Definire il Trentino in tre parole? Facile, è la terra delle tre EMME: mele, montagne e masi (le abitazioni rurali tipiche di questi luoghi). In realtà una definizione simile non è del tutto corretta. Esiste anche un Trentino che non ti aspetti. Pochi giorni fa lo ha scoperto, quasi per caso, Mike Butcher, European Editor di TechCrunch, che ne ha scritto nel suo bellissimo articolo sulla scena italiana delle startup.
Non ci aspettavamo Mike Butcher a Trento, non fino a due giorni prima, e forse non se lo aspettava neanche lui. “You know, guys”, ci spiegava la sera di sabato 29 settembre davanti al bicchiere della staffa, “for me it is a huge decision to renounce to two days of relax in London and instead come to some unknown place in the Italian Alps”.
Già. Perché il Trentino non è certo il protagonista della scena mondiale delle startup, e – per ora – neanche di quella italiana.
A portare Mike a “vedere le Dolomiti” in quel di Trento è stato Marco Marinucci e il team di Mind The Bridge, che dopo aver organizzato e condotto insieme a Populis il TechCrunch Italy, hanno profuso ulteriori energie per tutto il weekend 28-30 settembre a Trento, con il Mind the Bridge Bootcamp, che noi di Trento Rise e EIT ICT Labs Italy abbiamo contribuito a organizzare.
In realtà, delle Dolomiti Mike non ha visto granché. Giusto un tour panoramico poche ore prima del suo ritorno a Londra. Invece ha preferito girare tra laboratori di ricerca, startup e università. A dare un’occhiata ad un Trentino lontano dalle solite cartoline vacanziere con famigliole in bicicletta e turisti che scarpinano sui sentieri di montagna.
Un Trentino che punta fortemente sull’innovazione, e che investe in ricerca e sviluppo circa tre volte quello che investe l’Italia in termini percentuali sul Pil.
Onorando la storica vocazione del Trentino di porta verso l’Europa, l’Università degli Studi di Trento è una delle più internazionalizzate d’Italia: ha all’attivo da anni il maggior numero di lauree magistrali in inglese nel Paese (ben 12), circa il 7% della sua popolazione studentesca non è italiana, e nel caso della ICT International Doctoral School gli studenti stranieri sono addirittura il 70%. Nel settore ICT conta circa 800 ricercatori, di cui circa 500 pubblici, e oltre un centinaio in discipline connesse all’analisi semantica dei dati.
Anche se Trento non è Londra (e neanche Milano) e manca del dinamismo delle grandi città europee, qui i servizi pubblici funzionano (sul serio), gli spostamenti sono veloci, le montagne sono vicine e, soprattutto, l’amministrazione locale – forte di una parziale autonomia legislativa e finanziaria – ragiona in ottica di lungo periodo, scommettendo sui giovani e sull’innovazione.
Aprendo le porte a un’immigrazione di talenti dall’Est Europa, dall’Asia e dal Sud America, che trovano qui un punto di “atterraggio” in una provincia italiana un po’ più mitteleuropea e quindi più gestibile )rispetto al caos creativo e fantastico, ma pur sempre caotico, del nostro Paese).
Nel settore dell’ICT quest’apertura è ancora più forte, visto che Trento è stata scelta dall’Europa come sesto nodo principale per l’ICT dell’Istituto Europeo di Innovazione e Tecnologia, il “MIT del Vecchio Continente” (gli altri nodi sono a Berlino, Parigi, Helsinki, Stoccolma ed Eindhoven).
La visita di Mike è stata una sorpresa. Ma lo è stato ancora di più il suo articolo. Domenica mattina siamo andati a prenderlo al suo hotel, e mentre il pulmino ci portava verso una cantina per una degustazione di vini (immancabile in Trentino, naturalmente) Mike si è fatto avanti tra i sedili fino a raggiungermi vicino all’autista, mi ha allungato il portatile, e dicendomi: “Have you seen this?” mi ha mostrato l’articolo su TechCrunch che copriva l’evento italiano di tre giorni prima. All’inizio non capivo, poi leggendo sono arrivato alla parte sulla “tiny Trento” e sugli sforzi per l’innovazione fatti da questa piccola provincia.
Non riuscivo a crederci: essere citati su TechCrunch, che emozione!
E per giunta da Mike Butcher, che ne ha viste e ne vede tante. E in effetti per chi come me, che non ne ha viste altrettante ma che dopo essere stato in Silicon Valley è tornato a casa, la piccola Trento è una terra di opportunità in Italia. Qui il pubblico ha la possibilità di sperimentare politiche e innovazioni prima delle altre regioni, perché lo statuto autonomo consente questo ruolo da “esploratore” per il Paese. E Mike se n’è accorto.
E ha voluto incoraggiare me, e Matteo Cevese e Alessandro Ligabò che lavorano con me, a dare gas alla scena startup. Il Trentino, ci ha detto, potrebbe essere quello che Palo Alto era una ventina di anni fa: un posto piccolo, all’apparenza anonimo, ma dove si concentrano università, centri di ricerca, una pubblica amministrazione attenta ai temi dell’innovazione e, appunto, startupper.
A suo parere gli ingredienti perché il Trentino possa essere una nuova Palo Alto ci sono tutti. Speriamo abbia ragione. Noi di Trento Rise faremo di tutto per trasformare questa possibilità in una realtà.