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Morello: Al ministro chiediamo la banda larga in tutte le scuole

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Da undici anni alla mattina carico sulle spalle uno zaino di centocinquanta chili (si fa per dire…), cerco di prendere in tempo una corriera, leggo e imparo da carta e schermi retroilluminati. Ecco perché ho spesso mal di schiena. Odio le corriere. Sono miope. Nel bene e nel male vivo la scuola ogni giorno.

Negli ultimi tre anni però, da quando cioè mi misi in testa di portare internet veloce nel mio piccolo paesino friulano, ho iniziato anche ad occuparmi di internet e digitale. Mattino: scuola. Pomeriggio: banda larga e innovazione. Mi sono reso conto che questo solco definito che divide la mia giornata ha continuato a crescere sempre di più col passare del tempo. Cos’è la Scuola se non il nuovo per antonomasia? È fatta di nuove persone, idee e cervelli che iniziano ad affrontare il mondo.

Dovrebbe quindi coincidere con il futuro. Com’è possibile che, invece, sia così antitetica anche al presente?

Ma come: esiste l’ora di informatica! Ah, la famosa ora di informatica… ne sentite anche il suono misterioso, quasi mitologico? Alle elementari voleva dire entrare in una minuscola stanzetta dove cinque bambini lottavano per poter controllare un vecchio mouse beige e disegnare con Paint. Alle medie l’ora diventò bisettimanale e la principale occupazione dei maschi divenne aprire youporn sotto al lavoro da fare, senza farsi scoprire dal professore. Ora alle superiori la sfida è simile, ma coinvolge tutta la classe ed è più casta: si tratta di chattare su facebook.

Noi “nativi” digitali non siamo sempre maestri di internet e digitale come la pigrizia di molti adulti porta a credere, ma semplicemente usiamo interfacce più abilmente.

Ecco perché siamo noi i primi, non ci crederete, a voler imparare. Lo dimostrano i buoni feedback ottenuti da iniziative di alfabetizzazione digital-innovativa diretta ai nativi come ad esempio GSE.

Siamo però anche barbari, tanto per citare Baricco. Vorremmo quindi una scuola dove il “nuovo” non si limiti a strumenti beige e non svanisca varcando le aule computer (se ci sono) per tornare poi a scrivere su pietre nere. Vorremmo una scuola con strumenti che salvino la nostra colonna vertebrale, ma soprattutto che rispecchi di più il nostro barbarico modo di pensare, studiare ed imparare.

Non una scuola del futuro, ma una scuola del presente.

Dobbiamo cercare di eliminare quel solco che fa parte della mia vita e di quella di tutti noi: la divisione tra vita a scuola e vita nel mondo “vero”, dove la rete e il digitale sono ormai ovunque.

La vera potenza di internet sta nel suo essere prima di tutto rete di cervelli e idee (come dovrebbe essere la scuola!) e arma di costruzione di massa indispensabile per costruire una scuola nuova. Dobbiamo essere noi studenti, però, i primi a volerlo veramente e a fare qualcosa di nuovo per riuscirci. Lasciamo a casa vecchi slogan che non ci appartengono e insieme alle carote iniziamo a portare in piazza la richiesta di avere “più internet, più banda larga”!

Come facciamo a parlare di Scuola 2.0 e di iSchool se esiste ancora il digital divide? Se milioni di studenti come noi non possono collegarsi decentemente ad internet? Se migliaia di scuole non hanno un collegamento o permettono l’accesso in un unico luogo, magari a pochi professori eletti? Internet veloce e aperto nelle scuole vuol dire aprirsi a nuove possibilità e soluzioni. Pensate anche solamente al problema delle poche sale attrezzate da prenotare o alle possibilità di approfondimento, comunicazione e discussione applicate all’istruzione.

Non servono iPad, LIM e strumenti mostruosi dati a poche classi. Qual è la differenza rispetto all’uso delle vecchie apparecchiature se non c’è collegamento? È un controsenso. Prima del metallo dev’esserci la rete! Esistono già istituti e classi che con soluzioni innovative sono riusciti ad innovare senza chiedere niente a nessuno. A molti di questi la banda già ora non basta. Inoltre più broadband e più internet a scuola facilita l’inclusione digitale, porta famiglie e persone online, come chiede l’Agenda digitale europea.

Alla luce di tutto questo, perché non prevedere, come criterio fondamentale per la realizzazione del piano nazionale banda larga, la copertura dei plessi scolastici come fatto con le sedi amministrative in alcuni progetti regionali? Certo, molte volte le scuole non permettono l’accesso agli studenti per scarsa fiducia commettendo un errore colossale. Se durante un compito in classe vogliamo (inutilmente) copiare da internet una versione di latino o un tema di italiano possiamo già farlo clandestinamente con smartphone e cellulari. Bigliettini due-punto-zero. Al contrario non possiamo, o meglio ci è addirittura vietato, beneficiare dei tantissimi benefici che la rete può portare a noi e agli insegnanti. Non possiamo pensare di cercare online un quadro di Leonardo per vederlo nel dettaglio o magari utilizzare insieme ai prof strumenti come Cicero e Oilproject.

Domani salirò in corriera come sempre. Spero però che chiedendo, studiando e proponendo, un giorno di questi mi accorga di vivere davvero una scuola nuova, una iSchool. E magari di non avere più mal di schiena.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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