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Made in Italy, e se la migliore tutela fosse rendere il cibo Open?

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Ho scoperto che esiste Openwines, un’ iniziativa no profit nata in Francia per definire e diffondere opendata sul vino e sulla provenienza di questo prodotto. Questi signori si sono messi in testa (a parer mio giustamente) che un buon modo per valorizzare il vino francese nel mondo sia definire dove viene prodotto in termini di vigneti e che tipo di vino sia, tutto questo in un formato open accessibile a tutti facendo uso di tassonomie dati e di tag su mappe Openstreetmap.

Questo consente alla community di produrre mappe con particolari visualizzazioni, analisi, grafici e chi più ne ha più ne metta. Soprattutto questo è un progetto che consente la facile diffusione dei “dati del vino francese”.

Il progetto collabora con Openstreetmap Francia.

OpenWines è un progetto in progress, chi se ne occupa chiede di suggerire idee su dati utili da “aprire” e di proporsi per collaborazioni. Lo segnalo perchè è un buon esempio di uso di opendata per la gente e perchè mi ricorda molto un’idea italiana nata per diffondere il valore cibo italiano: EsciLaRicetta sviluppata con gli amici hacker Andrea Borruso, Piersoft (Francesco Paolicelli), Matteo Fortini e Ciro Spataro. EsciLaRicetta chiede a chiunque voglia di rilasciare una ricetta tipica della sua terra, della sua tradizione o semplicemente una ricetta associata ad un bel ricordo in modo da renderla disponibile a tutti in formato open, le ricette sono inoltre divulgate su un canale Twitter e un bot Telegram con cui è possibile cercarle anche per vicinanza alla propria posizione geografica.

Non solo digitalizzare il cibo come fanno tanti, ma digitalizzarlo in forma riusabile.

Sono solo esempi di applicazioni di open innovation, ma mi permetto di estremizzare ancora il concetto che sta alla base.

Ci sto ragionando un po’ in questi giorni che tanto si parla di food, di prodotto tipico italiano e di come fare a tutelare la qualità del nostro cibo e quindi di una parte importante della nostra tradizione. Non ho una soluzione, ma propongo quella che potrebbe essere un’opportunità, quantomeno vorrei che iniziassimo a pensarci.

E’ tema di una trasmissione televisiva alla settimana (di media): discutere di come sia importante tutelare il prodotto tipico italiano nel mondo. E’ questa parola “tutelare” che mi ha fatto riflettere sul fatto che forse un modo di proteggere davvero un prodotto sia quello di renderlo quanto più fruibile si possa tramite la logica dell’opensource (inteso come cultura).

D’altronde gli architetti fanno già così su Opendesk con i progetti di alcuni mobili, molti makers fanno già cosi con Thingiverse con gli oggetti modellati in 3D e molti inventori di macchine da artigiani fanno cosi con OpenBuilds.

E perché per il cibo e la cucina italiana dovrebbe quindi essere trattato diversamente? Se è vero (come io penso sia vero) che l’apertura delle informazioni sviluppa opportunità ed è abilitante per nuovi tipi di economia allora, come dire, dico io: “usciamo la nostra cucina”. Non è forse un tema di pubblico interesse il nome della buona cucina italiana nel mondo? Allora «usciamola» fino all’ultimo ingrediente e «usciamola» fino all’ultima riga delle nostre ricette più segrete. Ci sono tutti gli strumenti tecnologici per poterla condividere, divulgare e persino evitare che qualcuno se ne appropri in modo “indebito”. Concediamo l’uso della nostra cucina, dichiarando che siamo noi italiani a concederlo e che la nostra cucina è fatta in quel preciso modo.

Vi lascio con questo spunto di riflessione.

E se cominciassimo a vedere il nostro cibo italiano in termini di conoscenza da condividere con il mondo intero proprio come si fa con il software opensource e con i dati aperti?

E se cominciassimo a vedere questo come uno strumento per “tutelare” il nostro tanto caro amato ‪#‎madeinitaly‬? E se solo così si rendesse ufficiale l’identità del “prodotto tipico italiano”? Forse potrei sembrare pazzo a qualcuno, ma mi sto sempre più convincendo che le cose potrebbero andare così e che, probabilmente, si “tutelerà” chi si aprirà al mondo e si farà copiare (concedendo di essere copiato in certi termini ovviamente). Rifletteteci anche voi e fatemi sapere che ne pensate.

MATTEO TEMPESTINI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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