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L’innovazione ha più bisogno di esempi che di eroi

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Mi sbaglierò, ma mi sembra di cogliere spesso una retorica comune nella narrazione dell’innovazione.

Il protagonista è l’eroe smanettone che riesce con quattro ceci e in due giorni a fare ciò che altri gruppi, siano essi ricercatori o imprese, fanno con anni di lavoro e notevoli risorse.

Forse risale al David Lightman di Wargames (Matthew Broderick). David come il Davide ragazzino che sconfigge il gigante Golia [Lightman: uomo della luce].

Questa è una narrazione che banalizza la complessità e non ne è esente lo “storytelling” USA. Ma non credo che faccia un buon servizio all’innovazione. Fare le cose “hard” è hard. E’ difficile e ci vogliono tempo e risorse, come giustamente puntualizza la Tesla di Musk.

La declinazione nostrana è spesso l’eroe che combatte e “ce la fa” nonostante/contro l’ambiente del quale vengono descritte le asperità e le difficoltà che, invariabilmente, ci sono in Italia più (molto più) che altrove.

Eppure, ovunque, il cuore dell’innovazione è proprio questo: confrontarsi con un ambiente reazionario, ostile, e determinarne un cambiamento.

La narrazione non si concentra tanto sulle qualità, sull’impegno e sui sacrifici dell’eroe, ma più sulle difficoltà e le ingiustizie dell’ambiente contro cui egli si oppone.

La celebrazione pertanto non è tanto a favore dell’eroe quanto contro l’ambiente di cui si esaltano le esistenti negatività.

In una narrazione di questo tipo, quindi, non importa se quella dell’eroe non sia vera gloria, se i suoi risultati siano concreti e duraturi

E questo accade perchè il fine è solo apparentemente la pars construens ma in realtà è la pars destruens.

Il filo emotivo non è tanto lo stimolo dell’emozione positiva di orgoglio ed ammirazione per l’impresa, quanto l’indignazione.

Il termine di paragone è l’eden, di cui al contrario si esaltano le positività e si sorvola sulle negatività

L’eroe è quasi sempre Ulisse, solitario.

Raramente si narra quella parte di sistema che bene o male funziona o il gioco di squadra, i supporti esterni e come contribuisce a comporre un ecosistema.

Un sottoprodotto è che più che stimolare l’emulazione da parte di altri, la lamentazione diventa una giustificazione per chi non ce la fa e financo un deterrente per chi vorrebbe cimentarsi.

La celebrazione è fatta generalmente in modo retorico, senza numeri, senza considerazione degli economics, senza un approccio critico comparativo

Ed è posta in secondo piano rispetto alla lamentazione sull’ambiente.

Un ecosistema dell’innovazione si alimenta anche di modelli per chi viene dopo.

Penso che, da noi forse più che in USA, l’innovazione abbia più bisogno di esempi, che di eroi.

Reblog: Svolta Digitale

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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Scritto da chef

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