Il caso dell’avvocato e ChatGPT
Recentemente, un caso giudiziario a Firenze ha messo in luce i potenziali rischi legati all’uso di strumenti di intelligenza artificiale, come ChatGPT, nel campo legale. Un avvocato ha utilizzato il chatbot per redigere una memoria difensiva, ma ha finito per includere informazioni errate riguardanti sentenze inesistenti della Corte di Cassazione. Questo episodio ha sollevato preoccupazioni non solo per la credibilità dello studio legale coinvolto, ma anche per le implicazioni più ampie sull’affidabilità delle informazioni generate dall’IA.
Le allucinazioni dell’IA e le loro conseguenze
Le cosiddette “allucinazioni” dell’intelligenza artificiale, ovvero la generazione di contenuti falsi presentati come veri, possono avere conseguenze devastanti nel contesto legale. Se un avvocato si affida a informazioni errate per costruire la propria difesa, rischia di essere accusato di mala fede, con possibili ripercussioni legali.
Questo non è un problema isolato; casi simili sono già emersi in altri paesi, come dimostra l’ammissione di colpa di un avvocato statunitense che ha utilizzato dati errati forniti da un’IA.
La responsabilità professionale degli avvocati
Il mestiere dell’avvocato richiede un alto grado di attenzione e responsabilità. Non controllare le informazioni inserite in un atto giudiziario non è solo una leggerezza, ma può essere considerato un grave errore. La giustizia si basa sulla buona fede e sulla professionalità degli attori coinvolti, e l’uso indiscriminato dell’IA potrebbe compromettere questi principi fondamentali. È fondamentale che gli avvocati siano consapevoli dei rischi e delle responsabilità legate all’uso di strumenti di intelligenza artificiale, e che adottino misure adeguate per verificare l’accuratezza delle informazioni.