Più pulite, interconnesse, distribuite, vivibili. Le metropoli dove abita metà della popolazione mondiale sono chiamate, dopo il Covid, a diventare i fulcri dell’adattamento del pianeta al cambiamento climatico e i cantieri di una nuova architettura e logistica “open space”, capace di convivere con periodiche ondate di virus e alle altre calamità naturali provocate da inquinamento e incuria verso le infrastrutture. Indietro non si torna, fasi 1 non ce ne devono essere più. Poteva andare peggio e l’epidemia non è ancora finita: non possiamo permetterci di non sfruttare il dramma epocale sofferto per ripensare adesso l’intero modello di sviluppo in cui abbiamo stagnato. Le aziende rinuncino ai dividendi e investano su quanto è stato tralasciato e rimandato in attesa di tempi divenuti peggiori.
Le istituzioni non cedano più alla corruzione e alla logica del ribasso ma si rivolgano a materiali e professionisti di qualità, per non veder venir giù ponti e palazzi al primo temporale, o laghi e falde prosciugarsi al primo caldo.
La metropoli post Covid
Il solco è tracciato. A cominciare dallo smaltimento dei rifiuti: raccolte puntuali, centri di smistamento e riciclaggio, aree ad hoc per quelli speciali e i nuovi. Guanti e mascherine su tutti, trasformate in 60 giorni da presidio di nicchia, usato da pochi per proteggersi da smog e polveri sottili, a parte integrante del guardaroba d’ogni strato sociale, come slip e calzini. Se non sarà la coscienza, eco della paura che tuttora serpeggia con l’infezione, sarà la minor circolazione a far sì che la spazzatura finisca meno in discariche abusive all’aperto e più nei bidoni differenziati dei condomini.
Il riutilizzo taglierà poi gli stoccaggi e non saranno necessari altri inceneritori se le decine sparse in Italia non si limitassero a bruciare la mezza tonnellata di immondizia l’anno prodotta da ogni italiano, ma la tramutassero in compost ed energia pulita.
Il secondo punto sono i sistemi di mobilità in sperimentazione, oltre al car e bike sharing, piantanti in asso dall’allarme contagio. Come Next, il futuristico progetto di alcuni ex studenti dell’università di Padova trasferitisi nella Silicon Valley: un bruco di cabine alte 3 metri, smontabili e rimontabili in tempo reale secondo la quantità di passeggeri e le esigenze del traffico. Carrozze elettriche a guida autonoma, veloci 80 km/h, acquistabili a pezzi, che si agganciano e sganciano come un domino, ricaricabili in corsa se si impianteranno le colonnine.
Si potrebbe sposare l’incremento di percorsi ciclabili e pedonali con la riconversione dell’illuminazione pubblica tramite fotocellule e led, rilanciando invenzioni come la pista luminosa vicino Pavia: spalmata con una speciale resina, rilascia di notte la luce catturata di giorno. Per alcune soluzioni sono ormai superati pure i pannelli solari. Ci vorrà tempo ma neanche troppo. Le idee, concrete, già ci sono e ci sono anche gli esempi dove l’efficienza energetica ha diminuito l’impatto ambientale e accresciuto la qualità della vita dei residenti: Copenaghen, Stoccolma, Vancouver. Recupero di energia dai termovalorizzatori; sgravi fiscali a eolico e fotovoltaico; incentivi a veicoli elettrici e a metano dopo bici e monopattini: fare a meno di carbone, petrolio e nucleare si può.
È questo il momento di favorire edilizia e urbanistica, terzo punto, ristrutturando finalmente l’infinito patrimonio di strutture anche di pregio abbandonate in quartieri centrali, oltre che nelle campagne attorno ai nuclei urbani, focolai di emarginazione. E approfittare dell’ottimizzazione dei movimenti per inserire più alberi a chilometro quadrato nei piani regolatori, giardini smoke e plastic free come sulle spiagge, per depurare l’aria e non asfissiare tra asfalto e cemento. Certo va tenuto presente che le maggiori città italiane includono zone e siti d’interesse storico e artistico millenario, patrimonio Unesco, composti da vicoli, edifici e rioni antichi non progettati a loro tempo per ospitare centinaia di migliaia di persone. Beni architettonici intoccabili e vincoli paesaggistici restringono parte degli interventi immaginabili.
Risorse e vantaggi
Per tutto questo bel pacchetto però, banale dirlo, servono i soldi. E subito, tanto per cambiare. Se la fallimentare macchina di sussidi e prestiti che abbiamo avuto modo di apprezzare non sarà ammodernata, agli imprenditori toccherà ancora una volta far da soli, puntando forse sui bandi Ue. La vicenda dell’ospedale in Fiera a Milano insegna che quando servono i liquidi si trovano: bisogna però saperli impiegare, ragionando come se l’emergenza non fosse finita e impostando ogni programma sulla reazione indolore al suo ritorno, dato per scontato dai medici.
Ci lavorano in tanti alla smart city del post Coronavirus, dall’Inu al Cnappc, ma la parte del leone spetterà al digitale e alle startup del web; a cui anche i più restii si sono dovuti avvicinare durante il lockdown con videocall ed e-commerce, favoriti da giga, contenuti e servizi gratuiti o scontati. L’online contribuisce a costi contenuti a questo orizzonte urbano di spazi ampi, meno stressati dalla calca: tutto più largo – piazze, carreggiate, parcheggi, marciapiedi – per far spazio a corsie riservate e verde. Si tratta di estendere la tecnologia (e l’igiene) introdotta in stabili e appartamenti ai luoghi esterni e condivisi, alla città. E capoluogo per capoluogo, a tutto il Paese: mentre si installa il 5G sono ancora vaste le zone, fuori dai grandi agglomerati urbani, dove non c’è ancora connessione internet.
La densità media della popolazione, concentrata in una manciata di città e regioni, d’ora in poi potrebbe distribuirsi in maniera più omogenea sul territorio nazionale: grazie all’esplosione dello smart working non mancherà chi sceglierà di lavorare da remoto in centri più a misura d’uomo, vicino al mare o al bosco, contrastando così lo spopolamento dei borghi e abbattendo il fenomeno della pendolarità. Abbiamo già notato come siano finite le resse su metro e bus e le file ai supermarket.
Meno folla in giro anche per tutta la burocrazia sbrigata finora allo sportello e che l’identità Spid promette di risolvere: iscrizioni a scuole e concorsi, cambi di domicilio, saldo di contributi, tasse e multe varie. La macchina della Pa è un pachiderma proprio perché non si è tuttoggi dotata di software e applicativi aggiornati. Le movide ripartite a razzo provano che, se vorremo, non condurremo esistenze isolate e asociali. Potremo bensì scegliere, e decidere in maniera più consapevole delle nostre ore. Il nuovo approccio a spostamenti e servizi, razionale e telematico, non sarà altro che il naturale proseguimento del modo di pensare e agire che abbiamo dovuto velocizzare nelle settimane della chiusura.
Ogni guerra ha accelerato la tecnologia e il Covid è stato più volte associato metaforicamente a una battaglia, con vittime ed eroi. Dopo il buio, sulla città post virus deve splendere l’alba di quel nuovo Umanesimo, quel moderno Rinascimento di cui si parlava tanto prima della peste: è in atto una rivoluzione degli insediamenti in cui l’essere umano da sempre si realizza, comunica e tesse le sue relazioni, e dunque del suo stesso destino.