Tutti vogliono più turismo in Italia. Ecco perché abbiamo:
- il portale Italia.it, che potrebbe chiudere da un momento all’altro e che è costato complessivamente circa 60 milioni di euro (sì, un sito da 60 milioni…)
- l’Enit, l’agenzia nazionale per il turismo, nata per decreto nel 2005 e ora commissariata grazie a un altro decreto
- Explora, società appositamente costituita per “dare propulsione – così recita il sito di Regione Lombardia – al settore del turismo in vista di Expo”, che non si capisce bene cosa di diverso dovrebbe fare rispetto a Enit
- Promuovi Italia, ente di formazione e promozione turistica di Enit, ora in liquidazione
- le tante agenzie regionali per il turismo e svariate altre società che nascono e muoiono e che teoricamente dovrebbero gestire altri pezzi di turismo…
A questo aggiungete i dati negativi sulle presenze negli hotel durante la scorsa estate, Federalberghi che chiede al Governo di intervenire, gli operatori del settore che registrano cali delle presenze e della spesa, sindaci originali come quello di Forte dei Marmi che dopo due mesi di maltempo chiedono di tenere chiuse le scuole per far andare la gente al mare.
Questa è la fotografia, drammatica, dell’Italia del turismo. Che non ha ancora capito che questo settore è sì un asset del nostro Paese su cui sviluppare economia e crescita, ma che se continuiamo a gestirlo come fatto in passato, in maniera miope, clientelare o nel migliore dei casi autoreferenziale, non potrà che continuare a peggiorare. Se infatti anni fa ci bastavano storia, monumenti, arte, enogastronomia e bellezze naturali, oggi questo è insufficiente. I turisti vogliono servizi e qualità. E noi al momento non sappiamo darglieli, inutile girarci attorno. Questo non significa, però, che non ci sia la possibilità di far crescere un’industria che oggi nel complesso vale 159,6 miliardi di euro, il 10,3% del PIL e che dà lavoro a 2,6 milioni di persone (dati World Travel and Tourism Council, 2013).
Ciò su cui dobbiamo puntare per recuperare nei confronti dei Paesi concorrenti e far crescere il numero di turisti in Italia, stranieri e italiani, è puntare sulle 3 d: digitale, design, diversificazione.
D come Digitale
Se le applicazioni di prenotazione degli hotel hanno facilitato sia il contatto diretto tra struttura e cliente sia la conoscenza da parte di altri turisti di quella stessa struttura, grazie al meccanismo delle recensioni, non si può pensare che il digitale sia solo questo. Il web prima e soprattutto le app oggi offrono infinite possibilità di personalizzazione dell’esperienza turistica, con lo scopo di renderla unica – cioè cucita a misura dell’utente – e remunerativa per chi la offre. Con una nota: il digitale permette di unire operatori diversi, dall’albergatore al servizio taxi alla guida, in modo semplice, rapido e pratico, con vantaggi sia per il turista sia per gli operatori stessi.
Ecco perché chi opera in settori attigui o nella stessa area geografica deve fare gruppo, con la volontà di sviluppare servizi più completi e migliori per i clienti, puntando su facilità, immediatezza, varietà ed touristic experience.
D come Design
Design come metodologia che mette l’utente al centro della progettazione, facendo sì che ciò che viene “disegnato” corrisponda alle reali esigenze di chi poi quel prodotto o servizio lo utilizzerà per davvero. Chi fa turismo dovrebbe imparare le basi del design thinking, affinché i servizi che progetta siano centrati sui turisti: parlo delle cose più semplici, come le indicazioni per raggiungere un monumento – quasi mai comprensibili per chi non conosce già la strada – o la spiegazione multilingua del monumento stesso, fino alla vendita di souvenir. Immaginate di essere il turista, di non sapere dove siete e di non conoscere attrazioni, curiosità, percorsi… nulla. E iniziate a progettare partendo da qui, dal vestire i panni di chi si troverà poi a dover godere di quei servizi e prodotti: se tutto risulterà facile, l’esperienza conquisterà il turista che farà recensioni e racconti positivi. C’è un libro interessante che spiega la metodologia del Service Design, il cui booktrailer è particolarmente esemplificativo e spiega come il design possa contribuire al miglior funzionamento di un’attività. Anche turistica.
D come Diversificazione
L’Enit era nato con lo scopo di promuovere l’immagine unitaria dell’offerta turistica nazionale. Ma quale immagine unitaria, il turismo deve iniziare a parlare al plurale: i turismi. Perché diversificare significa attrarre diverse tipologie di turisti in diverse stagioni, offrendo prodotti, servizi e pacchetti tarati sulle esigenze particolari di ogni gruppo. Esistono i gay (e tanto si è fatto in Italia, in questi anni, per distruggere il turismo omosessuale – uno dei più ricchi – laddove nasceva spontaneamente grazie a iniziative imprenditoriali), gli anziani, quelli che cercano le sagre, gli amanti della campagna, i giovani, quelli che preferiscono il turismo storico, enogastronomico, termale, letterario, musicale, medico, balneare.
Ecco perché un’offerta mirata, mai generalizzata, attenta a tipologie e stagioni, con operazioni precise per far crescere le presenze nei momenti di vuoto può fare davvero bene al turismo. Anzi ai turismi. Anzi, all’Italia.
Milano, martedì 07 ottobre