Introduzione alle sostanze chimiche nella plastica
Negli ultimi anni, l’attenzione verso le sostanze chimiche presenti nei prodotti di plastica è aumentata notevolmente. Una revisione della letteratura scientifica ha esaminato oltre 1.700 studi condotti in 38 Paesi, rivelando un legame preoccupante tra l’esposizione a queste sostanze e le malattie cardiovascolari. Le normative più severe introdotte recentemente sembrano aver avuto un impatto positivo sulla salute pubblica, riducendo i rischi associati a queste sostanze chimiche.
Le sostanze chimiche più pericolose
Tra le oltre 16.000 sostanze chimiche utilizzate nella plastica, alcune sono state identificate come particolarmente tossiche. Il bisfenolo A (BPA), il di(2-etilesil) ftalato (DEHP) e gli eteri di difenile polibromurati (PBDE) sono stati al centro dell’analisi.
Queste sostanze sono comunemente utilizzate in imballaggi alimentari e come ritardanti di fiamma in mobili e componenti elettronici. I dati suggeriscono che l’esposizione a queste sostanze è associata a gravi problemi di salute, tra cui coronaropatia e ictus.
Impatto sulla salute e costi economici
Le stime indicano che nel 2015, circa 5,4 milioni di casi di coronaropatia e 346.000 ictus erano attribuibili all’esposizione al BPA. Inoltre, si stima che circa 164.000 decessi tra le persone di età compresa tra 55 e 64 anni siano stati causati dal DEHP. L’esposizione materna ai PBDE ha portato a una perdita di 11,7 milioni di punti di quoziente intellettivo (QI). I costi associati a questi problemi di salute ammontano a circa 1,5 trilioni di dollari, evidenziando l’importanza di affrontare questa questione.
Normative e miglioramenti nella salute pubblica
Fortunatamente, le normative più rigorose introdotte nel primo decennio del Duemila hanno portato a una diminuzione dell’esposizione a queste sostanze chimiche. I ricercatori stimano che, se i livelli di esposizione al BPA e al DEHP fossero stati mantenuti ai livelli del 2015 fin dal 2003, si sarebbero potuti evitare circa 515.000 decessi. Inoltre, se i livelli di PBDE nelle madri fossero stati ridotti, oltre 42 milioni di punti di QI sarebbero stati salvati. Tuttavia, è fondamentale continuare a monitorare l’esposizione e migliorare i sistemi di raccolta dati per avere una comprensione più chiara del fenomeno.