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L’innovazione? Leggera, elegante e senza confini

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Non so se mi piacciono di più le sue immagini col sigaro o quelle in frac. O quelle in cui è spalmato sul divano con la copertina di Linus a guardare la partita del suo amatissimo Cagliari la domenica pomeriggio (momento pericolosissimo per disturbarlo). Non so se mi fa più ridere per come tiene in mano una flute di chiaro pèrlage o come prende in giro i suoi amici. Debbo dire che è buffo anche quando s’incazza perché la pioggia gli ha inzaccherato le sue lucidissime super shoes (in pubblico fa finta di nulla ma si vede che è stizzito). Vero è che è una specie di Terence Hill de noatri, non capisci mai cos’ha in testa finché non lo vedi fatto. Già, perché è proprio questo il suo punto di forza.

Zero chiacchiere, zero lanci pubblicitari. Fatti, non pugnette diceva quello. E’ così che vedo Fabrizio Cocco, cagliaritano, classe ’70.

Fabrizio studia ragioneria poi economia (si è anche auto illuso in gioventù di voler fare il commercialista, mah… C’è voluto del tempo perchè realizzasse che gli unici conti che gli piace fare sono quelli delle sue aziende!). Nel tempo libero. In realtà durante gli studi, come tutti i tarantolati come lui, fa una cosa semplice a dirsi ma non a farsi: apre uno show room d’abbigliamento, un’aziendina di rappresentanza di capi d’abbigliamento made in Italy. E beh? Commerciava (l’ha fatto per più di tre anni) con la Spagna non solo in Italia! Allora tutto l’Italian style era veramente cool. Compra e rivende.

Compra e rivende. E provateci voi nel mentre che vi laureate!

Poi quello che sembra un pit stop. Servizio militare. In polizia di Stato. E’ lì, invece, grande esperienza di vita (non tutti sono capaci di tesaurizzare ogni situazione). Fa sue disciplina e spirito di squadra. Insomma, la prima pettinata ad un battitore libero in purezza. Poi, via il tappo e bollicine, laurea (metà circa degli anni ’90) con tesi su commercio elettronico (!) e giù a testa bassa con sogno di sempre. Si chiudono gli anni novanta con la creazione di www.softfobia.com.

Al grido (un pò spaccone, ça va sans dire) di “partiamo da là, la dove gli altri si fermano” con Ninni, il socio informatico, molto esperto, conosciuto e riconosciuto nel rampante ambiente dell’ICT, inizia l’avventura d’impresa, allora come oggi, centrata esclusivamente sulle competenze delle persone e sulla loro ferma capacità di imporsi nel mercato.

ed ovviamente sull’intuizione dei potenziali in campo.

La bussola ha due cardini: entusiasmo e mantenere la rotta. Bootstrapping lento ma allineato all’economia reale (non alla bolla). Nel 2005, una frattura, di quelle che segnano ma non affossano. I due amici si separano, ognuno per la sua strada. Fabrizio rimane dentro il suo sogno e trova altri con cui sognare. E sono stati proprio i primi due dipendenti a diventare soci dentro il sogno: Luca Muceli e Andrea Meloni (due geni) che hanno creduto fermamente nel percorso, che spingono tecnicamente Softfobia nella tortuosa strada del mercato, fatta di clienti rilevanti, quali Aruba, Tiscali, Mondadori etc. Scusate s’è poco.

Da li crescita costante. Oggi sono quasi trenta persone (nella casa madre). Lungimirante e lucida è stata la scelta di crescita non solo verticale ma orizzontale. Per questo Softfobia partecipa altre aziende che hanno business complementari al principale. Così sono nate le joint di Pavoneggi (web tourism), di Riganera (advertising), di Unclick (sitebuilder), di Vantaggiando (marketplace). E lo slogan (più morigerato ed elegante del primo) è diventato “software & ideas made in Sardinia”. Sono diventati una corazzata, fatta di cuori, teste e fibra ottica (e qualche quintale di bit). Hanno una sede anche a Milano, sono sempre in viaggio e non hanno tempo libero, ma questo non gli pesa. Fanno ciò che gli piace. Molto. E si vede tutto.

Perché è lo spirito che conta, quello di chi ha compreso che la tecnologia è più viva di quanto non ci si immagini, che è entusiasmante, che gli animi che ci si affannano dentro sono spiriti liberi, liberi di pensare, di parlare, di condividere, di giocare, di sognare. Per lavoro. A chi non piacerebbe?

Nessun controllo, nessun cartellino da timbrare, spirito di squadra, lasciando perdere i mostrini e le stelle ma non il diritto di vendere cara la pelle.

L’aria che si respira in sede da loro è di assoluta condivisione del sapere, nessuno rimane indietro, sono liquidi, dinamici e soprattutto non conflittuali. Tutte competenze frutto della fiera pubblica istruzione sarda, che fanno quello che gli piace nel posto che preferiscono. In cui sono nati. Dove? In Sardegna, where else?

What’s next? Continuare a fare quello che sanno fare, sviluppare software e soluzioni che si parlano tra di loro e con la rete, standard aperti e personalizzabili in logica di sas (software as services). Internet accelera i processi, le idee e la collaborazione fra le persone. La rete è una fantastica biosfera di persone e passioni. Viviamo la fase più produttiva di sempre in termini d’innovazione. 7 miliardi di persone sono (saranno?) potenzialmente connesse. Fabrizio ed i suoi soci producono idee da un isola. Hanno compreso bene e per tempo che software e intelligenza non pesano. Quindi si spostano e si trasferiscono facilmente. 10 anni fa appena non esisteva Facebook, 8 anni fa nasceva l’iphone. E in pochi anni entrambe le tecnologie hanno cambiato il mondo. Fabrizio ed i suoi sono li, in quella linea di confine tra quello che c’è e quello che ci sarà.

L’ultima piattaforma nasce come sempre da studi di mercato e ricerche (anche queste come tutto il resto pagate sempre e solo coi soldi prodotti dal sudore, non coi soldi pubblici). Si chiama Jogu (in sardo gioco), web di gamification che usa le dinamiche del gioco per stimolare gli utenti a compiere delle azioni o delle attività nella rete. Piattaforma facilmente declinabile, nata per integrarsi in soluzioni o piattaforma e esistenti.

E così, portafoglio prodotti in mano, lo vedi salire e scendere dagli aerei negli scali tradizionali ed in quelli nuovi (nord africa, ad esempio). Sempre impeccabilmente (e vezzosamente) vestito. Di tutto punto. Scarpe lucidissime. Ora inizia la vera partita e loro si sono allenati per tanto tempo. Ora giocano, vogliono giocare più che mai. No fear. Nessuna intenzione di tirare indietro la gamba.

Ed io ci sono stato li dentro da loro. Calore di persone e macchine al lavoro. Ho anche fatto una riunione coi suoi soci… al terzo minuto del monologo (ogni tanto gli parte) di Fabrizio, lo guarda e dice: beh, se non ti servo, vado a lavorare! E lo segui con lo sguardo che si siede al fianco di uno dei dipendenti a lavorare a 4 mani, sembravano pianisti. Le aziende sono le persone.

Per lui un must è il Poetto, la spiaggia di Cagliari (la spiaggia urbana più grande d’Europa). Quello è il suo spazio fitness (il ragazzo tiene all’immagine, e fa bene) ma anche e soprattutto relax. Va li con le figlie, divorano, al sole (l’altra grande costante di Cagliari), orate al sale e ricci (le male lingue dicono che sia la moglie a spedircelo perché in cucina è un disastro). Se non fa il babbo legge e pensa, ma per questo, visti i risultati, nessuno lo critica. Anzi.

Infine, non so se preferisce il rosso o lo champagne, ma vi assicuro che degustarci insieme è un piacere. Gli piace la vita. Molto. Come dargli torto?

Anche questa è Sardegna. Anche questa è innovazione. Quella che ha capito che la frontiera sta nell’assenza di frontiere. Di nessun genere e tipo.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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