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L’innovazione, un effetto collaterale della buona progettazione

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In questo blog, che ha come titolo Lunario dell’Innovazione, ho pensato fosse il migliore dei titoli possibili.

Spesso pensiamo che innovare sia un’attività, una categoria del pensiero separata dal mondo.

Come se quella dell’innovatore fosse una professione a sé stante.

Come spesso mi succede, quasi per un effetto di serendipity, scopro che quest’anno in cui ricorrere il decimo anniversario dello World Usability Day dedicato ad usabilità, user experience, user centered design e web technology, l’associazione dei professionisti della user experience, UXPA, ha scelto come tema l’innovazione. È L’occasione perfetta: il 12 novembre proviamo a trattare il tema dell’innovazione per come la pensiamo noi: un effetto collaterale.

A una settimana dall’evento WORLD USABILITY DAY ROME 2015 – che si svolgerà nel complesso di Parco Leonardo vicino l’aeroporto di Fiumicino, mentre la macchina scalda i motori e i partecipanti prenotano il proprio ingresso, mi sembra giusto spiegare perché parlo di effetto collaterale.

Si tratta di un’epifania che è nata da una chiacchierata con Raffaella Roviglioni, grande professionista nonché amica del giro romano degli UX Book Club, mentre parlavamo del suo intervento pomeridiano a #WUDRome2015.

Nel mio case study vorrei parlare del fatto che l’innovazione è un effetto collaterale della buona progettazione

Ecco. Tutto qui.

In questo sintetico concetto c’è quasi tutto quello per cui tutti i giorni ci adoperiamo nel nostro lavoro

Le persone al centro

Siccome vogliamo stabilire un momento di confronto e di conversazione (la conferenza) ma anche di sperimentazione (i workshop e la jam), affrontando il tema della centralità delle persone nella progettazione di esperienze digitali, il giorno prima dell’apertura del World Usability Day, l’11 novembre, abbiamo organizzato dei workshop operativi.

L’obiettivo è condividere gli strumenti che servono a capire cosa vogliono e come agiscono gli utenti ad esempio con Stefano Dominici, che affronterà il tema dei test di usabilità in pratica e Raffaele Boiano che tratterà un altro tema cruciale per conoscere i propri utenti: l’intervista narrativa in profondità. Quando sarà la volta di #VDT – Visual Design Thinking con Emanuele Macri e il sottoscritto proveremo a trasferire il nostro modesto metodo di lavoro ai partecipanti: ci ha migliorato la vita aumentando la soddisfazione di tutti coloro con cui abbiamo interagito e vogliamo metterlo in comune.

La conferenza

Cominceremo dalla mia esperienza di web e digital designer ma anche di imprenditore in nois3; aprirò quindi la mattinata con una carrellata sui motivi per cui spesso sfidiamo noi stessi a utilizzare strumenti, sperimentare approcci, inseguire trend di design senza chiederci veramente il perché.

Li utilizziamo perché qualcun altro ci ha detto che funziona o perché sono fighi? Perché ci risolvono un problema, o perché lo risolvono ai nostri utenti? E ancor prima, questa domanda ce la siamo sempre posta?

Si possono fare conti senza l’oste? User centered design ci ricorda di farli con gli utenti

Per questo abbiamo invitato Federico Badaloni a parlarci di quanto cambi il ruolo del progettista quando si tratta di lavorare su ecosistemi che non sono più solo fisici o solo digitali, ma che – in qualche modo – si ibridano fra di loro.

Ed è anche il motivo per cui Matteo Moretti ci parlerà del suo progetto: La Repubblica Popolare di Bolzano, premiato quest’anno con il Data Journalism Award 2015. Un esempio di data driven storytelling nato da un caso concreto, come spesso succede, e che vuole dimostrare quanto la percezione dei fatti sia spesso diversa dalla realtà degli stessi, e di come raccontare in maniera visuale ma rigorosa testimonianze dirette e verificabili, sia un’operazione non solo vincente e onesta, ma facilmente comprensibile e anche bella da vedere.

Per sottolineare la labilità del confine tra digitale e reale (ammesso che esista) e provare a fornire strumenti per la progettazione di esperienze che hanno a che fare con la cosiddetta Internet of Things, Pier Paolo Bardoni concluderà la mattinata spiegandoci quali fattori considerare per riuscire a comunicare il valore aggiunto di oggetti connessi che spesso passano per essere meri gadget piuttosto che soluzioni innovative che risolvono bisogni insoddisfatti.

L’edizione 2014 ha portato a Roma 11 speaker e 243 partecipanti per 18 ore di confronto sui temi usabilità, user experience, engagement e web technology.

Una mattinata intensa, che proseguirà altrettanto intensamente nel pomeriggio, trattando temi più legati alle professioni complementari di designer e architetti dell’informazione. E poi parleremo anche di illuminazione intelligente nelle città con Paola Bertoletti di Philips Lighting University Italy.

Non potrà mancare una presentazione d’eccezione: CheBanca! Ci racconterà, in anteprima, il progetto del suo nuovo sistema di homebanking, illustrando il processo e le sfide che hanno affrontato e vinto durante la sua realizzazione.

Chiuderemo la giornata parlando di Co-Design Tools and Techniques, con Alessio Ricco – uno dei tanti (troppi) cervelli in fuga da questo paese.

Il social design e il cambiamento urbano

Ma non siamo un’enclave protetta, avulsa dalla realtà e dai problemi e dai disastri che ci circondano, soprattutto a Roma. Per questo abbiamo voluto fare uno sforzo e usare come stimolo il quartiere in cui lavoriamo tutti i giorni e che viviamo spesso anche di notte: il Pigneto.

Un quartiere della movida notturna romana che con tante contraddizioni può essere preso ad esempio di quello che accade spesso in città grandi come Roma: far convivere bisogni ludici e di intrattenimento con il tentativo di affrontare esigenze e disagi reali.

Come è possibile conciliare necessità così diverse, chi può farlo?

Forti del lavoro fatto in tanti anni con il gruppo di Co-Design Jam, con cui abbiamo organizzato tante Design Jam il 13/14/15 novembre – piccole maratone di progettazione in cui persone di estrazione professionale diversa si misurano con sfide diverse legate alla sostenibilità o alla progettazione di servizi tra i più disparati, abbiamo pensato di mettere alla prova le persone a lavorare in gruppo, utilizzando strumenti di design collaborativo, per trovare delle soluzioni per il quartiere.

Come facciamo? Intervistando i residenti, raccogliendo bisogni inespressi, cercando soluzioni creative, sostenibili e collaborative da proporre in 48 ore, a partire da venerdì 13 novembre pomeriggio fino a domenica 15.

Un lavoro intenso, di gruppo, seguito da mentori e scandito da momenti di verifica collettiva, per trovare piccole e grandi soluzioni che migliorino la vita delle persone.

Perché un viaggio di mille miglia, comincia sempre con un primo passo.

CARLO FRINOLLI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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