La notizia ha fatto in pochi minuti il giro del web.
Non capita tutti i giorni, infatti, che la terza più alta carica dello Stato evochi lo spettro di un’anarchia sul web che non c’è ed evochi, per porvi rimedio, l’esigenza di nuove ed urgenti leggi speciali che, ovviamente, non servono giacché ognuna delle condotte deprecabili alle quali l’On. Boldrini si riferisce nell’intervista, sono già previste dalla legge come reato.
È, invece, più raro che dichiarazioni di questo tipo, per un curioso scherzo del destino, cadano, proprio nella giornata europea della libertà di espressione e proprio mentre l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea ricorda che “La libertà di espressione deve essere difesa sia nell’ambito dei mezzi d’informazione tradizionali sia su Internet” e comunica che “l’ UE continuerà a promuovere la libertà di espressione online e offline, non da ultimo poiché le nuove tecnologie dell’informazione possono svolgere un ruolo fondamentale per la promozione dei diritti umani e della democrazia”.
Un tiro mancino del calendario e, forse, un colpo di sfortuna della neo-Presidente della Camera dei Deputati che, tuttavia, evidenziano la distanza siderale che, purtroppo, continua a separare il nostro Paese e le nostre istituzioni dal resto del mondo.
Cambiano i Governi, si rinnovano i Parlamenti ed i vertici delle Istituzioni ma l’Italia sembra inesorabilmente condannata a rimanere un’isola – più che una penisola – a galla nel passato mentre il mondo muove, vento – quello del progresso – in poppa verso il futuro.
Ed è esattamente questa la ragione per la quale le dichiarazioni dell’On. Boldrini sono,oltre che giuridicamente sbagliate – il che è di per sé grave, provenendo dallo scranno più alto di Montecitorio – politicamente e socialmente pericolose.
La Presidente della Camera, infatti, si pone in perfetta linea di continuità rispetto a quell’impostazione politica, ben nota alla storia moderna del web italiano, secondo la quale l’attuale sistema normativo sarebbe inefficace per la repressione degli illeciti sul web e, quindi, con l’alibi del rischio di anarchia, propugna l’esigenza di leggi speciali, probabilmente, da corte marziale in tempo di guerra, per sedare ogni focolaio telematico di violenza.
È un’importazione mentale che muove da un errore concettuale di fondo: quello di confondere il mezzo – il web appunto – con la condotta perpetrata attraverso il web.
I fatti e gli episodi gravi ed esecrabili che inducono la Presidente della Camera a prendersela con il Web, infatti, avrebbero dovuto semmai rappresentare un’occasione di riflessione per il clima sociale evidentemente preoccupante che cova sotto le ceneri di un Paese frustrato da una politica che, purtroppo, per anni, ha trascurato o, addirittura, fatto carne da macello dei più elementari diritti civili.
Il web – attraverso le manifestazioni violente e condannabili che giustamente preoccupano l’On. Boldrini – racconta, appunto, questo drammatico universo sommerso.
Invocare nuove leggi speciali per la repressione degli illeciti sul web significa, però, non aver compreso il fenomeno e non aver capito la drammaticità del momento sociopolitico che stiamo vivendo.
Se, anche domani, la Presidente della Camera dei Deputati riuscisse – attraverso un’alchmia giuridica la cui formula è difficile persino immaginare – a ridurre al silenzio il web, non avrebbe risolto assolutamente nulla.
I focolai di violenza, i carboni ardenti di odio razziale o sessista, continuerebbero a covare come brace sotto la cenere, pronti ad incendiarsi, non importa dove – in una piazza, in una scuola o in un centro di accoglienza per immigrati – alla prima scintilla.
Il web è, infatti, solo la cartina di tornasole di tutto questo.
Non è il web il male da curare e sconfiggere. Il web è, probabilmente, al contrario, la cura perché può essere strumento insostituibile di alfabetizzazione, cultura, dialogo e confronto.
Non bisogna chiudere il web o ridurre al silenzio i “facinorosi telematici” ma confrontarsi con loro attraverso il web, utilizzando le leggi e gli strumenti di repressione degli illeciti che già ci sono e che vanno benissimo anche per i reati commessi online.
Certo la giustizia, in Italia è lenta e le forze dell’ordine lamentano spesso di avere pochi mezzi ed armi spuntate ma questo, sfortunatamente, non è vero solo quando si parla di web.
Quando riusciremo a celebrare un giusto processo con eguali garanzie di difesa per gli imputati nella metà della metà del tempo che ci vuole oggi ed ad assicurare alla giustizia un criminale – che abbia rapinato una banca a mano armata o che abbia insultato qualcuno online – in modo più efficace saremo un Paese migliore ed il web ci racconterà di un Paese migliore.
Fino ad allora, però, bisognerebbe smetterla di farsi scudo dell’alibi dell’anarchia online per invocare forme di giustizia sommaria – e non forme di giustizia più giuste – solo quando si parla di Internet.
GUIDO SCORZA