Caro tassista, ti scrivo perché sono mesi che ci si confronta – e talvolta scontra – in modo indiretto, online ed off line, scrivendo e cinguettando via Twitter o a suon di carte bollate in Tribunale. Tu difendi – o credi di difendere – il tuo lavoro, il tuo futuro e quello della tua famiglia ed io difendo – o credo di difendere – il futuro, l’innovazione ed il progresso del nostro Paese.
Tu mi ricordi, ogni giorno, che Uber ed i suoi utenti sono fuori legge e ti rubano il lavoro ed io ti rispondo che le leggi non sono monoliti sempiterni ma “solo” regole che servono a garantire la civile convivenza tra i membri di una comunità – piccola o grande che sia – ed il bene comune.
Il nostro è un confronto destinato a proseguire ancora a lungo perché entrambi sappiamo che ciascuno di noi continuerà a pensarla a modo suo anche se domani un Giudice accogliesse le mie tesi ed il giorno dopo, un altro, desse ragione a te. Non è questione – quella che così spesso ci vede contrapposti – che si possa risolvere in Tribunale perché non è questione che possa esser definita applicando ed interpretando leggi così tanto più vecchie del fenomeno che si ritrovano a governare. E questo sarà vero tanto che “vinca” tu, tanto che “vinca” io.
Se ci si limiterà a dire che un fenomeno nuovo è vietato solo perché le leggi di ieri non lo contemplano o, per la stessa ragione, che, invece, è lecito, solo perché non lo vietano, non avrà vinto nessuno di noi due ed avremo perso entrambi.
L’incertezza del diritto resterà al suo posto ed ogni occasione sarà buona per far dire a me che in fondo ho ragione io o a te che non c’è dubbio che tu abbia torto.
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Ti scrivo per provare a convincerti non che io ho ragione e tu torto, né che Uber sia lecito e non illecito come pensi tu anche perché – lascia che te lo scriva con grande franchezza – mentre noi siam qui ad accapigliarci sulla compatibilità di Uber rispetto alle nostre regole vecchie, da qualche parte, nel mondo, qualcuno ha già avuto un’idea che prima o poi rappresenterà per Uber esattamente ciò che Uber rappresenta per te: un abilitatore innovativo di fattori concorrenziali dei quali avresti volentieri fatto a meno.
Difficile dire se si tratterà delle macchine senza conducente che presto vedremo parcheggiare da sole nelle nostre città o di servizi di scooter-sharing che consentiranno a cittadini di ogni età di dare ed accettare passaggi in motorino spendendo una manciata di euro e, soprattutto, superando code ed ingorghi. Ma basta guardare indietro nella storia moderna dell’innovazione per scoprire che non c’è leader di mercato che nell’era di Internet e del digitale possa davvero dormire sonni tranquilli senza temere di essere superato, doppiato e spedito ai margini del mercato a tempo di record.
Ed allora perché anziché perder tempo, energie e serenità a discutere del contingente, di oggi, di domani o al massimo di dopodomani non ragioniamo assieme del futuro prossimo e di quello meno prossimo e delle regole che servono per governarlo? Sono convinto che, in questa prospettiva, le nostre posizioni su Uber e su quelli che verranno dopo Uber – che siano piccole startup tutte italiane o altre corporation americane – non sono così lontane come talvolta verrebbe da pensare a leggere certi scambi di cinguettii su twitter o a vedere le strade di mezza Francia messe a ferro e fuoco da alcuni tuoi colleghi d’oltralpe.
Credo che la parola magica per provare a convincerti di un affermazione che, probabilmente, sulle prime, ti farà storcere la bocca, sia “innovazione”, quella che – ne sono certo – amiamo entrambi e che, oggi, rappresenta l’unica reale chance per il nostro Paese di avere un futuro e, per noi, di lasciare ai nostri figli un Paese migliore di quello che ci hanno lasciato i nostri genitori o, almeno, non peggiore.
Nella tua macchina, oggi, c’è più tecnologia di quanta ce ne sia mai stata e grazie a quella tecnologia tu oggi lavori meglio, ti senti più sicuro e meno lontano da casa, nelle interminabili notti passate a trasportare sconosciuti lungo le strade delle nostre città.
Ti ricordi quanto era difficile portare un cliente a destinazione in una strada della quale non avevi mai sentito parlare prima che sul tuo cruscotto comparisse il navigatore satellitare e quante volte hai rischiato di andare a sbattere o passare con il rosso sfogliando quell’enorme stradario, con le pagine consunte, alla ricerca almeno di un’idea approssimativa su dove volesse andare il tuo passeggero?
Ti sei mai chiesto che fine hanno fatto o si avviano a fare gli editori degli stradari ed i tanti produttori ed editori di cartografia urbana ed extra-urbana a man mano che le mappe di Google e tanti altri sono entrate nel nostro quotidiano ed i Tom Tom sono diventati i protagonisti indiscussi dei cruscotti dei tassisti? Innovazione e tecnologia, digitale e satellitare, hanno reso la vita ed il lavoro più comodo per tanti di noi, sacrificando, naturalmente, i diritti e gli interessi di alcuni che hanno dovuto – non sempre con successo – re-inventarsi un lavoro o rassegnarsi al fatto che il presente aveva cancellato il passato in attesa di essere, a sua volta, travolto dal futuro.
E quante volte ti è capitato, ti capita o ti capiterà di programmare le tue vacanze, prenotare un treno, un aereo o una macchina a noleggio o, magari, affittare una casa al mare attraverso una delle tante app di prenotazioni online che si chiami Expedia, booking.com, volagratis o la tua preferita o, addirittura, Airbnb, la piccola startup diventata rapidamente un gigante che consente a chiunque di affittare a chiunque altro la propria casa?
Davvero non lo hai mai fatto? Davvero non lo lasci fare neppure a tua moglie, tuo marito o ai tuoi figli e davvero non la trovi una straordinaria rivoluzione nel nostro modo di vivere e di viaggiare ed un fattore abilitante una libertà che sin qui non avevamo mai avuto?
Eppure l’affermazione dei grandi portali delle prenotazioni online ha, innegabilmente, messo in crisi il pur florido mercato delle agenzie di viaggio ed è fuori di dubbio che Airbnb ed i suoi tanti emuli, rappresenti una spina nel fianco per piccoli e grandi albergatori perché, naturalmente, oggi, tu ed io, possiamo scegliere tra prenotare una stanza di albergo, spesso a cifre da capogiro o affittarci una casa intera, in riva al mare o addirittura su un albero, a prezzi stracciati perché il proprietario non l’affitta per vivere ma solo per abbattere i costi di gestione. E non dirmi che tu, davvero, non le trovi soluzioni delle quali faresti fatica a fare a meno, per tornare a dover fermare il taxi in doppia fila e scendere a prenotare le tue vacanze in agenzia.
E questo elenco potrebbe durare ancora a lungo, snodandosi, istante dopo istante, nel tuo quotidiano che, ormai, è intriso di innovazione e tecnologia proprio come il mio.
Hai mai pensato che probabilmente molte di queste innovazioni che oggi fanno parte integrante del nostro quotidiano non avrebbero mai visto la luce se ci si fosse limitati a sbarrare loro la strada, dicendo che erano contrarie ad una qualche vecchia legge a tutela di questo o quel centro di sacrosanti e legittimi interessi?
Alberto Sordi e Federico Fellini ne “Il Tassinaro”
Sono convinto, per davvero, che quando scendi dal tuo taxi e ritorni a casa, anche tu, in fondo, ti renda conto che il nostro confronto, fino a quando riguarderà quello che dicono le leggi di ieri a proposito di un fenomeno di oggi e del suo domani è miope, sterile, nella migliore delle ipotesi inutile e, nella peggiore, addirittura dannoso per il nostro futuro. Ed allora cerchiamo assieme di individuare una posizione di equilibrio tra i nostri solo apparentemente contrapposti interessi e proponiamola al Governo perché la traduca in una norma di legge.
Progresso, futuro, innovazione, mercato, concorrenza, legalità, equità fiscale, sicurezza, correttezza, tutela dei consumatori e degli utenti sono i “tag” lungo i quali io vorrei che si snodasse uno sharing economy act del quale un Paese con l’ambizione ad essere moderno, civile e democratico non può, secondo me, più fare a meno. E i tuoi “tag” quali sono? Sono curioso di conoscerli.
Con stima e gratitudine per tutte le volte che mi hai portato a destinazione,
GUIDO SCORZA
P.S.
Scrivo in prima persona e scrivo a te ma, naturalmente, è solo un artificio retorico per invitare la tua categoria ad un dialogo costruttivo con le imprese della sharing economy ed i loro utenti. Quel che penso io personalmente e, probabilmente, quel che pensi tu, da solo, conta troppo poco.