Subito dopo la pubblicazione dei dati Svimez sul declino del mezzogiorno, precisamente alle 8:18 del 31 luglio, Riccardo Luna mi invia questo messaggio su Facebook: “ma post sui nuovi dati brutti del Sud?”Da quel momento iniziamo a scriverci moltissimi messaggi e scorrendo quelle righe, oggi, dopo un mese, rivedo come è nato #ilsudsiamonoi. Una risposta a quei dati tremendi, che parte da un editoriale di Riccardo e continua con altri venti, scritti da persone che, a vario titolo, hanno a che fare con la “questione meridionale”.
Questa risposta è nata ad agosto, proprio il momento in cui ci si riposa e si prende una pausa ma, nonostante questo, venti persone hanno sentito il bisogno di dare il loro contributo, che si aggiunge a tante altre prese di posizione, generate da quei dati.
Io dovevo scrivere uno dei primi post, ma trovo la voglia e il coraggio di farlo solo adesso, dopo averli letti tutti, dopo essere stato fuori dall’Italia per tutto il mese. E, rientrato oggi, sento il bisogno di dire la mia, da qui, dal profondo sud.Questa volta però non voglio entrare nel merito della questione, perché, rileggendo tutti i contributi c’è già scritto tutto quello che si può dire sul Mezzogiorno. Tutto il positivo ma anche, lucidamente, tutte le problematiche e le criticità.
Voglio solo aggiungere che, a mio parere, non sono importanti le ragioni per cui si resta nel mezzogiorno e probabilmente nemmeno quelle per cui si fanno le cose, al sud e per il sud. Che sia per coraggio o codardia, per spirito di servizio o per opportunità, la cosa realmente importante sono i risultati, piccoli o grandi che siano.
Ci sono infatti diversi modi per essere utili al proprio territorio, in questo caso al sud, e secondo me questi questi tre sono i più frequenti.
Ci sono quelli che fanno le cose, anche le più semplici, e hanno voglia di condividerle il più possibili, per informare gli altri e cercare aiuto e supporto. Per intenderci è quello che faccio anche io di solito ed è anche lo spirito dell’iniziativa #ilsudsiamonoi.
Poi ci sono quelli che fanno le cose ma non lo dicono, restano preziosi contributi alla causa, sconosciuti a tutti tranne per che per i diretti beneficiari.
Il terzo modo è non fare apparentemente nulla di rilevante per le comunità del sud, ma in realtà è un contributo prezioso: ovvero fare bene il proprio lavoro, qualsiasi esso sia, rispettando le regole, con impegno e determinazione, nonostante le difficoltà.
E in uno di questi modi, possono gli innovatori fermare il declino? Per lo più in costante crisi demografica del mezzogiorno e con i migliori ‘cervelli’ che fuggono via?
La mia risposta è sì. Possono dare un grande contributo ma non possono farlo da soli.
C’è solo bisogno di aumentare in quantità e qualità le storie positive che spesso raccontiamo, affinché producano risultati ancora migliori e c’è soprattutto bisogno di trovare nuovi alleati, di tenere costantemente vivo il dibattito, di far scendere in campo sempre più persone e coinvolgere sempre di più le classi dirigente, diventandone attivamente parte, se e quando serve.Questo devono fare le comunità del sud e credo che in buona parte lo stiano facendo.
E qual è allora il risultato di questo piccolo progetto editoriale? Se siamo riusciti a farvi venire voglia di mettere mano ad una delle mille cose ancora da fare, in qualsiasi modo e a qualsiasi livello, e la vostra azione produrrà anche un solo piccolo risultato, allora #ilsudsiamonoi avrà avuto un senso.
ANTONIO PERDICHIZZI*
* siciliano, imprenditore e Vicepresidente nazionale di Italia Startup