Olimpiadi 19. Sponsor, impianti, turismo: l’occasione di Roma

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La misura dello sport è il presente. Il passato serve solo per essere superato. Il futuro è lontano: Tamberi qui a Rio non era disperato per il suo futuro, al contrario riprenderà presto a saltare; era depresso perché, causa infortunio, gli mancava il presente da favorito numero uno per la medaglia d’oro. La misura di un evento è invece il futuro, ovvero gli anni da riempire di passi giusti per arrivare al momento decisivo, e pure quella legacy di cui ormai si straparla. Abbiamo capito tutti che è l’eredità che l’evento stesso lascia, ma nessuno sa come calcolarla, dunque resta una materia indecifrabile.

Il presente

Lasciamo Rio dove l’argomento Roma 2024 è stato solo sfiorato, e torniamo in Italia dove invece la questione è all’ordine del giorno, deve esserlo sia per i favorevoli che per i contrari, perché a breve sono richiesti dei passaggi formali da parte del Comune che, è bene precisarlo, non sono la garanzia di vincere a Lima l’anno prossimo con l’assegnazione dei Giochi, ma sono indispensabili per la sopravvivenza della candidatura.

Piccolo ripasso: una candidatura parte per iniziativa di un comitato olimpico nazionale. C’è una scadenza per la presentazione delle domande decisa dal Comitato Olimpico Internazionale, poi le città che si sono iscritte risultano partecipanti alla gara che si chiude sette anni prima dell’evento. A quel punto la città che si aggiudica l’evento diventa città olimpica a tutti gli effetti e non si parla più di candidatura (bid in inglese ). Al momento, Roma è in corsa con Los Angeles, Parigi e Budapest.

In questi giorni abbiamo riscritto in tanti modi il motto del barone de Coubertin “L’importante è partecipare”: per il marketing l’importante è infatti far partecipare, e il significato originale della frase dovrebbe essere aggiornato per diventare oggi, nell’era dell’accesso e delle connessioni 24h, “It’s all about transportation”, i Giochi stanno in piedi se funziona il sistema dei trasporti.

Non ci sono dubbi però sull’interpretazione anche politica di De Coubertin: la partecipazione è la più alta forma di comunicazione. E non venendo a Rio, la Raggi non solo non ha partecipato, ma ha mancato di rispetto ai suoi colleghi delle altre città, se non altro venuti per imparare. Attenzione perà, il Cio non ha espresso giudizi. Come nel caso dell’egiziano che non ha salutato l’avversario israeliano, non è stato censurato il comportamento sociale, ma è stato squalificato quello sportivo: per regolamento bisogna fare un inchino a quello sportivo.

Cosa avrebbe imparato Roma

Cosa avrebbe imparato a Rio la Raggi, cosa non si è ancora capito dei Giochi per come stanno cambiando per gli effetti di quella Agenda 2020 che è il documento del Cio per ritrovare la sostenibilità delle Olimpiadi dopo che a Pechino prima e soprattutto a Sochi poi i costi sono volati alle stelle? Prima risposta.

Per le nuove regole, il Cio rende pubblico il contratto che firma con la società che si aggiudica i Giochi il giorno stesso della votazione. Operazione di trasparenza assoluta: si chiede questo, si rinuncia a questo, si garantisce questo contributo. Insomma, tutto il contrario dei pastrocchi che si vogliono combattere.

Un pos per ogni esercizio in città quanto porterebbe di ricavi aggiuntivi per l’economia della città e, in sostanza, della nazione?

Seconda risposta: il tempo. I Giochi non sono un evento autoportante, non ci sono Olimpiadi di qualificazione, ma solo 16 giorni di gare che sono anticipati da Mondiali, campionati continentale e anche, infine, test event per almeno un anno nella città designata. Ma i sette anni che nel caso specifico cominceranno a Lima l’anno prossimo sono pieni di tanto altro: lavori, rapporti con sponsor che sono multinazionali di ogni tipo. Chiedere a Torino per credere cosa ha lasciato la Ge, però avendo detto che parliamo di futuro è meglio immaginare cosa si possa fare con Visa. Una straordinaria opera di alfabetizzazione fiscale: un pos per ogni esercizio in città quanto porterebbe di ricavi aggiuntivi per l’economia della città e, in sostanza, della nazione?

Terza risposta: gli impianti. A Rio ce n’era uno solo che faceva piangere il cuore, e il portafoglio, perché non si capiva e non si capisce come potrà restare in vita (mentre si conosce già l’utilizzo degli altri impianti costruiti specificatamente per i Giochi). Lo sport è come il mondo: cambia. Anni fa da noi nei velodromi si correvano le Sei Giorni, poi quel tipo di evento è stato dimenticato. Ma non ci sono dubbi sul fatto che oggi la bici si sta costruendo un nuovo futuro. Avere l’Agenda 2020 dalla parte del manico, vuol dire ragionare con più libertà sugli impianti che non si riescono a capire. Il che potrebbe voler dire in questo caso anche coinvolgere da subito, nella costruzione prima e nella gestione poi, tutto quel florido made in Italy che ruota intorno al settore delle due ruote (nemmeno più è necessario dire a pedali, perché l’elettricità è arrivata pure qui ). Basti dire che Elia Viviani ha vinto la sua medaglia in pista a bordo di una Pinarello che è persino offensivo definire una bicicletta trattandosi di un gioiello high tech.

Quarta risposta, e il tema è evidentemente quello più caldo: il villaggio olimpico. Il Cio ha le sue regole e le sue richieste. In certe città un quartiere nuovo di zecca è una gran comodità, in altre città no. Qui il suggerimento di Rio era nascosto nelle righe dei comunicati: tra i fornitori ufficiali del comitato organizzatore c’era Airbnb, a dire che non possiamo basarci solo sugli interlocutori tradizionali. Per il villaggio e, si intende, per altri temi.

Rio nel turismo si è dimostrata avanti a noi con il wifi ai piedi del Cristo Redentore sul Corcovado, che fa diventare i selfie dei turisti la miglior campagna pubblicitaria

Quinta risposta: il turismo. Si dice che Roma non ha bisogno di spinte, ed è un errore. Lo sa bene il nuovo direttore dell’Enit, Gianni Bastianelli, ben consapevole delle potenzialità del turismo sportivo che, essendo esperienziale, e non familiare, come ad esempio quello religioso, spende molto più allegramente. Rio in questo settore si è dimostrata avanti a noi con il wifi ai piedi del Cristo Redentore sul Corcovado che fa diventare i selfie dei turisti la miglior campagna pubblicitaria, ma anche con i pannelli solari installati, e con largo anticipo, e lasciati permanentemente, dalla Panasonic sulla stazione intermedia della salita al Pan di Zucchero che diventerà un centro convegni.

Sesta risposta: i rifiuti. Tema delicato, ma ci soccorre il tempo, i sette anni che avrebbe Roma vincesse a Lima. Lo sport è una rete ben declinata sul territorio. Quello che non è riuscito nel dialogo con le famiglie per la raccolta differenziata, può riuscire con le società sportive. Oggi una divisa Nike come quella del Brasile di Neymar che ha vinto l’oro nel calcio, ma pure gli altri sponsor tecnici si stanno attrezzando, è realizzata riciclando 18 bottiglie di plastica. Al Parco Olimpico di Rio c’era il team di riciclatori della Coca Cola che recuperava le lattine. Non c’è una opportunità migliore di questa per educare la popolazione.

L’esempio

Settima risposta: l’esempio. Il futuro uno ce l’ha dentro, oppure deve cercare una ispirazione. Roma fa venire in mente alleanze con la Fao, essendo lo sport ormai un alimento del pianeta, e con il mondo del food; con le università italiane e straniere, per continui hackathon che mettano a fuoco le possibilità che ci sono in vari settori (ad esempio, ci sono campi sportivi che producono energie solo grazie al calpestio: provate a immaginare le Olimpiadi come una grande centrale produttrice di energia pulita). Poi non è difficile ascoltare il parere di chi ha affrontato l’impresa prima di noi. Oggi il sindaco di Rio sembra felice. Ancora dobbiamo capire, lui e tutti, se queste due settimane in cui tutti hanno vissuto con la maglia della nazionale addosso, e senza che lo chiedesse il Conte di turno, hanno ricompattato la città e il Paese, se gli hanno dato una ricarica. Però, dice lui, adesso ci sono il porto nuovo e un clima diverso. Certo, non tutti hanno la fortuna di trovarsi un testimonial involontario come Lochte, il nuotatore Usa che si è inventato una aggressione e che ha dovuto chiedere scusa per la bugia, di fatto certificando la sicurezza a Rio: non per n iente, l’87% degli stranieri interpellati in questi giorni dal ministero del turismo dice che vorrebbe tornare. E quando tornerà troverà forse pronta la metro mancata per questi Giochi e che comunque collegherà Ipanema con Barra che per dimensioni è già una città. E ancora, parlando di esempio, c’è da considerare che Rio ha solo un’ora di differenza con New York e che per quell’ora ha dovuto cambiare gli orari di tante gare, nuoto in primis. Roma ha sei ore di differernza con New York: non era verosimile nel 1960, potrebbe esserlo nel 2024 avere gare in seminotturna. Sarebbe l’occasione per varare a Roma come in altre grandi città il sindaco della notte.

REFERENDUM, MA PER LO SLOGAN

In fin dei conti, l’unico settore in cui Roma2024 merita veramente una correzione è quello dello slogan: definirsi trained for the future, allenati per il futuro, quando una delle concorrenti è Los Angeles, significa volersi staccare un po’ troppo dal presente. Ecco, se proprio si dovesse fare un referendum, sarebbe benvenuto per decidere la formula magica con cui definire Roma. Non quella di oggi, non quella di ieri: quella di domani.

LUCA CORSOLINI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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