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Lo spazio perduto dell’infanzia: cosa aspettiamo per cambiare?

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Si dice sempre che i bambini sono il nostro futuro. Speriamo di no, vista la condizione dell’infanzia nel nostro Paese. In effetti, non c’è nulla da scherzare, anzi: si tratta di una questione serissima che meriterebbe un’attenzione molto maggiore da parte di tutti noi.

Se avete voglia di capire come stanno le cose in Italia scorrete il fantastico “Atlante dell’Infanzia (a rischio)” appena pubblicato da Save the Children e disponibile online. Dopo le edizioni dedicate alle “Mappe per riconnettersi al futuro” (2012) e alla “Italia SottoSopra” (2013), quest’anno l’Atlante è dedicato a “Bambini e ragazzi alla ricerca dello spazio perduto”. La spiegazione di questa scelta si trova nella prima pagina, che riporta il pensiero di Giorgia, una ragazza di 17 anno di Palermo: “Oggi quello che manca di più nella nostra realtà è lo spazio.

Uno spazio fisico, ma anche mentale, che significa possibilità, futuro e speranza”.

Bari, quartiere Libertà. Fonte: Atlante.savethechildren.it

I dati e le analisi dell’Atlante, integrate da immagini fotografiche molto significative, parlano chiaro. Degli oltre 10,1 milioni di bambini e ragazzi, solo 150 mila (l’1,5% del totale) vivono in paesi con meno di mille abitanti, a fronte dei 3,7 milioni che vivono nelle cosiddette “città metropolitane”.

Ma vivere in città vuol dire sempre più spesso vivere in spazi e secondo stili di vita inadatti ai bambini

A Cagliari c’è un minore ogni 75 autovetture, a Roma uno ogni 59, a Milano uno ogni 50. Tra i bambini di 6-10 anni solo il 6% usa la strada per giocare, percentuale che scende al 2% nelle grandi città.

Il 38% gioca nei giardini pubblici, il 16% in parrocchia, il 14% nei prati e il 25% in cortile, anche se, secondo un’indagine dell’Associazione dei Condomini, oltre il 50% dei litigi tra condomini è dovuto agli “schiamazzi” dei bambini. Surreale è il caso del Comune di Ardea (vicino Roma), che, in una stradina pedonale antistante la scuola elementare, ha piazzato un cartello (rimosso dopo pochi giorni) che recitava: “Divieto di praticare giochi di qualsiasi genere su strade pubbliche o aperte al pubblico transito che possano provocare intralcio o procurare danni”.

Il divieto del comune di Ardea, poi rimosso. Fonte: Ilmessaggero.it

Grandi differenze si registrano nelle abitudini di vita: quasi il 30% dei minori fa una vita sedentaria, con punte di oltre il 44% in Puglia e Campania, a fronte di valori del 9-10% nelle province di Trento e Bolzano, e del 12-15% in Valle d’Aosta, Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

La pratica sportiva cresce fin verso i dieci anni, si stabilizza intorno al 50% fino ai 14 e poi crolla negli anni successivi.

In parte, tale fenomeno è legato alla diffusione dell’uso delle tecnologie informatiche. Il 45% dei bambini sotto i dieci anni naviga su Internet e sei adolescenti su 10 lo usa tutti giorni (quasi 8 su 10 in Toscana). Parallelamente, però, emergono vuoti importanti su altri fronti della fruizione culturale: in un anno, la metà dei minori di 6-17 anni non ha letto neanche un libro all’anno, 6 su 10 non è andato ad un museo, 7 su 10 a teatro e 8 su 10 non hanno ascoltato un concerto. Netta appare la distanza tra chi vive in un centro città e chi risiede in periferia o in un piccolo comune.

La povertà educativa, soprattutto in certe aree territoriali, sta salendo rapidamente, insieme a quella economica

Nel 2013 erano oltre 1,4 milioni di minori classificati come poveri assoluti dall’Istat, oltre 350mila in più che nel 2012 e più del doppio di quanto rilevato nel 2009. A fronte di una media di quasi il 14% di minori in povertà, il Mezzogiorno presenta un valore del 19%, quasi doppio rispetto a quello del Nord e del Centro. A fronte di questi dati, è assolutamente indecente l’assenza di uno strumento di lotta alla povertà come quello in vigore in quasi tutti i paesi europei. Come ricorda Save the Children, come Ministro del lavoro e delle politiche sociali avevo promosso il disegno del “Sostegno all’inclusione attiva”, una forma di reddito minimo basata su un “patto” con i servizi assistenziali (con l’impegno della famiglia beneficiaria a cercare attivamente un lavoro, mandare i figli a scuola e alle visite mediche, ecc.) la cui sperimentazione è in corso nelle grandi città metropolitane e doveva essere estesa a tutto il Mezzogiorno (probabilmente partirà a gennaio 2015). Nonostante il sostegno di tante associazioni e degli esperti del settore, la politica e l’opinione pubblica sembrano aver dimenticato questo problema e la soluzione già identificata, preferendo investire in altre forme di sostegno al reddito, che non risolvono il problema della povertà.

Nel 2013 il 68% delle famiglie con un minore ha ridotto la quantità/qualità dei beni alimentari, oltre il 50% compie rinunce per assicurare una spesa per la cura dei figli e molte famiglie (circa il 9% al Centro-Nord e il 17% nel Mezzogiorno) rinunciano ai servizi per l’infanzia in quanto troppo costosi, il che ha determinato una riduzione della quota, già molto bassa, di bambini che frequentano asili nido, soprattutto nelle regioni del Sud.

Brindisi, Perrino: campo sportivo mai inaugurato. Foto: Riccardo Venturi. Fonte: Atlante.savethechildren.it

Non va dimenticato, poi, che accanto alla carenza di reddito la qualità della vita dei minori dipende da molti altri fattori. Ad esempio, 700mila bambini vivono in abitazioni poco luminose, 1,3 milioni in abitazioni sovraffollate o carenti di servizi, 1,3 milioni in abitazioni umide, con muffa alle pareti o con soffitti che gocciolano, fattori associati alla diffusione di patologie gravi (asma, malattie respiratorie, allergie, ecc.).

Essere poveri durante l’infanzia determina effetti negativi spesso permanenti e difficilmente recuperabili nel corso della vita: è il cosiddetto “effetto cicatrice”, che influenza il rendimento scolastico, le opportunità di lavoro e il pieno sviluppo umano

Nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, l’abbandono scolastico, cioè il mancato assolvimento dell’obbligo scolastico, riguarda ancora 17 ragazzi su 100, quasi 25 in Sicilia e Sardegna, e quasi un ragazzo “straniero” su due, un numero drammaticamente elevato, foriero di gravi problemi di emarginazione e di rischio criminalità. Nella scuola media la quota di studenti italiani non scrutinati raggiunge quasi il 6% in Sicilia e Sardegna, a fronte di valori di circa il 13-15% per quelli stranieri in diverse regioni italiane.

Torino, Parco Doria e il progetto Indysciplinati di Uisp. Foto: Riccardo Venturi. Fonte: Atlante.savethechildren.it

Accanto ai dati del disastro della condizione dei minori, l’Atlante racconta di tante iniziative che danno speranza, costruite intorno ad un’idea diversa e positiva di futuro. Dai “Punti luce” aperti da Save the Children in diverse periferie di grandi città per combattere la povertà educativa e stimolare la “resilienza” dei giovani a rischio, alla costruzione di una nuova scuola a Bologna progettata a partire dai disegni dei bambini e al fiorire di attività sportive “di strada” (parkour, street dance, sport di scivolamento, ecc.): dalle nuove forme di trasporto condiviso e innovativo (come i pedibus) alle esperienze di social street per favorire il contatto tra le persone, dalle iniziative per il “rammendo delle periferie” al progetto PIPPI del Ministero del lavoro per aiutare le famiglie che trascurano i propri figli, dall’assistenza ai minori non accompagnati che arrivano nel nostro Paese alle tante iniziative per favorire la socializzazione dei giovani nei quartieri a rischio criminalità.

Il messaggio è chiaro: se vogliamo avere un futuro dobbiamo investire oggi sull’infanzia. E che nessuno venga oggi o tra qualche anno a dire “non sapevamo”.

ENRICO GIOVANNINI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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