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Le novità 2013 di Mind The Bridge

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Negli ultimi mesi ci avete visto lavorare un po’ sotto traccia; a tal proposito,alcuni ci hanno segnalato che non fosse chiaro cosa stessimo facendo esattamente. Con l’inizio del nuovo anno è arrivato anche il tempo di fare il punto su quanto costruito e soprattutto fornire delle indicazioni sulla direzione in cui la fondazione Mind the Bridge si sta muovendo.

Prima di tutto un passo indietro. Mind the Bridge nasce a San Francisco nel 2007 dalla volontà di Marco Marinucci di restituire qualcosa – lo spirito del “give back” – al paese che lo aveva educato e gli aveva dato la possibilità di costruirsi una propria strada all’estero. In che modo? Cercando di ispirare una nuova generazione di imprenditori italiani e mettendo al loro servizio le esperienze di chi aveva avuto successo in Silicon Valley.

Cinque anni dopo, attraverso le Business Plan Competition, i Venture Camp, i Boot Camp, gli Italian Innovation Day, le tappe del Mind the Bridge Italy Tour, la Startup School, possiamo dire – con un po’ di orgoglio – che abbiamo contributo a creare in Italia un ecosistema di startup che è – come avevo segnalato in un mio post a ottobre – pronto a fare il grande salto.

In Italia, oggi, si respira infatti un’aria diversa per i giovani che vogliono provare a innovare e a mettersi in gioco. La parola “startup” è diventata di uso comune ed è sempre più diffusamente usata sui giornali e nelle agende di governo. Nel contempo, l’idea di “crearsi un proprio lavoro” è sempre più considerata come una sfida affascinante e “fare impresa” come sintesi positiva di energia creativa e di voglia di fare.

Non per suonare immodesti, ma credo che gli obiettivi che ci eravamo dati cinque anni fa siano stati raggiunti. Ma la nostra missione non è compiuta. Con Marco, in questi anni, ci siamo detti tante volte che alla fine la misura della bontà del nostro lavoro sarebbe stata inequivocabilmente data dal numero di casi di successo creati. Attraverso il lavoro fatto negli scorsi anni abbiamo aiutato tante startup a emergere e a mettersi nelle condizioni di fare il grande salto. Abbiamo visto molte buone idee perdersi per strada, perché non eravamo nelle condizioni di supportarle in modo più incisivo, ossia attraverso capitali. Questo è il motivo per cui abbiamo deciso di aggiungere un fondo di seed alle nostre attività.

Mind the Seed (MTS) è un fondo di seed venture con base negli Stati Uniti che si propone di investire nelle migliori startup che passano attraverso i diversi programmi di Mind the Bridge.

MTS si propone di essere il primo investitore istituzionale nelle startup (coerentemente con la sua natura di seed fund). Attraverso MTS (e il programma di accelerazione a San Francisco) contribuiamo fattivamente (e ci allineiamo) al successo delle nostre startup perché il loro successo è la nostra ragione d’essere.

Abbiamo trovato tanti investitori (tanti anche in Italia) che hanno creduto nella sfida di un fondo che desse vita ad una nuova generazione di imprenditori italiani. Però, come ogni VC fund, MTS deve generare ritorni per gli investitori. Quindi, mentre le attività di Mind the Bridge rimangono rigorosamente non-profit, Mind the Seed sarà gestito professionalmente con questo obiettivo: creare valore per gli investitori che passa attraverso la creazione di storie di successo (che alla fine si misurano con le “exit”).

L’altra grande novità che il 2013 porta a Mind the Bridge è la sua espansione internazionale.

Da molti Paesi ci è arrivata la richiesta di replicare il modello di Mind the Bridge. E crediamo che l’esperienza fatta in Italia in questi ultimi cinque anni possa essere di utilità per altri Paesi che vertono in condizioni simili. La nostra scelta è quella di focalizzarci sull’area mediterranea, in paesi come Spagna, Portogallo e Grecia che, non diversamente dal nostro Paese, stanno vivendo una fase di difficoltà. Perché?

1) Perché i momenti di crisi economica storicamente sono quelli più fertili per l’avvio di nuove imprese innovative: “clarity comes from scarcity”, citando Larry Page.

2) Perché vogliamo che le nostre migliori startup si confrontino fin da subito in un ambiente internazionale: di qui la decisione di aprire il nostro programma di accelerazione che abbiamo a One Market, San Francisco, a startup non solo italiane.

3) Perché in Silicon Valley abbondano capitali ma scarseggiano talenti e i costi per professionisti con background tecnico (ingegneri, ricercatori, sviluppatori,…) stanno andando alle stelle. L’area mediterranea è ricca di competenze tecniche di alto livello, con costi competitivi. C’è quindi una opportunità per startups che facciano leva su questo bacino di competenze.

Il nostro fine ultimo è quello di lanciare “globally-minded companies” che abbiamo un centro in Silicon Valley (business, strategia e marketing) ma tengano R&D, laboratori e sviluppo in Europa.

Crediamo che questo approccio sia la strada maestra per creare storie imprenditoriali di successo e conservare, allo stesso tempo, crescita e occupazione nei paesi di gemmazione Nessuna chiusura, ma neanche “drain” di risorse ed opportunità.

Oggi, altri programmi di accelerazione di successo, come YCombinator e 500Startups, stanno cercando di aprirsi alla ricerca di talenti fuori dagli Stati Uniti. Al riguardo crediamo di avere un forte vantaggio competitivo che deriva dalla esperienza che abbiamo accumulato in questi anni nell’individuare talenti in Italia da portare negli USA. Questo è il motivo per cui il nostro programma di accelerazione (oltre a una business language school, perchè un inglese povero riduce le opportunità di successo) prevede supporto per l’incorporazione della società negli Stati Uniti e la gestione ottimale dell’IP, l’ottenimento del visto e 1:1 dedicated mentors al fine di rendere l’arrivo in Silicon Valley il più efficace e meno dispersivo possibile.

Pertanto il ponte di Mind the Bridge cambia, allargandosi e aggiungendo un po’ di rampe di accesso. Se da un lato c’è sempre la Silicon Valley, dall’altro, accanto all’Italia (che è e rimane la corsia principale) abbiamo aggiunto altre rampe per accogliere talenti dall’intero mediterraneo. Il tutto con un fondo dedicato ad accelerare la velocità di scorrimento.

“Perché cambiare?”, in molti ci hanno già chiesto. Perché vogliamo ostinatamente creare storie di successo e perché siamo convinti che non si possa lavorare con chi innova rimanendo uguali a se stessi. Ad maiora.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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Scritto da chef

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