La situazione fiscale di Meta in Italia
La Procura di Milano ha recentemente notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della divisione irlandese di Meta, accusandoli di frode fiscale. L’accusa si basa sul presunto mancato versamento dell’IVA per un importo che supera i 887 milioni di euro, relativo ai periodi di imposta dal 20. Questa indagine, avviata dalla Procura europea e successivamente trasferita a Milano, ha messo in luce una questione cruciale riguardante le pratiche fiscali di una delle aziende più influenti al mondo.
Dettagli dell’accusa e impatto economico
Secondo le autorità, Meta non avrebbe versato l’IVA su un imponibile non dichiarato di circa 4 miliardi di euro, derivante dai ricavi ottenuti dall’uso dei dati personali degli utenti.
Sebbene l’iscrizione a piattaforme come Facebook e Instagram sia gratuita, gli utenti forniscono i loro dati in cambio di servizi, creando così un “scambio sinallagmatico” che, secondo la Procura, impone a Meta l’obbligo di pagare l’IVA come stabilito dalla normativa italiana. Il Procuratore Marcello Viola ha sottolineato che i servizi offerti non sono affatto gratuiti, ma sono compensati dai dati personali degli utenti.
La posizione di Meta e le implicazioni legali
In risposta alle accuse, un portavoce di Meta ha dichiarato che l’azienda rispetta gli obblighi fiscali in tutti i paesi in cui opera e ha collaborato pienamente con le autorità competenti. Tuttavia, Meta ha espresso disaccordo con l’idea che l’accesso alle sue piattaforme debba essere soggetto al pagamento dell’IVA.
Questa posizione potrebbe avere ripercussioni significative non solo per Meta, ma anche per il settore tecnologico in generale, poiché potrebbe influenzare le politiche fiscali e le normative riguardanti l’uso dei dati personali.