#MCD14 ; L’innovazione e la marcia in più per capire le cose

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In moto si sta in silenzio. Siedi, con la schiena dritta, e il respiro si fa per forza di cose addominale. Sembra un esercizio di concentrazione, come lo Joga, il Qi Gong. In moto guidi e pensi. Se sei bravo, pensi pure bene. Al più guardi. Che altro puoi fare? Mi è capitato anche questa volta. Sono all’inizio di un viaggio che da Roma mi sta portando in Sicilia. Ma è un viaggio un po’ diverso. Ogni passaggio aveva un altro passo. Una marcia in più, forse.

Me ne sono accorto per la prima volta ieri mattina nel Sannio, duecento chilometri dopo la partenza da Roma. Vedevo delle cave. Cemento forse. Enormi colline che sembrano morsicate da giganti. Le ho guardate fino a immaginare di intravedere il segno dei denti.

Grossi denti di gigante. Pezzi di terra mangiata e sputata altrove e diventata case, ponti, o chissà. Beh, in quel momento ho pensato a Francesco Tassone. Al suo Hacking Material Lab di Simbario, Vibo Valentia, e al suo progetto di hackerare la materia per costruire palazzi a chilometro zero. È stato il primo post che ho letto e editato per CheFuturo! Novembre scorso.

Un caso forse? No, affatto. Ho capito che quel post, la storia di Tassone, mi ha cambiato la percezione di un fenomeno. Mi ha lasciato un segno, mi ha dato un’idea, una prospettiva e una soluzione su un fatto particolare. Qualcosa che molti di quelli che vedevo in macchina sulla A1 nemmeno potevano immaginare, a cui forse nemmeno avrebbero creduto.

Ed è stata solo la prima di tante storie. Qualcosa di analogo mi è capitato poco dopo quando sono passato nei pressi di Calvanico, la sede di Rural Hub. Quella terra, quei colori, avevano una nuova prospettiva. Un nuovo senso. Ho ricordato a 120 all’ora sulla A1 le chiacchierate con Alex a Digital Venice, la sua passione quando parlava della sua rivoluzione rurale. La ruralità che diventa critica del pensiero unico delle città. Ancora a Salerno, su quel tratto di autostrada a strapiombo sul mare, mentre vedevo allontanarsi le navi container, pensavo a quel domani che le avrebbe viste diventare navi-droni. Ci pensavo, le immaginavo, ero in moto. E ancora quando passavo dalle periferie de industrializzate vicino Colleferro, e pensavo alle FabCity raccontare da Simone Cicero, la produzione manifatturiera che cambia con l’opensource.

Proverò a raccontare in questi giorni quello che vedrò in questo breve viaggio in moto. Sarà un diario, lo chiameremo #motorcyclediaries14, meglio #mcd14. Un po’ Guevara, un po’ Pirsig, ma senza prendersi troppo suo serio. Ah, poi vi presenterò anche la moto.

Sono partito il 2 agosto alle 7.30 da Roma. Tra autostrada e provinciali sono arrivato a Salerno alle 11.30. Da qui mi sono imbarcato per Messina. Scrivo in nave. Il sole si abbassa piano. La moto nella stiva, direzione Messina. Passo dalle Eolie. Ecco Stromboli, meraviglia fumante su un sole carico. Energia pura dal cuore della terra. Brucia di vita. E ricordo le pagine finali del Viaggio al centro della terra, di Jules Verne. È qui che finisce il viaggio di Otto Lidenbrock e compagni, dopo che ha caricato gli occhi e la mente di cose che mai ha visto prima. Un po’ mi sento così anch’io, alla fine di un viaggio, e all’inizio di un altro. Carica la mente e gli occhi. Per ora mi dirigo verso sud. Domani arriverò a sud di Tunisi.

In mare, 4 agosto 2014Arcangelo Rociola

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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