L’equazione di Dirac e la formula dell’amore

scienze

Tra i grandi fisici del XX secolo, nelle prime posizioni della mia personalissima classifica, metto Paul Dirac. Il soprannome per lui, dopo aver letto la sua grande biografia (scritta da Helge Kragh nel 1990, Cambridge University Press) è ‘il più lento di tutti’.

Aveva questa caratteristica, Dirac, affrontava tutte le questioni della vita (sia legate alla sua attività di fisico, sia la sua passione per la matematica, sia la vita di tutti i giorni, e quindi gli amori o le infatuazioni o le faccende più comuni) con estrema calma, prendendosi tutto il tempo che gli serviva, con estrema lentezza.

Gli innovatori di oggi, che viaggiano rapidi con gli avvenimenti che scorrono paralleli alle loro vite, e con il web, da cui sono inghiottiti quotidianamente, sempre in preda ad inseguire gli eventi, hanno molto da imparare da Paul Dirac.

L’uso della testa, per lui, era indispensabile per ogni cosa: ma non si buttava via, e non tirava via niente. Tutto quello che lo faceva, lo portava a termine con estrema dedizione, e sempre presente a se stesso.

Per dire: se gli commissionavano un problema matematico da risolvere, la prima cosa che diceva era ‘devo prendermi del tempo per pensarci, poi le chiederò la scadenza entro quando lo vuole’. Ma se qualcuno gli dava fretta, e voleva da lui una reazione, se qualcuno anche lo provocava, o cercava di fargli saltare i nervi, le sue risposte (come racconta Paul Ehrenfest nel suo libro) erano sempre di tre tipi: ‘no’, ‘si’, ‘non lo so’.

Dunque, Dirac era inglese, e aveva quel modo di fare inglese, la faccia da inglese, esattamente come uno si aspetta di trovarsi davanti un inglese insomma.

Stiloso, elegante, cortese, formale, di buona educazione, una gentilezza come non si vede più.

Nobel nel 1933, è tra i fondatori della fisica quantistica, e nella foto che io racconto nel mio spettacolo teatrale “Monologo quantistico” (tutte le info sul mio sito www.greisonanatomy.it, compreso un nuovo trailer da urlo!), dicevo: nella famosa foto del 1927 lui sta in seconda fila, tra Einstein e Lorentz.

Dirac e l’amicizia con Fermi e Einstein

E fu proprio Einstein ad averlo voluto lì, perché con lui si fermava spesso a parlare, gli piacevano le sue lunghe pause, i suoi lunghi silenzi, il tempo che – con lui – passava relativamente più lento. Era importante Dirac, nella comunità dei fisici strepitosa del XX secolo, ed è importante Dirac per noi oggi.

Perché ci fa capire quanto sia importante la pausa, il silenzio, e anche la ricerca di una estetica nelle risposte.

Tra le varie cose che fece, nel 1926 sviluppò una formalizzazione della meccanica quantistica basata sull’algebra non commutativa di operatori; e nel 1928, partendo dai lavori di Pauli sui sistemi non relativistici con spin, in una serie di articoli derivò l’equazione che descrive l’elettrone da un punto di vista relativistico e che prese il suo nome, sviluppando una teoria di grande semplicità.

Aveva anche un altro amico tra i fisici, era Enrico Fermi. Con lui scrisse la statistica Fermi-Dirac, e con lui amava dedicarsi alle lunghe passeggiate in montagna. Anche Fermi apprezzava tanto la sua compagnia per il suo essere pacato, sensibile, un compagno silenzioso, quasi un respiro.

La bellezza della matematica e la formula dell’amore

Inoltre, a lui si deve la bellezza di alcune formule matematiche. Dirac amava follemente la matematica, e voleva creare una formula che fosse prima di tutto esteticamente bella. Creò la famosa equazione di Dirac (che sui social network è diffusa, con mia grande felicità, anche sotto forma di metafora), una formula che dice in poche parole questo:

Se due sistemi interagiscono una volta, e si crea un forte legame tra di essi, una volta messi a distanza questi continueranno ad influenzarsi a vicenda.

Molti la usano come metafora dell’amore. Beh, la trovo magnifica.

Chiudo con l’ultimo aneddoto su Dirac che mi piace sempre raccontare. Quando uno studente lo interruppe durante una sua lezione a Cambridge, e gli chiese ‘non capisco come ha fatto a passare da A a B’, la sua risposta, in tutta calma, fu questa: ‘la risposta sta proprio nella prima parte della sua domanda’.

Piccola parentesi, nella famosa querelle tra i fisici (gruppo del quale faccio parte dalla mia laurea in poi), sono dalla parte di Einstein nel dire che la fisica deve essere spiegata in maniera semplice, e deve essere raccontata in modo che tutti possano comprenderla.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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