Dopo una settimana di battaglie perse coi tassisti, e di stress da traffico diagnosticato al pari di una insofferenza all’uso dell’aria condizionata che raffredda Rio, siamo tornati alle radici delle Olimpiadi capendone meglio le origini. Non è, non ancora, le lezione che portiamo a casa dai Giochi di Rio, che forse nemmeno meriteranno la promozione alla fine, ma una riflessione, e ogni riferimento a Roma, e alla candidatura per il 2024, è voluto, presentata per conto dello sport. In questi giorni di tante ma non troppe gare è difficile continuare il discorso unanime della vigilia di atleti, tecnici, dirigenti. Lo sconcerto per la bocciatura a priori di questo mondo che invece è ricco di valori, non è diverso dalla fotografia che ci hanno mostrato i giornali in questi giorni: gli italiani di oggi sono più poveri dei loro genitori.
Una generazione che ha vissuto il dramma della guerra ma anche la dolce vita della ripartenza, una generazione che ha avuto il suo palcoscenico olimpico a Roma 1960.
Per quanto ancora dovremo noi dello sport pagare dazio per questo errore che abbiamo cominciato a correggere, che stiamo correggendo?
Qui a Rio ci sono ragazzi che non erano nemmeno nati ai tempi di Italia 90, dunque non capiscono perché devono pagare loro certi conti, non solo economici. Figurarsi se lo potranno capire i giovani che saranno in età olimpica per Roma 2024. Vero, lo sport si è raccontato male in questi anni, ha detto di sé di essere un risultato, in questo modo impedendo il riconoscimento di altri e più importanti valori; ha detto di essere impianti da costruire perché fossero poi gestiti in modo dilettantistico; ha detto di essere l’esaltazione del momento negandosi il ruolo che la candidatura olimpica, specie in un momento difficile come quello che stiamo attraversando, gli assegna, ovvero di essere un insieme di persone, e persino di aziende, che può indicare la rotta al Paese.
Ma per quanto ancora dovremo noi dello sport pagare dazio per questo errore che abbiamo cominciato a correggere, che stiamo correggendo? Per quanto ancora lo sport dovrà pagare conti non solamente suoi, senza essere riconosciuto come una parte importante della società?
Le Olimpiadi e il barone de Coubertin
Quando nel 1896 nacquero le Olimpiadi furono subito benedette da quello che consideriamo il motto del barone de Coubertin, l’interpretazione più fedele dello sport: l’importante è partecipare. Il fatto è che lo stesso motto fotografa il mondo alla fine del diciannovesimo secolo, lontano anni luce dal nostro presente. Oggi si direbbe che l’importante è far partecipare, coinvolgere la gente, proporsi in modo social e sui social. Allora partecipare non era facile, ci fu chi impiegò mesi per arrivare ad Atene e dice la leggenda che ci fu qualche vincitore tornato a casa quando i parenti lo davano ormai per scomparso.
Oggi quale motto potremmo scegliere per i Giochi, anche afflitti dai disagi che abbiamo patito qui, abituati a muoverci per il mondo senza fatica, ascoltati e capiti dappertutto allo stesso modo?
Legare Roma 2024 al tema dei trasporti significherebbe liberare il progetto dall’equivoco che tutti i costi previsti siano imputabili alla parte sportiva
Partendo da quella Atene di 120 anni fa, e ricordando la lezione di Londra che qui proprio non hanno considerato, ovvero che la mobilità, valore sommo del nostro quotidiano, intesa nelle sue mille declinazioni riguardanti ad esempio anche il bisogno di essere sempre connessi, viene prima persino degli impianti sportivi, un bel manifesto potrebbe essere: It’s all about transportation. E’ tutto, oggi, non solo la candidatura di Roma, legato indissolubilmente ai trasporti, compreso in questi giorni il problema dei rifiuti nella capitale. E così legare Roma 2024 al tema dei trasporti significherebbe liberare il progetto dall’equivoco che tutti i costi previsti siano imputabili alla parte sportiva. E’ vero piuttosto che i Giochi sono una straordinaria opportunità, uno stress test direbbero quelli delle banche, per capire il grado di resistenza di una città a un evento, o a un’emergenza, dunque per verifiche e migliorie. Partire dai trasporti potrebbe anche significare dare, in parte, ragione a chi teme la costruzione di altre cattedrali nel deserto, in primis perché un servizio pubblico correttamente predisposto garantirebbe un traffico regolare verso gli impianti e altre strutture, che guadagnerebbero così un ruolo nel tessuto sociale, poi perché risolto il problema mobilità, e certo non come hanno fatto qui, è lecito pensare che resti solo lo stretto necessario per la realizzazione dei Giochi.
Ragionare sui numeri
Certo, si può e si deve ragionare sui numeri. L’impianto sportivo top al momento in Italia è lo Juventus Stadium che ha rinnegato anni di rincora al concetto di capienza realizzando che, nel turismo esperienziale, perché questo è lo sport dei grandi eventi o anche solo di un week end, conta di più la quantità. Inutile inseguire incassi da record oggi non più possibili, e nemmeno risolutivi per il bilancio dello sport, meglio concentrarsi sui tanti ricavi possibili in uno stadio moderno. Quanto ai numeri, e al futuro, da Rio viene pure un suggerimento. Basta visitare la Fivb House, l’ambasciata di rappresentanza della federazione mondiale di pallavolo. E’come un club: sale per vedere tutte le partite in diretta. E anche un teatrino, ovviamente verrebbe da dire, per quello che è lo standard del presente e verosimilmente del futuro, dedicato a proiezioni in VR, Virtual Reality. Il tecnico che ti monta l’oculus non ci mette molto a confessare che “sì, stiamo anche facendo dei ragionamenti su location in cui proporre, a distanza, eventi che si svolgono in altre città”.
Questi sono i primi Giochi di Airbnb e Uber
Di nuovo, it’s all about transportation, anche quando qualcuno progetta di muovere la gente senza spostarla da casa, dunque di nuovo la sfida è immaginare oggi il futuro, non piangere per il presente che stiamo vivendo. Domanda, ad esempio: ha senso progettare investimenti faraonici monodirezionali per Fiumicino quando oggi la destinazione della gente è Ciampino? Ha senso pensare solo alle compagnie di bandiera e non alle low cost? Rio un primato se lo è conquistato, anche involontariamente: questi sono i primi Giochi di Airbnb e Uber, magari non saranno nemmeno gli ultimi. Di sicuro questi servizi stanno cambiando le città. Cosa possiamo aspettarci da Tokyo, prossime Olimpiadi estive nel 2020?
PRENDIAMOCELI, QUEI GIOCHI
Intanto Tokyo si sta presentando qui appunto come global destination, con una grande campagna pubblicitaria che strizza l’occhio a chi in queste due settimane si trova nell’ombelico del mondo. E allora la tentazione, forte, è quella di opporre un ultimo azzardo a chi non capisce e non vuole capire. Invece che mollare i Giochi prendiamoceli, presentiamo al Cio uno sponsor nuovo: l’Italia. Dal 2018, quando i Giochi invernali saranno in Corea, poi nel 2020 per Tokyo, nel 2022 per Pechino (prima città ad aver ospitato sia i Giochi estivi che quelli invernali), invece che guardarci l’ombelico, ripetizione voluta, parliamo al mondo, a quella parte di mondo in particolare che ospiterà i grandi eventi e ai suoi ospiti
It’s all about transportation, è tutta una questione di trasporti. Ma non conta solo la meta, al contrario, come dice sempre Alex Zanardi, la parte più interessante è il percorso e candidarsi come partner del Cio, lo stesso Cio che dobbiamo convincere per avere i Giochi, per promuovere l’Italia non costerebbe più di tante campagne pubblicitarie di cui abbiamo visto i modesti risultati. L’Italia, il sistema Paese, come Coca Cola, Samsung e compagnia bella: chi pensa che lo sport non meriti certe attenzioni, ha un’idea migliore per il 2024?
LUCA CORSOLINI