Luglio 2014MASSIMO MENICHINELLI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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