Negli USA 24 ore di protesta per la Net Neutrality (e tocca anche noi)

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Oltre 300mila telefonate e 2milioni di email arrivate ai deputati Usa in 24 ore: questi i primi dati della Internet Slowdown, giornata di mobilitazione a tutela della Net Neutrality. A cui vanno aggiunti più di 722mila commenti inseriti dagli utenti sul sito della Federal Communications Commission (FCC), per un totale superiore ai 4,7 milioni a partire dallo scorso marzo. Cifra destinata a lievitare ulteriormente prima della chiusura dell’input pubblico, lunedì 15, sulla proposta dell’agenzia di modificare le attuali norme in modo tale che AT&T, Comcast, Verizon e altri mega-provider siano liberi di creare una «corsia preferenziale online» per quei siti disposti a sborsare dei bei dollaroni – anziché rientrare nella più consona categoria dei common carrier, come leaziende telefoniche, ai quali è esplicitamente vietata ogni discriminazione sul traffico gestito.

Fervente anche l’attivismo su Twitter, dove non mancano le segnalazioni dei deputati subissati di telefonate ed email dai propri elettori. Netta l’opposizione anche della capo-gruppo democratica alla Camera, Nancy Pelosi, che in una lettera diretta al direttore della FCC sostiene fra l’altro: «Mi oppongo alle corsie veloci speciali per Internet, dedicate solo a quelle aziende abbastanza grandi da poter sganciare parecchi soldi oppure piuttosto malridotte da svendere buona parte dell’azienda stessa». La posta in gioco è insomma di alto livello, dagli interessi economici a quelli politici e fino all’eventuale controllo imprenditoriale o statale su un commons primario, come è ormai Internet per tutti i cittadini del pianeta.

Il tutto a conferma dell’impegno dei netizen americani quando si tratta di affermare una Rete che «non discrimina in base ai contenuti», ribadendone il valore di bene comune intoccabile.

Posizione che stavolta ha trovato ampia risonanza su media di ogni tendenza e ha coinvolto direttamente fino a 40.806 siti web, inclusi nomi tipo Netflix, Vimeo, Tumblr, Kickstarter, Mozilla, i quali hanno sfoggiato la «spinning wheel of death», nei vari formati predisposti su battleforthenet.com [http://battleforthenet.com], la classica ruota che girava indefinitamente a mimare l’impossibilità di caricare la pagina – manovra che potrebbe scattare davvero nel caso dovessero passare le nuove norme della FCC.

Fra gli interventi mirati a chiarire la questione (spesso difficile da afferrare per l’utente medio), un articolo su The Daily Dot illustra le dinamiche di lobbying attive da anni al Congresso per demolire la Net Neutrality. Se ne deduce, per esempio, che (in base a dati raccolti dalla SunLight Foundation) solo nel 2012 i maggiori provider e l’Associazione nazionale del via cavo hanno speso circa 67 milioni di dollari in simili attività, contro i 18 milioni di Google, che ovviamente sostiene la Neutralità della Rete.

Va anche notato che Tom Wheeler, responsabile della FCC nominato da Obama, in precedenza è stato uno dei maggiori lobbysti al Congresso per conto dell’industria delle comunicazione e prima del settore wireless.

Punto importante è che la questione non riguarda soltanto gli Stati Uniti, bensì è un problema globale – come spiega a Democracy Now Tim Karr, direttore di Free Press, altro gruppo impegnato da tempo su questo fronte: «La posizione USA è assai importante perché le policy statunitensi influenzano non poco le decisioni del resto del mondo, pur se è vero che alcuni Paesi, tra cui Brasile e Cile, hanno impostato i primi passi per affermare la Net Neutrality. Inoltre, gran parte del web parte o passa per i router posizionati in Usa, e quindi potenzialmente quelle norme potrebbero rallentare l’accesso a Internet in gran parte del pianeta».

Non a caso da qualche tempo la battaglia per l’Open Internet ha trovato impeto in parecchie nazioni [https://bigtelecomvstheworld.org/?src=twa], dalla coalizione europea Save the Internet al Net Neutrality Conservatory Group del Camerun fino ai gruppi attivi in Messico, Germania, Brasile, con oltre 5 milioni di persone che finora hanno firmato degli appelli nazionali.

Infine, la Electronic Frontier Foundation incita a non mollare, ricordando che «tutelare la Net Neutrality è un problema arduo, senza facili soluzioni. Servono iniziative differenziate e vigilanza continua». Non a caso questa dell’Internet Slowdown è solo l’ultima uscita condivisa, preceduta da altri blackout online, continui dibattiti e interventi sui media, richieste di incontri pubblici con Wheeler, petizioni e altre iniziative sparse. Una pressione diffusa che si spera possa bissare il successo dell’affossamento del SOPA (Stop Online Piracy Act) a inizio 2012 – spingendo cioè la FCC a tornare sui suoi passi: la decisione finale è prevista per fine anno, massimo a inizio 2015.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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Scritto da chef

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