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L’incognita della busta arancione dell’Inps per la generazione mille euro

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Faccio parte della “generazione perduta”. Sono nato nel 1975, quando in Italia spopolava Elvis Presley, la Tv iniziava a trasmettere a colori e mio padre comprava la sua prima macchina, una Lancia Delta.La mia generazione, così come quella degli inizi degli anni Ottanta, è quella che doveva avere un “pezzo di carta” in mano. Siamo quelli del grande sogno, del boom economico. “Anche l’operaio sogna il figlio dottore”, si cantava.

È andata così.

Oggi, i trenta-quarantenni, hanno tutti o quasi il diploma, qualcuno la laurea ma non sempre hanno un lavoro e in pensione ci andranno a 70-75 anni con 1.593 euro in media.

Il presidente Inps Boeri ha lanciato l’allarme

L’ha detto il presidente dell’Inps Tito Boeri: “Nell’ipotesi di un tasso di crescita del Pil dell’1% molti trentenni di oggi dovranno lavorare anche fino a 75 anni”.Non solo.

La pensione di chi è nato nel 1980 sarà del 25% inferiore a quella che percepisce chi è nato nel 1945 e oggi ha 70 anni.

Nessuno dei nostri padri avrebbe mai immaginato questo scenario. Forse nemmeno noi della generazione perduta. Ci chiamano così ma a volerci perduti è chi ci ha cresciuti a contratti a tempo determinato, a colpi di co.co.co., con stipendi che non hanno mai superato i 1.500 euro lordi.

Nella mia vita da maestro posso contare più di venti contratti a tempo determinato tra supplenze temporanee di pochi giorni/settimane e quelle dal 1 di settembre al 30 giugno.

Fino allo scorso anno venivo licenziato nove giorni dopo l’inizio dell’estate e solo il 30 di agosto sapevo se sarei stato di nuovo assunto.

Bene. Lo Stato vuole così e allora il trentenne buon cittadino si organizza: fa altro, cerca di mettere da parte qualcosa per il futuro con un doppio o triplo lavoro, sacrificando gli affetti famigliari, le passioni.

E lo Stato che fa? Ti tar-tassa. Su quei guadagni “in più” cerca di sottrarre il più possibile senza tener conto del tuo curriculum, del fatto che sei stato precario o lo sei ancora.

Ti etichetta “perduto” e ti vuole così. Da una parte sei costretto ad “arrangiarti”, a trovare una soluzione per non pesare sul welfare familiare dall’altra sai che ogni tua iniziativa sarà punita dalla fiscalità.

Cosa ci accadrà da vecchi?

La previsione di Boeri, tuttavia, rischia di diventare ancora più nefasta.

Se fino ad oggi la “mia” generazione perduta è stata sostenuta dal welfare famigliare, tra qualche anno chi sosterrà la generazione di mamma e papà?

Già oggi il rischio povertà coinvolge, secondo i dati dell’Ocse, il 15% delle persone tra i 18 e i 25 anni.

Secondo il rapporto “#Giovani e #Anziani”, presentato dall’Istat il 26 aprile scorso, i vincoli di bilancio possono essere così importanti da ritardare fortemente l’autonomia economica e abitativa della famiglia d’origine, a scapito dei progetti di vita individuali.

Il 28,6% dei giovani che vivono soli risulta a “rischio povertà” (vive cioè in famiglie che nel 2013 avevano un reddito famigliare equivalente inferiore al 60% del reddito mediano) contro il 19,4% totale delle persone residenti in Italia. Questi stessi vincoli possono inoltre esporre al rischio di povertà, deprivazione e disagio abitativo, anche quanti si trovino con figli piccoli già nella prima fase del ciclo di vita familiare.

Di là di queste percentuali, se oggi pensiamo che tra qualche anno la “generazione perduta” potrebbe trovarsi nelle condizioni di dover pagare una badante o sostenere le spese sanitarie di chi finora ha assorbito il nostro fallimento, viene spontanea una domanda: chi ce la farà?

Un quesito che deve tener in considerazione i numeri presentati in questi giorni da “Osservasalute”: per la prima volta la speranza di vita degli italiani diminuisce.

L’operazione “busta arancio” che l’Inps ha dato avvio in questi giorni permetterà una ricognizione preventiva dei trattamenti previdenziali ma sarà “un brusco affacciarsi sulla realtà per i giovani, per i possessori di partita Iva”, scrive Daniele Poto nel suo “Italia diseguale. Poveri e ricchi nel Belpaese” (Edizioni “Gruppo Abele”).

La mia generazione “perduta”, quella con 1.300 euro lordi di stipendio, le super-tasse da pagare per il doppio lavoro, come potrà permettersi una pensione integrativa e allo stesso tempo prevedere un sostegno per l’assistenza dei genitori?

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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