Mark Kaigwa: Social media, app e siti web, questa è l’Africa che corre

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Africa e tecnologia vi sembrano due concetti difficili da associare? Secondo Mark Kaigwa (sotto, nella foto di Sven Torfinn), venticinquenne blogger kenyota, questo significa una sola cosa: «Avete avuto troppa poca Africa nella vostra dieta Internet. Non mi riferisco ai media tradizionali, ma di sicuro non avete masticato abbastanza blog, social media, App e siti web africani». Se lo aveste fatto, lui ne è convinto e ora anch’io, vi sareste accorti che a sud del Mediterraneo ribolle una potenza emergente nel settore delle nuove tecnologie.

Lo so, sembra un’esagerazione. Pareva anche a me, prima di incontrare Mark alla ventesima assemblea generale dell’UNWTO (Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite), della quale è stato blogger ufficiale e social media expert. L’hanno scelto per raccontare quello che accadeva all’Assemblea generale, ma anche per farsi raccontare da lui cosa sta cambiando in quello che in molti continuano a considerare un paese, e invece è un intero continente, un calderone in cui si mescolano le idee di artisti, makers, giornalisti, hacker, giovani imprenditori.

Mark è nato e vive a Nairobi, ha 25 anni e uno sguardo acuto, che da quando ne aveva 18 è puntato sul continente in cui è nato e dal quale si attende molte soddisfazioni. Il suo blog è stato nominato al Best of Blogs Awards nel 2012 e questo gli ha in parte cambiato la vita, aprendo l’orizzonte delle sue collaborazioni internazionali e insieme quello delle informazioni circolanti sulla tecnologia africana. Secondo Forbes, oggi è uno degli imprenditori under 30 più promettenti dell’intera Africa e si occupa di fornire consulenze alle imprese che decidono di aprire il loro business a quel mercato attraverso la sua società. «Il Kenya è in fermento ed è la culla di idee e cambiamenti che da anni si estendono all’intera regione dell’Est Africa.

Non vorrei vivere in nessun altro posto», dice convinto. Per un blogger appassionato di nuove tecnologie, vivere in Africa non sembra esattamente un must. Così indago.

In che modo le nuove tecnologie hanno cambiato lo stile di vita in Africa?

Ormai sono decine le applicazioni sviluppate da africani per gli africani, e poi ci sono i tablet, i nuovi strumenti per la connettività, le soluzioni ideate dai digital artist. Basta pensare alla vita quotidiana: M-Pesa, per esempio, mi consente di usare il cellulare per comprare App, cibo e servizi in maniera più semplice che in qualsiasi altro luogo nel mondo. MXit è un social network sviluppato in Sud Africa e accessibile dai cellulari, che insieme è anche un mercato virtuale, un sistema di pagamento, una piattaforma di messaggistica istantanea, Beyollak è un’incredibile e frindly App antitraffico egiziana, mentre Dropifi, nata in Ghana, è già riuscita a stabilirsi nella Silicon valley, monitorando i dati relativi alla clientela per numerosissime aziende.

Inoltre esistono spazi creativi, Innovation labs come iHub che mi permettono di creare interagendo con tutta una nuova generazione di talenti emergenti. Con più di 35 Hub in 13 paesi sparsi in tutto il continente, questi stanno diventando i punti caldi dell’innovazione in tutta l’Africa. Si sono create così aree come il Silicon Cape in Sud Africa e la Silicon Savanna in Africa orientale. Una delle ultime tendenze cui prestare attenzione poi è quella della Nigeria, che si sta proponendo come competitor nella tecnologia, in quella che è stata già definita la “Silicon Lagoon”.

Cos’è la Silicon Savanna?

È un’incredibile opportunità per il continente di offrire nuovi servizi al mondo intero, creando tecnologie per il prossimo miliardo di persone. Servirà anche a dimostrare che si può guadagnare molto di più raggiungendo l’intera società, piuttosto che puntando solo sui ricchi e la classe media. È chiaro però che perché l’idea di una Silicon Savanna possa divenire realtà, non solo in Kenya ma anche nel resto dell’Africa, ci deve essere un intero ecosistema pronto, non solo uno o due valori anomali. Nell’Africa sub-sahariana, l’idea più diffusa è che avremo diversi settori-chiave in cui l’innovazione avrà luogo. Il ritmo dell’innovazione sarà guidato da una serie di fattori, tra cui uno dei più interessanti sono appunto gli hub di cui parlavo prima.

Che tipo di nuovi prodotti ti aspetteresti di veder sviluppati dagli africani nel prossimo futuro?

In primo luogo device mobili mirati ai bisogni del continente africano, quindi con soluzioni specifiche per salute, igiene, energie rinnovabili e con un capitolo interamente nuovo da scrivere nel movimento dei ‘maker’ (Maker Faire Africa, per esempio, è già alla sua quinta edizione, ndr).

Con la connettività come la mettiamo? In Africa è una bella sfida.

Il nostro mercato ha oltrepassato d’un balzo la connettività fissa e oggi poggia su telefoni cellulari e tablet più di qualsiasi altro. BRCK.com è uno strumento in grado di collegare qualsiasi dispositivo mobile praticamente a qualsiasi rete e sta per diventare la più grande opportunità per la connettività wireless. Attualmente ha avviato un progetto di crowdfounding su Kickstarter per passare alla produzione in serie e lo aspettiamo con ansia in vendita su Jumia.

Esistono versioni africane di e-Bay o di Amazon, quindi?

Ci sono piattaforme africane in cui condividere contenuti, comprare, vendere, messaggiare, certo. Per esempio cheki.co.ke e oneafricamedia.com, così come Naspers, la più grande compagnia media/tech rivolta ai mercati emergenti, con base in Sud Africa e investimenti tra l’altro in Brasile, Russia, India, Cina. Anche lo spazio per l’e-commerce sta esplodendo. Jumia in Nigeria, Kalahari in Sud Africa e un certo numero di compagnie dell’Est Africa stanno provando a fare la parte del leone nel continente africano, su cui Amazon non si è ancora concentrato.

Quali consigli dai alle aziende che ti contattano per capire come sbarcare sul mercato africano?

Non c’è un modello che vada bene per tutti. Il nostro mercato si apre a coloro che sono capaci di considerarlo uno spazio abitato da diversi tipi di clienti, con diversi bisogni. In ogni caso, un tipo di ricerca centrato sulle persone consentirà di risolvere in modo nuovo sempre più nuovi problemi e spalancherà un intero continente di opportunità.

Perché un’azienda dovrebbe investire in Africa?

Il nostro Pil sta crescendo, la popolazione sta crescendo. Oggi in Africa più di 620 milioni di persone sono in possesso di un telefono mobile, e continuano ad aumentare. Il nostro mercato ha saltato il gradino dei Pc e della connettività fissa e sta esplodendo direttamente a partire dai cellulari. Ricordate la storia del leone e della gazzella che ogni mattina si svegliano in Africa sapendo che se vogliono sopravvivere devono correre uno più veloce dell’altra? Bene, io credo che l’Africa abbia iniziato a correre.

ALESSANDRA VIOLA

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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