Oggi più che mai una delle risposte al desiderio di una mobilità sostenibile e alla crisi sta nella due ruote.
I benefici dello sviluppo di una rete ciclabile sono molteplici: la Bicycle Account pubblicata dalla città di Copenhagen ha individuato come ogni chilometro pedalato generi un beneficio di 16 centesimi di euro per la società, mentre a ogni chilometro percorso in automobile corrisponde un danno pari a dieci centesimi; per l’Istat passare dall’auto alla bicicletta per recarsi al lavoro significa risparmiare dal 16 al 20% del proprio stipendio; l’Italia, secondo Legambiente, è il secondo produttore europeo di biciclette e il primo nella fabbricazione di componenti ma allo stesso tempo si colloca tra i Paesi con la domanda interna più bassa superata nettamente da Germania, Regno Unito e Francia, distaccando di sole 600 mila unità i Paesi Bassi.
Stimolando la domanda interna e favorendo una transizione verso la mobilità ciclabile è possibile assumere che le ricadute sul settore manifatturiero italiano potrebbero avere un importante ritorno in termini di crescita e occupazione.
La cultura della bici corre sempre più nei progetti delle amministrazioni, ma soprattutto nella Rete e nella “testa” delle persone che hanno trasformato la bici come un’“arma” per conquistare lo spazio.
LA BICI COME MODELLO DI VITA
E’ il caso del Critical Mass, il raduno di biciclette che invade le strade usate dalle automobili bloccando il traffico: un fenomeno nato nel 1992 a San Francisco ma arrivato anche in Italia negli anni Duemila.
Gli appuntamenti “non convenzionali” nascono sempre grazie alla Rete che è stata uno strumento indispensabile.
I primi critical mass a Roma e a Milano, avevano raggiunto solo qualche centinaio di persone ma ben presto il fenomeno della due ruote ha preso piede anche a Torino, Bologna, Brescia, Cagliari e Pescara.
Oggi coinvolge migliaia di ciclisti.
La cultura diffusa e orizzontale della bici è diventata contagiosa e si è trasformata in un atto politico: in Europa sono nati i movimenti car free, una rete informale di individui ed organizzazioni accomunati dalla convinzione che le città sono fin troppo dominate dalle auto. L’obiettivo del movimento è quello di creare luoghi dove l’uso delle automobili è ridotto o del tutto eliminato. E’ il caso del quartiere Vauban, a Friburgo, la zona car free più grande d’Europa.
Oggi la bicicletta è tornata a far parte della vita delle persone al punto da creare economia creativa.
A Londra, come scrive il “Financial Times”, l’ultimo trend dei caffè londinesi è il Cycling Cafè, un posto dove il visitatore non ha soltanto la possibilità di prendere il caffè ma anche di usufruire di tutta una serie di servizi riservati alla propria bicicletta.
Sotto il Big Ben ormai se ne contano molti di questi luoghi che hanno creato economia grazie alla due ruote.
Anche in Italia la cultura della bici ha fatto parecchia strada: secondo, i dati Istat, i chilometri di piste ciclabili per 100 chilometri quadrati di superfice comunale nel 2008 erano mediamente 12,93 mentre nel 2012 erano 17,40 con un aumento del 34,5%.Per una volta non siamo il fanalino di coda della classifica in Europa: nel nostro Paese ci sono ben 20 città che vantano performance di ciclabilità di livello europeo. In quattro comuni capoluogo, infatti, almeno un quarto della popolazione si sposta a pedali; in altre cinque il 20% degli spostamenti è soddisfatto dalle bici e in 11 la percentuale di ciclisti è comunque superiore alla soglia del 10%.
Basta prendere in mano la bicicletta e provare ad attraversare le nostre città per capire di cosa stiamo parlando: guardando il dossier “Modal share BICI città Ue” che misura la percentuale di spostamenti effettuati in bici sul totale degli spostamenti urbani, l’Italia si classifica decima grazie alle città di Bolzano e Pesaro. “Bicitalia” ha mappato 18 mila chilometri di strade ciclabili.
IL MERCATO DELLE DUE RUOTE VALE 200 MILIARDI
La bici può essere una svolta per l’Italia. Basta pensare che secondo i dati dell’Ue l’utilizzo della bicicletta in Europa stimabile nel 7,2% di percentuale di utilizzo rispetto agli altri mezzi genera ogni anno un giro d’affari di 200 miliardi di euro, una cifra pari al Pil della Danimarca.
Ciò che manca in Italia è forse un piano nazionale per le biciclette come quello che c’è in Germania dove è stata istituita una piattaforma digitale accessibile al largo pubblico chiamata “Dialogo per il piano nazionale della bicicletta”.
LA MAPPA ITALIANA DELLE PISTE CICLABILI
In Italia il pianeta Web sta facendo da apripista al mondo della due ruote: la Fiab, Federazione italiana amici della bicicletta ha creato la rete ciclabile nazionale disponibile sul sito Bicitalia.org. L’iniziativa nata con il Ministero dell’Ambiente propone un’accurata mappatura di 10 mila chilometri di strade ciclabili (sui 18 totali), oltre ad offrire un’ampia varietà di spunti per escursioni giornaliere, gite nel week end e veri e propri viaggi a pedali.
Con Bicitalia.org è nato anche Albergabici che ha l’obbiettivo di segnalare le strutture idonee ai ciclisti, con lo scopo di mettere in rete utili informazioni, altrimenti difficilmente reperibili, per chi viaggia in bicicletta o semplicemente intende effettuare alcune escursioni nei dintorni del suo luogo di vacanza.
VENTO: LA PISTA CICLABILE CHE COLLEGA VENEZIA E TORINO
Ma a guardare oltre, a pensare al futuro è il Politecnico di Milano con il progetto Vento. Paolo Pileri, Alessandro Giacomei, Diana Giudici e Martina Ferro si sono messi in testa di realizzare una ciclabile lungo il fiume Po’ che colleghi Venezia a Torino: 679 chilometri che porteranno 100 milioni di euro di indotto annuo e 2000 posti di lavoro.
Il progetto c’è già: Pileri e il suo team hanno in questi anni creato attraverso la Rete e dei bicitour una cultura diffusa sul territorio coinvolgendo oltre 200 istituzioni ed associazioni. Ora sono pronti all’ultima tappa della loro pedalata verso la realizzazione del progetto.
Dal web potrebbero ben presto passare alla realtà, coniugando la Rete alla due ruote.
“In Europa – spiega Pileri – un chilometro di ciclabile turistica infrastutturata produce un indotto che va dai 100 ai 300 mila euro all’anno. Vento potrebbe creare lavoro e far ridare respiro a zone lungo il “Grande fiume” destinate a morire con il passare del tempo”.
ALEX CORLAZZOLI24 giugno 2015