Marco Bestonzo: ecco come inizia la fantastica storia di INTOINO

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Racconterò INTOINO così… con Stairway to Heaven in sottofondo e la prima neve che cade a Torino, con l’unica differenza che quando nacque INTOINO, qualche mese fa, oltre il vetro non c’era l’aria Sabauda del nord-ovest d’Italia ma c’era Stoccolma, dove lavoravo per un master in bio-innovazione.

Mi ero di recente iscritto ad una competizione per hackerare il corpo umano, l’Health Hack Day e volevo provare a vedere se potevo estrarre dati interessanti dalla mia pelle illuminata all’infrarosso di un comune telecomando, per creare un App che leggesse dal corpo qualcosa di nuovo, innovativo.

Però non avevo nè una cassetta degli attrezzi nè un laboratorio dove liberare il flusso di idee creative che mi giravano nel cervello in quei giorni.

Facevo un lavoro d’ufficio e, per un nativo smanettone come me, mi sono sentito in gabbia, dovevo trovare una soluzione.

Tutto ciò che avevo era un computer o un comune smartphone in tasca e quindi, dato che avevo un problema, ho iniziato a pensare a come risolverlo.

Ho pensato a tutti i progetti di elettronica svolti nel passato ed effettivamente mi sono accorto che l’elettronica non è altro che una infinita combinazione di 4 fattori sempre uguali: dati input, dati output, elaborazione dei dati e comunicazione (filo, wifi e qualche sia).

Mi sono quindi detto: “Sarebbe fico programmare una scheda Arduino perché facesse una di queste 4 cose in un attimo, magari con qualcosa che tutti hanno in tasca come lo smartphone e magari senza fili”…ed ho iniziato a pensare.

Avevo già visto progetti tra iPad ed Arduino in giro ma non avevo mai visto un’applicazione per progettare idee con uno smartphone e Arduino.

La stessa sera mi hanno raccontato una storia pazzesca che ha influenzato massivamente INTOINO.

Al Karolinksa Institutet, università in cui lavoravo ed ospedale universitario, se di notte ti rompi una gamba, i raggi X te li fanno sul posto ma la diagnosi invece viene fatta dall’altra parte del mondo, precisamente in Australia. Si, in Australia, dove è giorno. Così non si paga l’extra notturno per il personale medico locale. In fondo anche la tua lastra oggi è digitale e quindi senza limiti, può trasferirsi in pochi secondi a migliaia di chilometri di distanza, farsi esplorare da qualcuno e ritornare impacchettata di diagnosi, il tutto in un paio di click.

E’ stata la rivoluzione, l’eureka! perché lo stesso si poteva fare con il codice di Arduino: trasferirlo, raggrupparlo, liberamente come open source in un App e classificarlo in una delle 4 categorie di cui sopra e poi remixarlo a seconda delle proprie necessita. A seconda delle proprie idee, facile come installare un App. Insomma una nuvola di codice/progetti Arduino che pilota una azione semplice o complessa, riutilizzabile, condivisibile e modificabile a seconda delle proprie necessità.

Ho pensato: un i-Tunes per Arduino dove il codice rappresentato in icone semplici da interpretare potesse essere usato da tutti, liberamente per portare alla vita i propri progetti, facile come scaricare una canzone. Perché creare del nuovo codice, quando è già tutto pronto per essere riutilizzato, pescato da chissà quali zone remote nel mondo che in attimo possono diventare vicine grazie ad un app che parla con Arduino una lingua wifi?

Così è nata INTOINO.

Ne ho subito parlato con Paolo Motto, anche noto come WikiAPaolo, geniaccio del Polito/IIT con cui avevo lavorato in passato e avevo visto spesso smanettare con Arduino ed iPad insieme. Gli ho descritto l’idea in una mia trasferta Italiana e lui ha subito risuonato alla cosa e confermato la fattibilità tecnica.

Passano alcuni mesi e decido di mettere su una squadra per creare INTOINO una volta di ritorno in Italia, ma avevo bisogno dei migliori. Ho quindi chiamato via Skype da Stoccolma a Torino Paolo, Dario Trimarchi, guru dell’HW del Politecnico di Torino e Federico de Giaoannini (mio ex esercitatore di Bioelettronica) che mi ha insegnato a mettere le mani sul mio primo microcontrollore, ora App developer.

Era giugno e a breve rientravo in Italia per la fine del mio master in Svezia; proprio il giorno successivo a Torino c’era lo startup weekend della KAUFFMAN FOUNDATION.

Sembrava un segno, UN’OCCASIONE IMPERDIBILE PER CREARE LA SQUADRA perfetta ed un prototipo per vedere cosa pensava la gente di una idea del genere.

Lo propongo agli altri 4. Ci stanno subito. Nonostante la mentalità italiana, non hanno esitato un minuto. Piace l’idea e il potenziale perché tutti l’avrebbero usata in un futuro per inventare, e poi…sapevamo che ci saremo divertiti un mondo.

Valigie, bye-bye Sweden, aereo e 15° di sbalzo termico: Italia e Startup weekend Torino.

Si inizia. Primo pitch per il pubblico. Mi impappino, va malissimo, l’abitudine di presentare in inglese mi ha eroso l’effetto in italiano. Ma passiamo la prima selezione, siamo una delle 15 finaliste sulle tante idee proposte. Si inizia a lavorare e colleziono i tasselli che vedevo mancanti per la squadra: Business, Social marketing e Designers.

Incontro Gian Andrea Fanella da Roma, due startup nel portafoglio, una a Miami e una a Londra. Preso! non avevo bisogno di sapere altro. Merito.

Alberto Recalenda, ex compagno di corso, background tecnico ma footprint di business. Preso!

Incontro poi due designers di Padova: Alex Simon e Mario Carabotta, che lavorano solo insieme perché solo così danno il meglio e lo volevano fare per INTOINO. Mi piacciono subito, soffro perché stavamo superando il numero max di partecipanti alla squadra ma sapevo che senza design il prodotto non sarebbe stato lo stesso. Ed avevo ragione. Presi! Passione e Design.

Mancava il Marketing e mancava disperatamente una donna, eravamo tutti uomini e questo era un difetto ma tra gli ingegneri delle Startup weekend… era una impresa.

Incontro l’appassionata Anna Venere Genova, siciliana, vedevo in lei il viaggio fino a Torino per partecipare e questo mi bastava a capire che ne valeva la pena. Parità del sesso e dell’età.

Ok la squadra era pronta e avevamo 48 ore per creare INTOINO. E così è stato, abbiamo deciso “chi faceva cosa” e “in che tempi” . Planning, check. I designer fornivano i contenuti a Fede che creava l’app. Dario e Paolo rendevano possibile la comunicazione tra iPad e Arduino. Lato business, io Gian e Alberto dettavamo il modello di Business e la strategia di comunicazione.

Molto lavoro e poco sonno. Sembravamo già una vera azienda.

48 ore passate insonni e in men che non si dica si presenta al grande pubblico. La presentazione piace e concludiamo facendo spegnere un LED con un soffio come se fosse una candela, una delle tante idee sviluppabili con INTOINO e attendiamo le votazioni. Non faccio in tempo a uscire dal palco che La Stampa ed altri interessati si avvicinano e chiedono informazioni su di me. Compreso l’I3P, incubatore di Imprese innovative per POLITO che è ispirato dall’idea.

Pubblico e giudici elaborano le varie idee e votano, chi via penna e foglietto, chi via Twitter. Il momento.BOOM, INTOINO seconda per la giuria e prima per il pubblico!

Non ci credevo, ma era vero. Vittoria!

Una mia idea, partorita in condizioni incredibili e con i migliori chirurghi a creare il prototipo in meno di 48 h, vince, e vince due volte. E, soprattutto, piace al pubblico.

Così è nata INTOINO e decidiamo di andare avanti, insieme, per creare un sistema per portare alla vita le proprie idee di prodotto o Internet of Things con Arduino. Per tutti, anche per chi normalmente non è a suo agio col codice.

Una startup Italiana, in Italia, età media 27 anni e legata dalla passione per il progetto.

Il dove (Nord o Sud) non è un parametro. Il come è solo uno: il merito, e basta.

Come siamo arrivati fino a LeWeb? Applicandoci, elaborando insieme ai mentori dell’I3P del politecnico di Torino il Business Model/Plan e rischiando.

Mollo il vecchio lavoro (dottorato) e ci provo, sento che anche se è da testare l’idea può andare e mi baso sul fatto che la gente ha scelto INTOINO.

E poi lavoro, tanto lavoro, 12 h/gg per 3 mesi e mando la application al concorso LEWEB, nulla di più. Nulla che chiunque con una grande ambizione non possa fare, in Italia come all’estero. Anzi, vi dirò.. è proprio in Italia che andrebbe fatto, perché nonostante tutte le difficoltà socio-politiche, la creatività del Bel paese è ineguagliabile e il potenziale c’è tutto.

Deve solo essere liberato, trasformato in realtà.

Così da poter dire che “anche in Italia si può fare la prossima Google o Facebook”, non per noi, ma per i nostri figli.

La mail di LEWEB arriva una mattina dove iniziava a fare freddo: ci selezionano – svengo. non ci credo. O forse me lo sentivo. Non importa. Andiamo avanti.

Non avevamo il prodotto pronto, e avevamo meno di 20 giorni per creare il massimo nel minimo del tempo a disposizione.

Accettiamo democraticamente la sfida e sia io che gli altri di INTOINO team diamo il massimo. Ognuno dopo il lavoro (quello vero) e nei we.

Notte e giorno per INTOINO. 20 giorni, solo 20 giorni per creare quello che abbiamo presentato e fare capire praticamente in quei maledetti 6 minuti che INTOINO è una nuova opportunità per il mondo. E questa è la nostra visione.

Parigi romantica e splendida come sempre.

Esponiamo per la prima volta ad una fiera, l’ interesse per INTOINO è da subito caldo e lo stand è così impegnato da non riuscire a vedere le conferenze presentate nell’altro padiglione, dove parlano i VIP.

Impossibile muoversi, inchiodati allo stand, tanti feedback e interesse da curiosi, industria e finanziatori (Business angels e Venture Capitalists).

Poi tocca ad INTOINO: presentiamo su palco, partecipiamo e non vinciamo, ma portiamo a casa un bel bagaglio di contatti e feedback che vanno da Google a Nokia e spunti su come fare meglio!

Un esperienza unica, breve, ma intensissima.

Felici soprattutto di avere rappresentato l’Italia che innova, e dimostrare pubblicamente che il Mediterraneo è terra di ingegno e cultura, spesso inespressa.

Il fatto stesso di avere avuto il privilegio di rappresentare e comunicare le doti del mio Paese, è valso tutti gli sforzi precedenti.

E ora siamo tornati qui in Italia.

INTOINO va avanti, con ancora più motivazione e conferme ed entusiasmo, più matura forse.

Come altre migliaia di Startup Italiane fatte di cervelli nostrani, giovani e volenterosi che ogni giorno cercano di creare ed innovare il futuro del Paese più bello del mondo.

Per farlo tornare a sognare di nuovi miti e nuovi nomi che risuonino nelle orecchie del mondo come Ferrari ha fatto in passato.

Non perché fa figo, ma perché non è etico sprecare questo nostro innato potenziale che avrebbe solo vantaggi e ritorni in crescita a lungo termine.

Immaginate se la cura per il cancro fosse chiusa dentro un cervello nostrano. Chi si vorrebbe sentire responsabile di chiudere il lucchetto a quel cervello?

E allora apriamoci al futuro e all’innovazione, perché dipende da tutti noi!

In bocca al lupo Italia!

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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