Immaginate di camminare per strada e ascoltare le storie che rivelano l’identità e l’energia sociale di un territorio. Lo facciamo spesso con quelle conversazioni nomadi dei walkabout di Urban Experience. Si tratta di esplorazioni urbane che con i sistemi whisper-radio permettono di rilevare quel background antropologico e culturale che sembrava perduto per rivelarlo poi nel web attraverso delle mappe esperienziali. Un buon modo per definire queste azioni è performingmedia storytelling perché
la narrazione è inscritta nell’azione itinerante nei luoghi, con i piedi per terra e la testa nel cloud.
E’ successo in tanti quartieri di tante città della penisola. Come, a Roma, all’Alessandrino dove per le strade di quell’ex borgata nota per essere cresciuta sull’onda spontanea dell’autocostruzione selvaggia, abbiamo raccolto qualche frammento di memoria di quel suburbio romano da anziani affacciati alla finestra del piano terra, contenti di potersi narrare.
O ad Altamura dove si sono esplorati i “sottani”, quei seminterrati popolati tempo fa da botteghe artigiane, per parlare di una possibile staffetta artigiana attraverso cui promuovere un’interazione tra gli antichi mestieri e nuove forme di creatività digitali, tra cui quella dei makers. Il cantiere creativo di StaffettArtigiana ad Altamura ha raccolto sul campo più di cinquanta testimonianze multimediali che narrano di storie e saperi associandoli ai luoghi del centro storico.
StaffettArtigiana al Festival dei Claustri (Altamura)
Le memorie sono state georeferenziate, costituendo una mappa esperienziale che può rivelarsi bene comune da condividere.
Il progetto è stato avviato da Esperimenti Architettonici nel 2012 con l’iniziativa Altamura Domani_Indagine per una città migliore, dove è emersa l’idea di rivalutare le tradizioni e i mestieri per la riscoperta del lavoro artigiano connesso al tema della rigenerazione urbana e della coesione sociale.
Una prima tappa è stata un laboratorio partecipato di co-progettazione, che ha avuto come campo base gli spazi del Museo Etnografico dell’Alta Murgia (in questo storify trovi il social media storytelling dell’esperienza).
La mappatura degli artigiani ha preso forma negli incontri e nelle conversazioni nomadi dei walkabout, creando un performingmedia storytelling in cui la narrazione si coniuga all’azione esplorativa della città.
Una linea d’intervento che può contribuire alla nascita di nuovi servizi culturali e alla creazione di un’offerta turistica gestita dalle comunità, con forme innovative di turismo esperienziale.
E’ qui, in questo processo d’innovazione sociale che si è delineata la condizione abilitante per una staffetta tra generazioni diverse, facendo incontrare gli antichi mestieri di ceramisti, fabbri, falegnami, materassaie, gelatai con i nuovi artigiani digitali e i makers.
Nel cantiere progettuale, durante l’esplorazione del Museo Etnografico s’è scoperto uno strato oggetto: una “tagghj”, un segmento del tronco di una ferula (una pianta diffusissima nelle Murge pugliesi), con degli intagli che marcano le giornate di lavoro in campagna. Un arnese arcaico che rivela una funzione curiosissima: una sorta di “carta di credito” ricaricabile. Ogni tacca corrispondeva ad un valore a cui doveva corrispondere un compenso.
E’ sulla base di questa suggestione che alcuni makers del gruppo di lavoro, Giovanni Diele di Fabinitaly e i fratelli Giuseppe e Donato Stolfa di Stolfa Innovative Technologies hanno sviluppato e presentato un prototipo di “tagghj” contemporanea: una sorta di “token” interattivo composto da due elementi che se incastrati nel modo giusto consentono la lettura di un mobtag (o QR code) che linka a www.staffettartigiana.it .
Il punto cardine della questione è nella produzione di mappe esperienziali nel web che rimangano quindi a disposizione della comunità con una strategia d’innovazione territoriale.
E’ su questa linea d’azione che si continua ad esplorare nei contesti più diversi e ora sta accadendo con un’evoluzione tecnologica più performante di quel geoblogging (vedi la definizione che ne dà Treccani) che ha connotato per circa dieci anni un’attività che ha permesso di “scrivere storie nelle geografie”.
Il salto di qualità di cui stiamo parlando è con l’utilizzo dell’app Mapcast (da qualche giorno su PlayStore e tra poco anche per Mac) con cui è possibile georeferenziare con due clic non solo foto e notazioni ma le registrazioni audio che si raccolgono esplorando un territorio.
L’App è sviluppata dalla società romana ETCware e si attesta come una delle soluzioni più abilitanti per produrre mappe mentre si cammina, sul campo, con un approccio decisamente So Lo Mo (Social Local Mobile) che di fatto sta coniando una nuova procedura di performing media: il mapcasting.
Così come il broadcasting ha espresso la radiodiffusione (da più di un secolo, dalle prime sperimentazioni di Hughes, Hertz, Tesla e poi Marconi che la brevettò nel 1897) oggi
il mapcasting si delinea come la possibilità di diffondere informazioni georeferenziate immediatamente, risolvendo gran parte del lavoro di editing via web.
Come è successo qualche settimana fa a Via Alessandria, a due passi da Porta Pia, dove infilandosi negli androni dei palazzi costruiti subito la Presa di Roma s’è scoperto, dalle rivelazioni dei più anziani, come quella strada fosse densissima di fabbriche di birra, di ghiaccio, di caffè e di biscotti. Le loro voci sono state registrate e subito pubblicate, agganciandole via GPS, creando di fatto un itinerario emozionale ed autentico (non recitato ma tratto da una “fonte primaria”, come si dice in ambito antropologico) che rivela l’essenza di un territorio.